Il Collegio ritiene, tuttavia, che l’interpretazione delle norme non possa andare a discapito dell’altro fondamentale principio della par condicio o della certezza dell’agire della pubblica amministrazione
Nel caso di specie, non par dubbio al Collegio che la ricorrente abbia violato frontalmente le norme regolatrici dell’appalto laddove ha omesso di adempiere ad una tassativa prescrizione di legge prevista dal codice degli appalti, ed insieme a questa i cennati principi informatori della procedura di gara.
La ditta è stata esclusa dalla gara per non avere dichiarato l’esistenza del decreto penale di condanna a carico del proprio rappresentante legale.
Si è trattato, pertanto, di una esclusione dettata, non già dalla (immotivata) gravità del reato commesso bensì, da una precisa omissione che ha palesemente violato una regola scolpita nell’art. 38, c. 2^ del D.Lvo n. 163/2006.
La sanzione è stata consequenziale alla violazione della prescrizione prevista dal codice (art. 46).
Ed invero, la candidata era tenuta ad indicare, in forza di norma etero integrativa della lex specialis, senza alcuna previa valutazione rimessa alla propria autonomia negoziale, tutte le condanne penali riportate, ivi inclusi, pertanto, i decreti penali di condanna.
La tassatività della dichiarazione trova la sua ratio proprio nei limiti normativi che il Legislatore del D.L. n. 70/2011, convertito in legge n. 106/2011, ha voluto imporre, in parte qua, alla discrezionalità dell’amministrazione.
E’ evidente che il principio di par condicio competitorum e di certezza dei rapporti giuridici ne ha imposto il suo rispetto anche ai concorrenti.
Una volta accertata la violazione, consequenziale è stata la decisione di escludere la ricorrente dalla gara ai sensi dell’art. 46 del codice degli appalti.
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