sabato 28 gennaio 2012

Obbligo di trasmissione alla Corte dei Conti delle sentenze definitive (anche se non implicanti un risarcimento del danno ingiusto da ritardo) e individuazione di un dirigente “concludente”

La tutela in materia di silenzio dell’amministrazione è disciplinata dal codice del processo amministrativo.

Tutte le sentenze passate in giudicato che accolgono il ricorso proposto avverso il silenzio dell’amministrazione sono trasmesse in via telematica alla Corte dei conti


La mancata o tardiva emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e contabile del dirigente e del funzionario inadempiente

Per le pubbliche amministrazioni, l’obiettivo principale è quello di accelerare i tempi medi di conclusione dei procedimenti amministrativi. Per farlo, si introducono due strumenti:
Il primo interessa i manager pubblici. I ritardi e gli inadempimenti incideranno direttamente sulla valutazione della performance individuale dei dirigenti (oltre che sulla responsabilità disciplinare e contabile dei funzionari)

Con il secondo strumento si affida ai fruitori dei servizi pubblici – i cittadini e le imprese – il ruolo di “controllori” del buon operato delle amministrazioni. Chiunque, a fronte di un ritardo ingiustificato, potrà rivolgersi a un dirigente diverso da quello responsabile dell’inadempimento. Quest’ultimo avrà il compito di portare a conclusione il procedimento nel minor tempo possibile

A cura di Sonia Lazzini

ATTENZIONE:

Legge 7 agosto 1990, n. 241
Nuove norme sul procedimento amministrativo
(…)
Art. 2-bis. (Conseguenze per il ritardo dell’amministrazione nella conclusione del procedimento)(articolo introdotto dall'articolo 7, comma  1, legge n. 69 del 2009)
1.       Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento


Art. 30. Azione di condanna_CODICE DEL PROCESSO AMM.VO

2. Può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria.
4. Per il risarcimento dell'eventuale danno che il ricorrente comprovi di aver subito in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, il termine di cui al comma 3 non decorre fintanto che perdura l'inadempimento. Il termine di cui al comma 3 inizia comunque a decorrere dopo un anno dalla scadenza del termine per provvedere


NB: le sentenze che devono essere trasmesse al compente giudice contabile non saranno solo quelle che presuppongo un risarcimento del danno ingiusto da ritardo, ma tutte quelle che << accolgono il ricorso proposto avverso il silenzio dell’amministrazione>>

Questo fa pensare che, come accaduto per un “simbolico” danno alla concorrenza, le sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti potranno decidere, forfetariamente, per un “simbolico” danno da ritardo.

Le compagnie di assicurazioni che garantiscono la responsabilità amministrativa da danno erariale_pagata da ogni singolo operatore pubblico_saranno disposte a coprire  anche questa voce di danno?





Legge 7 agosto 1990, n. 241Nuove norme sul procedimento amministrativo




TESTO ATTUALE
MODIFICHE PRESENTI NELLA BOZZA DI DECRETO SEMPLIFICA ITALIA
Art. 2 (Conclusione del procedimento)(articolo così sostituito dall'articolo 7, comma  1, legge n. 69 del 2009)



8. La tutela in materia di silenzio dell'amministrazione è disciplinata dal codice del processo amministrativo.
(comma così sostituito dall'Allegato 4, articolo 3, comma 2, decreto legislativo n. 104 del 2010)





9. La mancata emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale.


Art. 2 (Conclusione del procedimento)(articolo così sostituito dall'articolo 7, comma  1, legge n. 69 del 2009)



8. La tutela in materia di silenzio dell’amministrazione è disciplinata dal codice del processo amministrativo.

Tutte le sentenze passate in giudicato che accolgono il ricorso proposto avverso il silenzio dell’amministrazione sono trasmesse in via telematica alla Corte dei conti.


9. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e contabile del dirigente e del funzionario inadempiente.


