si è in presenza di una fattispecie nella quale la stazione appaltante, dopo aver bandito e aggiudicato una gara, ha deciso di non concludere il contratto (e di revocare quindi gli atti di gara) a causa di una sopravvenuta carenza di risorse finanziarie, carenza imputabile non a circostanze eccezionali o estranee alla propria sfera di controllo, ma a una scelta consapevolmente e volontariamente effettuata, che si è risolta nella rinuncia al finanziamento già ottenuto senza cercare prima ragionevoli alternative a tutela del maturato affidamento del suo contraente.
Rinuncia compiuta in un momento in cui già vi era un provvedimento di aggiudicazione e, quindi, era configurabile in capo all’aggiudicatario un tale affidamento meritevole di tutela e di prudente considerazione.
i fatti che hanno portato alla revoca dell’aggiudicazione sono riconducibili ad un comportamento non diligente della società Santa Cesarea Terme.
Una delle ragioni principali su cui si fonda il provvedimento di revoca è il venire meno delle risorse finanziarie necessarie al finanziamento dei lavori. Di fronte, infatti, al procedimento penale iniziato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lecce per presunti illeciti consumati dalla stessa società termale in occasione della richiesta di finanziamento pubblico (sarebbe, in particolare, emersa una illegittimità nelle pratiche di finanziamento determinata da una dichiarazione non veritiera della società in relazione al presupposto di non aver fruito in precedenza di altri finanziamenti), la società Santa Cesarea Terme ha immediatamente rinunciato al finanziamento e, conseguentemente, ha disposto la revoca della gara.
Come correttamente ha rilevato il Tribunale amministrativo regionale, a prescindere dall’esito dell’indagine penale e dalla fondatezza dell’ipotesi investigativa in ordine alla falsità delle dichiarazioni, dal comportamento complessivamente tenuto dalla società appaltante emergono significativi profili di “leggerezza” e negligenza nella gestione della fase prenegoziale.
La stazione appaltante, anziché rinunciare al finanziamento e disporre la revoca degli atti di gara, avrebbe dovuto, visto che la gara ormai era stata bandita e aggiudicata (e, quindi, si configurava un ragionevole e fondato affidamento dell’aggiudicatario in ordine alla prossima conclusione del contratto), quanto meno adoperarsi attivamente per trovare soluzioni alternative, comunque meno penalizzanti per gli interessi dell’aggiudicatario, in ipotesi anche verificando la ragionevole possibilità, prima di rinunciare unilateralmente al finanziamento già ottenuto, di reperire congruamente risorse finanziarie da altre fonti, onde dare comunque seguito ai lavori per i quali la gara era stata espletata.
In tal senso non può essere preso in considerazione come comportamento scusante il fatto che la società, in sede di rinuncia al finanziamento, abbia chiesto espressamente al Ministero “se l’individuazione di un sito alternativo al Nuovo Centro Termale avesse potuto consentire il mantenimento della sovvenzione di cui al Contratto di Programma”.
Tale richiesta, infatti, anche ove accolta, avrebbe impedito di finanziare i lavori già aggiudicati, atteso che la diversità del sito oggetto dei lavori, determinando un totale mutamento dell’oggetto e delle condizioni di esecuzione del contratto, avrebbe richiesto una nuova gara per selezionare il contraente. Appare, quindi, che questa richiesta sia stata fatta più nell’interesse della società termale a non perdere il finanziamento, piuttosto che in un’ottica di doverosa tutela dell’affidamento dell’aggiudicatario.
a cura di Sonia Lazzini
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