E’ assolutamente troncante l’asserzione, contenuta nel primo motivo di gravame, secondo la quale, anche ad ammettere, per mera ipotesi, l’incongruenza della dichiarazione resa dall’impresa ricorrente, la “sanzione” non può identificarsi con l’esclusione dalla procedura di gara, bensì soltanto la riduzione dell’autorizzazione al subappalto nei limiti ammissibili del 30% dell’importo totale dei lavori ovvero, al limite, l’esclusione dell’autorizzazione al subappalto.
La giurisprudenza è assolutamente consolidata nel ritenere, con riferimento alla normativa epigrafata nel primo motivo di ricorso, di specificare i subappaltatori e i relativi requisiti di partecipazione al momento del deposito del contratto di subappalto e non in sede di offerta, e che “la mancata o incompleta dichiarazione non incida sulla partecipazione ma eventualmente solo sulla possibilità di ricorrere al subappalto” ( Consiglio di Stato-Sezione 6^, n. 9577 del 29 dicembre 2010); conseguentemente, i vizi delle dichiarazioni relative al subappalto non comportano l’esclusione dalla gara ma, tutt’al più, l’impossibilità di ricorrere al subappalto.
E’ appena il caso di evidenziare che tale interpretazione presuppone, ovviamente, che l’appaltatore vanti i requisiti per l’esecuzione dell’opera senza ricorrere al subappalto; diversamente, potrebbe partecipare alla gara anche chi è privo delle richieste qualificazioni; tuttavia, l’impresa ricorrente ha esaurientemente dimostrato di possedere tutti i requisiti di partecipazione richiesti dal relativo bando; e su tale possesso la Stazione appaltante non ha mosso alcun dubbio.
allorchè sussistono due dichiarazioni discordanti, va preferita quella più favorevole alla parte ricorrente, specie quando tale interpretazione appare più conforme al pubblico interesse che, nel settore in questione, si identifica in una più larga partecipazione agli appalti pubblici.
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