9-bis. Il vertice politico dell’amministrazione individua, nell’ambito delle figure apicali dell’amministrazione, il soggetto cui attribuire il potere sostitutivo in caso di inerzia.
9-ter. Decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento o quello superiore di cui al comma 7, il privato può rivolgersi al dirigente individuato ai sensi del comma 9-bis perché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario.
9-quater. Il dirigente individuato ai sensi del comma 9-bis, entro il 30 gennaio di ogni anno, comunica all’organo politico i procedimenti, suddivisi per tipologia e strutture amministrative competenti, nei quali non è stato rispettato il termine di conclusione previsti dalla legge o dai regolamenti.
9-quinquies. Nei provvedimenti rilasciati in ritardo su istanza di parte è espressamente indicato il termine previsto dalla legge o dai regolamenti di cui all’ articolo 2 e quello effettivamente impiegato.”.

SEMPLIFICAZIONI PER LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
1. POTERE SOSTITUTIVO – Si prevede che, qualora l’amministrazione non rispetti i tempi di conclusione delle pratiche, cittadini e imprese potranno rivolgersi ad un altro dirigente – preventivamente individuato dal vertice dell’amministrazione – che avrà il compito di provvedere in tempi brevi. Se il funzionario non rispetta i tempi di conclusione delle pratiche, rischia sanzioni disciplinari e contabili.






ANCORA UNA NOTA

Si legge nel comunicato stampa

<< Le misure di semplificazione per i cittadini si propongono di migliorare la qualità dei rapporti che ciascuno di noi ha quotidianamente con le strutture pubbliche>>

Qui di seguito gli spunti che ci vengono dalla dottrina e dalla giurisprudenza


DOTTRINA

AZIONE DI ESATTO ADEMPIMENTO
Il giudice amministrativo può emanare una pronuncia che costringa la pa ad adottare il provvedimento satisfattorio


Il nuovo codice del processo amministrativo ci porta verso i lidi di una tutela di accertamento della spettanza del bene della vita che trasforma il Giudizio amministrativo
Da
PROCESSO ALL’ATTO
A
GIUDIZIO SUL RAPPORTO

Nel rapporto con pa i beni della vita da tutelare diventano due:
Quello oggetto dell’istanza

Quello dell’evasione tempestiva dell’istanza da parte della pa
Il tempo è esso stesso bene della vita, la cui lesione può dar luogo a risarcimento


F.Caringella_manuale di diritto amm.vo_agosto 2010





GIURISPRUDENZA

Quanto al danno da ritardo per ritardata ostensione di documentazione amministrativa, la giurisprudenza amministrativa anche di questa Sezione, pur aderendo all’orientamento favorevole ritenendo il “bene tempo” meritevole di tutela secondo la clausola atipica del “danno ingiusto” di cui all’art 2043 c.c. (T.A.R. Puglia Bari sez III 25 febbraio 2010 n. 688) non ha mancato di rilevare la necessità per il soggetto danneggiato di fornire la prova anche dell’entità del danno, non potendosi invocare il principio acquisitivo, e dovendo il danneggiato quantomeno allegare circostanze di fatto precise anche ai fini del ricorso a presunzioni semplici, non potendo trovare altrimenti ingresso la valutazione equitativa ex art 1226 c.c. (Consiglio Stato, sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271, T.A.R. Lombardia Milano, sez. I, 02 maggio 2011, n. 1111).

Ne consegue nella fattispecie, l’infondatezza della domanda, poiché la ricorrente non ha fornito, allo stato, elementi per determinare l’entità del danno a fronte della attuale perdurante possibilità di ottenere comunque il finanziamento pubblico richiesto; soltanto all’esito della rivalutazione del progetto sarà pertanto possibile stabilire, nella sede dell’ottemperanza, l’eventuale sussistenza di danni risarcibili per equivalente.

Passaggio tratto dalla sentenza numero 1297 del 13 settembre 2011 pronunciata dal Tar Puglia, Bari

§§§§§§§§§§§§§§§§

La certezza dei tempi dell’attività amministrativa deriva dall’articolo 97 della costituzione

la fattispecie risarcitoria oggetto di controversia attiene al c.d. danno da ritardo:riconosciuto il risarcimento danno relativo a tardivo rilascio di autorizzazione regionale coltivazione cava di ardesia


il Supremo giudice amministrativo osserva che il principio della certezza dei tempi dell’attività amministrativa, assicurata attraverso la individuazione da parte dello stesso legislatore regionale dei tempi massimi di conclusione dei procedimenti amministrativi, costituisce concreta attuazione dei principi di imparzialità e buon andamento, oltre che di legalità, predicati dall’articolo 97 della Costituzione

