venerdì 20 maggio 2011

Sulla natura giuridica del DURC e sul requisito della gravità della violazione anche ai fini dell’incameramento della cauzione provvisoria negli appalti pubblici

Non può dubitarsi dell’esistenza dell’irregolarità contributiva riportata nei d.u.r.c. acquisiti dalla stazione appaltante, recanti un debito contributivo pari a circa Euro 6.000,00.

Sul punto, è noto che il d.u.r.c. assume la valenza di una dichiarazione di scienza, da collocarsi fra gli atti di certificazione o di attestazione redatti da un pubblico ufficiale ed aventi carattere meramente dichiarativo di dati in possesso della pubblica amministrazione, assistito da pubblica fede ai sensi dell’articolo 2700 c.c., facente quindi prova fino a querela di falso (Consiglio di Stato, Sez. VI, 6 aprile 2010 n. 1930 e n. 1934; Sez. IV, 12 marzo 2009 n. 1458).

Ne consegue che, attesa la natura giuridica del d.u.r.c., non residuava in capo alla stazione appaltante alcun margine di valutazione o di apprezzamento in ordine ai dati ed alle circostanze in esso contenute. Inoltre, deve escludersi che le stazioni appaltanti debbano in casi del genere svolgere un’apposita istruttoria per verificare l’effettiva entità e gravità delle irregolarità contributive dichiarate esistenti (con la valenza giuridica della pubblica fede) nel predetto documento (Consiglio di Stato, Sez. V, 24 agosto 2010 n. 5936).

Quanto al requisito della gravità, deve richiamarsi l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato (Sez. IV, 12 aprile 2011 n. 2283; Sez. V, 24 agosto 2010 n. 5936; Sez. VI, 6 aprile 2010 n. 1930 e n. 1934), secondo cui nel settore previdenziale, in considerazione dei gravi effetti negativi sui diritti dei lavoratori, sulla finanze pubbliche e sulla concorrenza tra le imprese derivanti dalla mancata osservanza degli obblighi in materia previdenziale, debbono considerarsi “gravi” tutte le inadempienze rispetto a detti obblighi, salvo che non siano riscontrabili adeguate giustificazioni, come, ad esempio, la sussistenza di contenziosi di non agevole e pronta definizione sorti a seguito di verifiche e contestazioni da parte degli organismi previdenziali ovvero la necessità di verificare le condizioni per un condono o per una rateizzazione.

Non rileva infine la regolarizzazione successiva della posizione previdenziale, in quanto l’impresa deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando irrilevante, pena la vanificazione del principio della par condicio, un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva (Consiglio di Stato, Sez. IV, 20 settembre 2005 n. 4817; 30 gennaio 2006 n. 288; 19 giugno 2006 n. 3660; 31 maggio 2007 n. 2876; Sez. V, 22 ottobre 2007 n. 5511; T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 23 luglio 2009 n. 4269).

L’opposta interpretazione avrebbe invero l’effetto deleterio di indebolire l’osservanza della normativa in materia previdenziale, che al contrario, pur nell’ambito della normativa settoriale sull’espletamento delle gare, si vuol rafforzare. Le imprese sarebbero quasi incentivate alla violazione di legge, considerando di poter poi provvedere comodamente alla regolarizzazione, con l’effetto vantaggioso di poter scegliere se farlo o meno in funzione dell’utile risultato dell’aggiudicazione, senza il rischio di pregiudizio per il conseguimento dell’appalto.

7. L’infondatezza delle censure dedotte avverso il provvedimento di esclusione conduce, inoltre, alla reiezione dei profili di illegittimità articolati in via derivata contro l’annotazione nel casellario informatico delle imprese ex art. 27 D.P.R. 25 gennaio 2000 n. 34 e art. 8 D.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207.

Tratto dalla sentenza numero 2786 del 19 maggio 2011 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

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