giovedì 23 agosto 2012

in conseguenza della sentenza della Corte di Giustizia U.E., sez. III, 30 settembre 2010, causa C-314/09, opera la regola della responsabilità oggettiva della P.A.

tratto dalla sentenza numero 778 del 21 agosto 2012 pronunciata dal Tar Sardegna, Cagliari


Occorre, in primo luogo, verificare la sussistenza dei presupposti che integrano la responsabilità dell’amministrazione per lesione di interessi legittimi, da ricondurre, secondo giurisprudenza consolidata, all’art. 2043 del codice civile.
7.2. - Il primo elemento, della illegittimità provvedimentale ovvero della illegittimità dell’azione amministrativa, risulta, nel caso di specie, definitivamente accertato con il passaggio in giudicato della sentenza del Consiglio di Stato, Ad. Plen., 28 luglio 2011, n. 13, alle cui motivazioni, pertanto, non si può che rinviare (anche ai sensi dell’art. 74 del codice processo amministrativo).
7.3. – In merito al requisito soggettivo della colpa, non possono essere condivise le argomentazioni avanzate dalla difesa del Comune di Sassari, volte a dimostrare la sussistenza, nel caso di specie, di cause di esclusione della colpa dell’amministrazione comunale.


In primo luogo, deve essere rammentato che anche all’epoca della pubblicazione del bando di gara (contenente la prescrizione dello svolgimento in seduta riservata dell’apertura delle buste con le offerte tecniche) era presente in giurisprudenza un consistente orientamento contrario (e di ciò si trova preciso richiamo nella sentenza dell’Ad. plen. n. 13/2011, in particolare al punto 5 della parte in diritto).
In secondo luogo, la procedura di gara di cui trattasi aveva per oggetto l’affidamento di un contratto il cui importo stimato era superiore alla soglia di rilevanza comunitaria (o europea), ambito nel quale, in conseguenza della sentenza della Corte di Giustizia U.E., sez. III, 30 settembre 2010, causa C-314/09, opera la regola della responsabilità oggettiva della P.A. . La Corte ha infatti ritenuto che gli Stati membri non possono subordinare la concessione di un risarcimento al riconoscimento del carattere colpevole della violazione della normativa sugli appalti pubblici commessa dall'amministrazione aggiudicatrice, rilevando in particolare come "il tenore letterale degli art. 1 n. 1, e 2 n. 1, 5 e 6, nonché del sesto "considerando" della direttiva 89/665 non indica in alcun modo che la violazione delle norme sugli appalti pubblici atta a far sorgere un diritto al risarcimento a favore del soggetto leso debba presentare caratteristiche particolari, quale quella di essere connessa ad una colpa, comprovata o presunta, dell'amministrazione aggiudicatrice, oppure quella di non ricadere sotto alcuna causa di esonero di responsabilità". Secondo i giudici della Corte UE (cfr. punto 39) «il rimedio risarcitorio previsto dall'art. 2, n. 1, lett. c), della direttiva 89/665 può costituire, se del caso, un'alternativa procedurale compatibile con il principio di effettività, sotteso all'obiettivo di efficacia dei ricorsi perseguito nella citata direttiva (…)soltanto a condizione che la possibilità di riconoscere un risarcimento in caso di violazione delle norme sugli appalti pubblici non sia subordinata - così come non lo sono gli altri mezzi di ricorso previsti dal citato art. 2, n. 1 - alla constatazione dell'esistenza di un comportamento colpevole tenuto dall'amministrazione aggiudicatrice».
Secondo la Corte di Giustizia, la tutela per equivalente (risarcimento del danno), rappresenta una mera alternativa alla tutela in forma specifica; e poiché questa non è condizionata all’accertamento di alcun coefficiente soggettivo, ne deriva che anche il risarcimento per equivalente non può essere subordinato all’accertamento della colpa dell’amministrazione aggiudicatrice.
Si deve specificare, inoltre, che la soluzione affermata nella più recente giurisprudenza europea si estende a tutte le figure che compongono la tutela risarcitoria (in forma specifica o per equivalente), nelle controversie che hanno per oggetto le procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici. Non solo, quindi, nelle ipotesi di lesione del diritto all’aggiudicazione del contratto ma anche nei casi, come nella fattispecie di cui al ricorso in esame, di lesione dell’interesse a partecipare ad una procedura di gara legittimamente svolta (interesse che trova la sua tutela sotto i due profili dell’annullamento degli atti della procedura e dell’obbligo di rinnovare la procedura di gara: si veda quanto prevede l’art. 122 del codice del processo amministrativo).
8.1. – Va riconosciuto, conseguentemente, il danno da perdita di chance, ovvero il danno subito dall’impresa a cui è stata illegittimamente sottratta la possibilità di partecipare ad una legittima procedura selettiva e, conseguentemente, di poter essere dichiarata aggiudicataria.