viene in tal modo non solo giustamente limitata la discrezionalità della pubblica amministrazione (ricondotta in limiti temporali ritenuti ragionevoli secondo l’apprezzamento, nel caso che ci occupa, dello stesso legislatore regionale)

 ma viene soprattutto garantita la libertà di intrapresa del cittadino e delle imprese, assicurando loro la preventiva conoscenza del termine massimo in cui l’amministrazione è tenuta a determinarsi in relazione ad una loro istanza (sotto tale profilo il principio di certezza dei tempi dell’attività amministrativa è corollario dei principi di economicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, ponendosi sullo stesso piano degli altri strumenti di semplificazione dell’azione amministrativa).

Passaggio tratto dalla decisione numero 5034  dell’ 8 settembre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

§§§§§§§§§§§§§§§§


Ritardo della pa_ riconosciuto il danno meramente patrimoniale ma anche quello biologico (perdita della capacità psico-fisica)_ anche il tempo è un bene della vita per il cittadino

Il Consiglio di Stato, con una rivoluzionaria decisione (numero 1271 del 28 febbraio 2011) riconosce ad un cittadino il risarcimento danno da ritardo nel rilascio permesso di costruire

La novità non sta  tanto nel riconoscimento del diritto al risarcimento del danno ingiusto, quanto nella componetene dello stesso: il Supremo giudice amministrativo, infatti, condanna la pa a risarcire euro 44.125,03 quale componente meramente patrimoniali ed euro euro 11.220 quale componente biologica (lesione alla salute ovvero diminuzione psico-fisica del danneggiato)

Così nella massima:
nel caso di specie, la già debole situazione psico-fisica del ricorrente è stata in concreto messa duramente alla prova da una attesa, apparsa a volte interminabile, della conclusione di un procedimento, da cui dipendeva la sorte dell’unica attività imprenditoriale in quel momento svolta. Il ritardo di due anni nella conclusione del procedimento e le già menzionate ripetute e pretestuose richieste, che hanno assunto l’unico scopo di dilazionare (illegittimamente) l’adozione del provvedimento finale, sono elementi che hanno finito per incidere sull’equilibrio psico – fisico del ricorrente, provocando un danno, che va quindi risarcito

§§§§§§§§§§§



Se il tempo è un bene della vita, il ritardo è, necessariamente, un costo

Il mancato rispetto dei tempi del procedimento in caso di mero ritardo qualifica il danno cagionato come ingiusto  e legittima ad agire per il risarcimento, nel caso di specie qualificato, anche nel quantum (secondo i principi indicati nell’Adunanza plenaria n.3/2011), dalla tempestiva impugnazione del silenzio

anche il tempo è un bene della vita per il cittadino e che il ritardo nella conclusione di qualsiasi procedimento è sempre un costo, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica.

Sotto diverso profilo, la permanente incertezza sull’esito del procedimento che si protrae nel tempo è fonte di sicuro disturbo sul piano esistenziale, impedendo la eventuale predisposizione di programmi di vita alternativi ove fosse conseguita la certezza di non poter ottenere il bene della vita preteso.


Secondo tale impostazione, il danno sussisterebbe anche se il procedimento non fosse ancora concluso (e per effetto del solo ritardo, ove acclarato) e finanche se l’esito fosse (o fosse stato), in ipotesi, negativo (in termini Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., 4 novembre 2010, n.1368).


Orbene, non c’è dubbio che il danno da ritardo quale componente risarcibile, per equivalente, della lesione di un interesse legittimo pretensivo è concetto cui sono riconducibili diversi contenuti cha spaziano dal diritto ad una prestazione (la tempestiva conclusione del procedimento) all’interesse al bene della vita che l’esecuzione della prestazione soddisfa (il rilascio del provvedimento favorevole).

danno è, secondo la prospettazione, causato dal mancato rispetto di termini per la conclusione del procedimento, fattispecie, come detto, sussumibile nel disposto di cui all’art. 2 bis della L. n.241/1990 secondo cui la p.a. e i soggetti ad essa equiparati sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento.


