Il Consiglio di Stato per i danni da ritardo della p.a. sancisce che possono quindi riguardare anche le conseguenze di detto ritardo sull’integrità fisica del cittadino.
Nel caso di specie, il danno accertato dal Ctu è appunto il danno biologico, derivante dalla lesione del diritto inviolabile alla salute e deriva, inoltre, da un illecito di carattere permanente, costituito dall’inerzia della p.a. nel provvedere su una istanza del privato, che assume particolare valenza negativa, derivando dall’ingiustificata inosservanza del termine di conclusione del procedimento, che il legislatore ha, di recente, elevato all’ambito dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. m), Cost. (v. il comma 2-bis., dell’art. 29 della legge n. 241/90, introdotto dalla legge n. 69/2009, che richiama appunto tra tali livelli essenziali l’obbligo per la p.a. di concludere il procedimento entro il termine prefissato e le disposizioni relative alla durata massima dei procedimenti).
Nel caso di specie, la già debole situazione psico-fisica del ricorrente è stata in concreto messa duramente alla prova da una attesa, apparsa a volte interminabile, della conclusione di un procedimento, da cui dipendeva la sorte dell’unica attività imprenditoriale in quel momento svolta. Il ritardo di due anni nella conclusione del procedimento e le già menzionate ripetute e pretestuose richieste, che hanno assunto l’unico scopo di dilazionare (illegittimamente) l’adozione del provvedimento finale, sono elementi che hanno finito per incidere sull’equilibrio psico – fisico del ricorrente, provocando un danno, che va quindi risarcito.
La quantificazione del danno biologico permanente, determinato in sette punti percentuali, va effettuata in via equitativa, anche tenendo conto dell’età del ricorrente nel 2004 (41 anni) e dei criteri di cui all’art. 139 del d. lgs. n. 209/2005 (corretti in aumento – sempre in via equitativa – anche alla luce dei criteri utilizzati dalla giurisprudenza civile e in particolare dal Tribunale di Milano; v. Trib. Milano, V, 09 giugno 2009, n. 7515), nella misura di complessivi euro 11.220,00, su cui vanno calcolati interessi e rivalutazione monetaria secondo i criteri indicati in precedenza.
Tratto dalla decisione numero 1271 del 28 febbraio 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato
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