8.2. - Nel caso di specie, come accennato, il ristoro della chance può avvenire solo per equivalente, considerato che la tutela in forma specifica (vale a dire mediante il rinnovo integrale della procedura di gara annullata, alla quale la ricorrente avrebbe potuto nuovamente partecipare), risulta preclusa dalla circostanza che l’esecuzione dei lavori si è protratta (come risulta anche dalla documentazione depositata dall’amministrazione comunale intimata: doc. n. 4 della produzione documentale del 26 aprile 2012) fino alla realizzazione di quasi i 2/3 dell’appalto.
8.3. - Si deve, conseguentemente, esaminare la questione della quantificazione del danno subito, da determinarsi - in termini percentuali - sull’utile in astratto conseguibile in ipotesi di aggiudicazione della gara, ove questa fosse stata rinnovata.
La giurisprudenza nettamente prevalente, in queste ipotesi determina tale parametro commisurandolo al 10% dell’importo posto a base di gara, diminuito del ribasso offerto, utilizzando in via equitativa il criterio stabilito attualmente dall’art. 158 del Codice dei contratti pubblici, di cui d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163.
Peraltro, poiché si opera sul piano di una valutazione eminentemente equitativa del danno, e poiché la ricorrente non dimostra di non aver potuto utilizzare mezzi e maestranze nell’esecuzione di altri contratti (Cons. Stato, V, 24 ottobre 2002, n. 5860; VI, 9 novembre 2006, n. 6607), il Collegio ritiene congruo determinare tale percentuale nel 5 %.
Si può, inoltre, considerare come importo di aggiudicazione (parametro per il calcolo del danno da perdita di chance) quello risultante dal contratto stipulato tra il Comune di Sassari e l’A.T.I. Riccoboni.
8.4. – Infine, va precisato che, quando il ricorrente allega solo la perdita di una chance a sostegno della pretesa risarcitoria, la somma commisurata al (presumibile) utile d’impresa deve essere proporzionalmente ridotta in ragione delle concrete possibilità di vittoria (Cons. Stato, VI, 8 maggio 2002, n. 2485). Si può ipotizzare che (alla luce della specializzazione dei lavori oggetto dell’appalto), anche nell’ipotesi di una nuova procedura ad evidenza pubblica, correttamente indetta dall’amministrazione comunale, avrebbero partecipato le medesime quattro imprese che avevano concorso nella procedura annullata. Pertanto, la perdita della chance può essere quantificata in un quarto dell’utile di impresa, presumendo le stesse possibilità di aggiudicarsi la gara per ogni concorrente. Vale a dire in una percentuale pari allo 1,25 % dell’importo oggetto di affidamento.
8.5. - Detta percentuale deve essere così applicata alla fattispecie in esame:
- l’importo complessivo del contratto risulta pari a euro 9.022.471,68;
- l’utile ipotizzabile corrisponde ad euro 451.123,58=, il cui 1,25% è pari ad euro 5.639,04.
A tale somma, riguardante il risarcimento di un danno da responsabilità extracontrattuale e, pertanto, costituente debito di valore (Cons. Stato, sez. V, 8.07.02, n. 3796 e sez. IV, 15.2.05, n. 478), deve riconoscersi la rivalutazione monetaria, secondo gli indici Istat, da computarsi dalla data del verificarsi dell’illecito (TAR Lombardia, Brescia, 23.06.2000, n. 557), vale a dire dalla data della illegittima aggiudicazione, fino alla data di deposito della presente sentenza; data in cui, per effetto della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta. Sulle somme, progressivamente rivalutate, sono altresì dovuti gli interessi nella misura legale, secondo il tasso annuale vigente a partire dall’epoca della verificazione dell’illecito e fino a quello di deposito della presente sentenza; ciò in funzione compensativa della mancata tempestiva disponibilità della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno (Cons. Stato, sez. IV, 15.02.05, n. 478). Su tutte le somme sono dovuti, infine, gli interessi legali, dalla data di deposito della presente sentenza fino all’effettivo soddisfo.
9. - Con riferimento al profilo del danno curriculare, esso deve ritenersi non sussistente (sul punto, recentemente, si veda T.A.R. Sardegna, sez. I, 17 giugno 2011, n. 609 ed ivi ulteriore giurisprudenza conforme, alla quale si rinvia anche ai sensi dell’art. 74 del c.p.a.). Pertanto, la domanda di risarcimento del danno curriculare deve essere rigettata.
10. – Sempre sul piano della quantificazione del danno, non possono invece attribuirsi le spese sostenute per la partecipazione alla gara. Lo svolgimento di una procedura di gara (anche solamente virtuale, come si è visto), e quindi le spese per la partecipazione ad essa, rappresentano il logico presupposto, nelle controversie del tipo di quella in esame, della figura del danno da perdita di chance. Ne consegue che, nel caso in cui si riconosca il danno da perdita di chance, appare del tutto evidente che le spese di partecipazione alla gara debbano essere necessariamente e logicamente sopportate dal concorrente che ottenga detto risarcimento.

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