Posto che il bene protetto dalla norma è, con evidenza e in primis, il rispetto dei tempi certi del procedimento, al fine di salvaguardare la progettualità del privato e la determinazione dell’assetto di interessi dallo stesso preordinato in relazione ai tempi del procedimento medesimo, la certezza del diritto, cui è indissolubilmente collegata la puntuale definizione dei procedimenti, è non necessariamente ancorata all’ampliamento necessario della sfera soggettiva del privato; anche se il bene della vita cui lo stesso aspira al termine del procedimento ampliativo è solo un’esito eventuale del procedimento medesimo, il soggetto ha comunque diritto di sapere se la sua pretesa è o meno fondata in termini certi, o per contestare la determinazione sfavorevole e provare in sede giurisdizionale la fondatezza della pretesa originaria in tempi utili ovvero anche solo per aderire alla determinazione dell’Amministrazione e modificare, conseguentemente il proprio programma di vita.

L’inosservanza del termine ha comportato, dunque, quale immediata e pregiudizievole conseguenza, l’assoluta imprevedibilità dell’azione amministrativa e quindi l’impossibilità per il soggetto privato di rispettare la programmata tempistica dei propri investimenti.

Passaggio tratto dalla sentenza numero 548 del 21 novembre 2011 pronunciata dal Tar Abruzzo, L’Aquila

Sicché nella composita categoria possono indivuduarsi diverse tipologie di fattispecie, fra loro distinte.

La dottrina ha enucleato, esemplificando: a) l’ipotesi in cui il ritardo, produttivo del danno, è derivante dal fatto che l’amministrazione ha dapprima adottato un provvedimento illegittimo, sfavorevole al privato (ad es., diniego di costruire), e successivamente ha emanato un altro provvedimento, legittimo e favorevole, a seguito dell’annullamento, in sede giurisdizionale, del primo atto; b) l’ ipotesi in cui l’assenza di un provvedimento determina danni gravosi per il soggetto interessato e il privato invoca tutela risarcitoria per danni generati dal ritardo con cui l’amministrazione ha adottato un provvedimento a lui favorevole, ma emanato con ritardo rispetto al termine previsto per quello specifico provvedimento (ad es. permesso di costruire rilasciato con ritardo); c) l’ipotesi, ancora diversa, in cui il provvedimento amministrativo, legittimo, ma emanato con ritardo, è sfavorevole per il privato, che lamenta il danno per non aver ottenuto il tempestivo esame della propria istanza e per non aver appreso entro i termini previsti l’esito negativo del procedimento.

Il caso in esame, per le modalità in cui il procedimento amministrativo e le connesse vicende giurisdizionali si sono svolte, non può tuttavia costringersi, a rigore e allo stato, in nessuna delle tipologie sopra esaminate, posto che i ricorrenti lamentano, sì, la causazione di danni discendenti dal ritardo nell’emanazione di un atto, che, con sentenza resa all’odierna udienza, è stato dichiarato illegittimo ed annullato, ma che, per certi versi, come meglio sotto si dirà, determina (o ha determinato) comunque il ritardato riconoscimento di un bene della vita (seppure non necessariamente nella esatta consistenza sperata), concretato nella possibilità di utilizzazione economica di suoli di proprietà finora non sfruttati in assenza di riqualificazione urbanistica rispetto alla quale l’atto in questione si pone come condizione necessaria (atto obbligatorio del procedimento).

In sostanza, è vero che i ricorrenti non hanno (ancora) conseguito il bene della vita cui aspirano, ma non c’è dubbio che già risulta riconosciuto, anche in via giurisdizionale, il loro diritto/interesse all’ottenimento di una destinazione urbanistica, per i suoli di proprietà, che ne consenta la loro utilizzazione economica.

###########

La quantificazione del danno da ritardo


La natura del danno di cui nella specie si controverte, come sopra qualificata, osta alla esatta quantificazione matematica dello stesso, inerendo a contenuti in parte patrimoniali e in parte non patrimoniali, sotto specie di danni esistenziali (sulla sopraevidenziata incidenza sui programmi di vita).

Il che non esclude tuttavia la possibile individuazione di parametri certi per la sua quantificazione economica che, ad avviso del Collegio, sono costituiti:

a) dal valore economico della pretesa il cui soddisfacimento o mancato soddisfacimento è ritardata, non potendo revocarsi in dubbio che, quanto maggiore (rectius, di maggior valore economico) è la pretesa, tanto maggiore è anche il danno da ritardata risposta, a prescindere dalla spettanza o meno della stessa;

b) dal grado di affidamento nella positiva definizione del procedimento, anche in tal caso non potendosi dubitare della diversa incidenza causale del ritardo su pretese sicuramente fondate ovvero, per converso, totalmente infondate (sulla base del grado di discrezionalità del potere attribuito);

c) dalla effettiva durata del ritardo imputabile.

