Le proposte contrattuali alternative, così come sono state ritenute incompatibili con la contemporanea esecuzione dell’appalto in questione, devono a loro volta ritenersi incompatibili fra di loro.
Sarebbe infatti contraddittorio assumere, per un verso, che l’esecuzione dell’appalto oggetto di revoca era incompatibile con altri impegni contrattuali e, per altro verso, affermare che questi impegni contrattuali alternativi (pur avendo un valore economico equiparabile a quello dell’appalto) erano tra di loro perfettamente compatibili e quindi suscettibili di contemporanea esecuzione.
In altri termini, appurato che alla base della configurabilità del danno da perdita della chance contrattuale alternativa vi è l’impossibilità pratica di eseguire più contratti contemporaneamente (impossibilità a sua volta ascrivibile a ragioni strutturali e organizzative o a ragionevoli e non negligenti valutazioni imprenditoriali), si deve, per conseguenza, ritenere che la chance contrattuale risarcibile non possa che essere identificata nella mancata esecuzione di un solo dei concretamente possibili contratti alternativi. Stipulato un contratto alternativo, infatti, tutte le altre proposte contrattuali ricevute, per quanto serie e concrete anch’esse, sarebbero risultate a loro volta incompatibili con quello sulla base di considerazioni analoghe a quelle che portano a ritenere l’esecuzione dei lavori appaltati dalla società termale incompatibile con altri impegni contrattuali.
A tal fine, fra i vari contratti indicati dalle società appellanti, un elementare criterio di proporzione conduce a prendere senz’altro in considerazione un contratto di importo assimilabile, per importanza, a quello oggetto della gara bandita dalla società Terme di Santa Cesarea.
Per la Ricorrente s.r.l. i contratti alternativi di maggiore importanza hanno un valore economico medio intorno a circa € 1.600.000
Più complessa e la situazione della società Ricorrente 2 s.r.l., che indica un gran numero di proposte contrattuali alternative di diverso importo. Anche in questo caso, con una media approssimativa tra i lavori di maggiore rilievo (e quindi paragonabili a quelli oggetto dell’appalto in questione) si può individuare una chance contrattuale alternativa di circa € 2.500.000.
12.7. Si tratta, a questo punto, di determinare qual è il danno derivante dalla perdita della chance di stipulare ed eseguire un ipotetico contratto alternativo di tale importo.
Il riferimento contenuto nell’atto di appello alla percentuale presunta di profitto calcolata come pari al 10% non può essere utilizzato. Si tratta di un criterio che già da tempo una parte consistente della giurisprudenza ha abbandonato, anche con riferimento al danno c.d. da mancata aggiudicazione, perché foriero di risarcimenti eccessivi e ingiustificati. Questa percentuale, del resto, è normativamente prevista (dall’art. 345 legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F) con riferimento ad un’ipotesi (quella del recesso ad nutum della stazione appaltante nella fase di esecuzione del contratto) che è sensibilmente diversa da quella qui in esame.
Trattandosi, quindi, di un criterio di liquidazione del danno in via forfettaria ed automatica previsto da una norma speciale con riferimento ad un caso particolare, non è suscettibile di essere automaticamente applicato a fattispecie diverse da quella rispetto alla quale è espressamente contemplato.
In assenza di un criterio legale di determinazione del danno e a fronte della difficoltà di determinare nel suo preciso ammontare questo tipo di pregiudizio patrimoniale, non resta che ricorrere alla valutazione equitativa.
A tal proposito, considerate le circostanze e tenuto conto del fatto che quella che viene in considerazione è, comunque, una semplice chance contrattuale (sia pure significativa per il livello avanzato cui erano giunte le trattative), e non un contratto alternativo definito e dunque definitivamente “certo”, appare equo riconoscere un importo pari al 5% dell’importo del contratto alternativo come sopra determinato.
Alla società Ricorrente spetta, quindi, un danno da lucro cessante, per perdita dalla chance contrattuale alternativa, pari ad € 80.000 e alla ALFA s.r.l. un danno pari ad € 125.000.
Tale danno si deve ritenere comprensivo, pena l’illegittimità duplicazione di poste risarcitorie, anche dei costi sostenuti per presentare le relative offerte e proposte progettuali.
Va, ancora, escluso il risarcimento del danno delle spese processuali sostenute in occasione del contenzioso innanzi al giudice amministrativo a causa dei ricorsi proposti, con riferimento alla gara poi revocata, dalla società C&G. Il regime delle spese processuali trova, infatti, la sua esclusiva regolamentazione nella sentenza che definisce il relativo giudizio. In materia di spese processuali, invero, non trova applicazione la disciplina generale della responsabilità civile di cui agli artt. 1218 e 2043 Cod. civ., la disciplina speciale contenuta negli artt. 90-97 Cod. proc. civ.., norme che trovano indiscussa applicazione anche nel processo amministrativo (cfr. in termini analoghi Cons. Stato, VI, 6 giugno 2008, n. 2751).
ALla luce delle considerazioni che precedono, quindi, l’appello principale proposto dalle società Ricorrente s.r.l., Ricorrente 2 s.r.l. e Ricorrente 3 s.u.r.l. può trovare parziale accoglimento nei sensi specificati in motivazione.
In particolare:
a) le tre società hanno diritto al rimborso, a titolo di risarcimento del danno emergente, di tutte le spese vive sostenute per la partecipazione alla gara, nei limiti degli importi di cui riescano a dimostrarne l’avvenuto pagamento;
b) le tre società hanno diritto al rimborso, a titolo di risarcimento del danno emergente, delle spese generali (costo del personale e costo della struttura) nella misura del 25% dell’importo sopra determinato al punto sub a);
c) la Ricorrente s.r.l. e la Ricorrente 2 s.r.l. hanno diritto al risarcimento, a titolo di lucro cessante per perdita della chance contrattuale alternativa, dell’ulteriore importo equitativamente determinato, rispettivamente, in € 80.000 e in € 125.000.
a cura di Sonia Lazzini
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