In particolare, i parametri sub b) e c) operano, evidentemente, in senso limitativo del risarcimento spettante in base al parametro sub a).


Il Collegio non può utilizzare i dati risultanti dalle produzioni documentali del 12 settembre 2011, giacché tardive a termini dell’art. 73 c.p.a., ma, stante il positivo accertamento della produzione di un danno, può invece, ex art. 34, comma 4 del c.p.a., specificare i criteri di commisurazione del danno risarcibile in base ai quali la Provincia di L’Aquila dovrà proporre in favore dei creditori ricorrenti il pagamento di una somma entro un congruo termine.

Nel caso di specie, i ricorrente avrebbero tratto sicuri benefici economici dall’utilizzazione dei beni, commisurati all’effettivo loro sfruttamento dipendente dalla destinazione finalmente impressa; dal momento che il ritardo imputabile alla Provincia ed oggetto del presente procedimento è pari a circa 200 giorni (cfr. punto III.2) che precede), può considerarsi che la disponibilità di detti benefici è stata ritardata appunto di tale spazio temporale.

Orbene, tali benefici possono essere individuati, formulando l’ipotesi che i ricorrenti avrebbero ottenuto il bene della vita esattamente duecento giorni prima se l’Amministrazione provinciale avesse provveduto tempestivamente e ipotizzando, inoltre, che non vi siano variazioni in aumento sui valori di mercato tra la date di mancato rilascio dell’atto provinciale e di effettiva definizione del procedimento, alternativamente: a) nell’immediata disponibilità di denaro conseguente a dismissione immobiliare (vendita dei beni) al valore probabile di mercato, risultante dai dati ufficiali in ambito provinciale, derivante dalla diversa destinazione impressa dalla variante adottata (prudenzialmente ridotto del 30%); b) negli introiti derivanti dallo sfruttamento in proprio dell’area conformemente alla destinazione impressa dalla variante adottata (prudenzialmente ridotti del 30%) calcolati sulla base delle rendite normali di suoli consimili come risultanti da dati pubblici ed ufficiali in ambito provinciale.

La operata riduzione prudenziale dipende dalla non certa totale conformità tra la variante adottata e quella approvata anche in eventuale conseguenza degli esiti della riedizione procedimentale commessa alla provincia.

La quota parte dei mancati guadagni imputabile alla Provincia è individuabile dunque o negli interessi legali sulle somma di cui sub a) che precede, per il tempo di 200 giorni, ovvero nel corrispettivo della rendita di cui sub b) che precede, per 200 giorni.

La somma che la Provincia dovrà offrire ai ricorrenti, secondo le modalità di cui in dispositivo, potrà dunque essere commisurata come precede sui guadagni sperati, desunti dalla normale utilizzazione economica dei beni secondo la più probabile destinazione delle aree in questione come risultante dalla variante adottata, con riduzione equitativa e prudenziale degli stessi (guadagni come sopra calcolati) del 30%, operata in ragione della non certa totale conferma delle statuizioni di cui in variante dipendente dalle eventuali diverse determinazioni procedimentali successive.

Passaggio tratto dalla sentenza numero 548 del 21 novembre 2011 pronunciata dal Tar Abruzzo, L’Aquila



§§§§§§§§§§§§

Riconosciuto il danno da ritardo per mancato concorso colposo del danneggiato

Il tempo è un bene della vita per il cittadino e la giurisprudenza ha riconosciuto che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento è sempre un costo

la giurisprudenza è pacifica nell’ammettere il risarcimento del danno da ritardo (a condizione ovviamente che tale danno sussista e venga provato) e l’intervenuto art. 2-bis, comma 1, della legge n. 241/1990, introdotto dalla legge n. 69/2009, conferma e rafforza la tutela risarcitoria del privato nei confronti dei ritardi della p.a.,

stabilendo che le pubbliche amministrazioni e i soggetti equiparati siano tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa e colposa del termine di conclusione del procedimento

 il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica.

In questa prospettiva ogni incertezza sui tempi di realizzazione di un in-vestimento si traduce nell’aumento del c.d. “rischio amministrativo” e, quindi, in maggiori costi, attesa l’immanente dimensione diacronica di ogni operazione di investimento e di finanziamento (cfr. questo C.G.A., 4 novembre 2010, n. 1368).

Nel caso di specie va escluso che vi sia stato il concorso del fatto colposo del creditore ex art. 1227 c.c. in relazione alla mancata ri-chiesta dell’intervento sostitutivo regionale, previsto dall’art. 27 della legge regionale n. 71 del 1978




A prescindere dal rilievo, che pure potrebbe farsi, in ordine all’irrilevanza del summenzionato intervento sostitutivo ai fini della dimostrazione della colpa del creditore, non prescrivendo la norma un obbligo comportamentale a carico del creditore stesso, è, in ogni caso, risolutiva di qualsiasi dubbio la constatazione del giudice di prime cure, che “il danno subito dalla ricorrente non avrebbe potuto essere eliminato attraverso la richiesta di intervento sostitutivo, tendente a ottenere una rapida conclusione del procedimento avviato a domanda, atteso che il pregiudizio denunciato si è manifestato non in unica solu-zione, ma è frutto della sommatoria di singoli ritardi, inerzie e rallen-tamenti, che hanno costellato nel corso del quadriennio ogni singola fase endoprocedimentale e hanno avuto l’effetto complessivo di allun-gare oltre misura i tempi di adozione del provvedimento”.
Per ragioni analoghe va escluso che il prolungamento dei tempi sia dipeso da un comportamento acquiescente della società alle richie-ste istruttorie dell’Amministrazione, senza contare che v’è stato da parte della società medesima un ricorso al T.A.R. ai sensi dell’art. 21-bis L. n. 1034/1971 avverso una delle denunciate inerzie.
Per altro verso, va evidenziato che il T.A.R. ha minuziosamente elencate le inerzie dell’Amministrazione ritenute ingiustificate in rela-zione alle quali non è stata sollevata in questa sede alcuna deduzione difensiva.
Infine, va respinta la doglianza secondo cui la domanda risarci-toria avrebbe dovuto essere integralmente rigettata in relazione alla circostanza che non era stata data dimostrazione dell’avvenuta restitu-zione della prima rata del finanziamento a fondo perduto né della de-finitiva revoca del beneficio a suo tempo erogato.
Avendo il giudice di prime cure circoscritto il danno risarcibile a una somma corrispondente all’importo della prima rata erogata alla società appellata, è solo su questo aspetto della questione che occorre soffermarsi.
Come è stato osservato dalla giurisprudenza (cfr., di recente, Cass. Civ., sez. III, 27 aprile 2010, n. 10072), in ambito risarcitorio, il danno futuro rispetto al momento della decisione, sia esso emergente (quali le spese non ancora affrontate) o da lucro cessante, in realtà non può mai essere declinato in termini di assoluta certezza, che esclusi-vamente si attaglia al pregiudizio già completamente verificatosi al momento del giudizio. Come è stato efficacemente osservato in dottri-na, “la certezza che deve sussistere per rendere risaricibile il danno futuro non è la stessa di quella che caratterizza il danno presente”. E la giurisprudenza ha da tempo chiarito che se non basta la mera eventua-lità di un pregiudizio futuro per giustificare la condanna al risarcimen-to, per dirlo immediatamente risarcibile è invece sufficiente la fondata attendibilità che esso si verifichi secondo la normalità e la regolarità dello sviluppo causale (ex multis, Cass., nn. 1637/2000, 1336/1999, 495/1987, 2302/1965).
Dovendo, quindi affermarsi che la rilevante probabilità di con-seguenze pregiudizievoli è configurabile come danno futuro immedia-tamente risarcibile quante volte l’effettiva diminuzione patrimoniale appaia come il naturale sviluppo di fatti concretamente accertati e ine-quivocamente sintomatici di quella probabilità, secondo un criterio di normalità fondato sulle circostanze del caso concreto, non sembra dubbio che il pregiudizio lamentato dalla società appellata abbia sif-fatte caratteristiche.

decisione numero 684 del  24 ottobre  2011  pronunciata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana



Nessun commento:

Posta un commento