domenica 9 settembre 2012

I dipendenti pubblici rispondono solo a titolo di colpa grave, anche civilmente

Deve quindi ritenersi esclusa la sussistenza del requisito della colpa grave in capo ai due funzionari, chiamati in giudizio a titolo di responsabilità solidale con l’ente di appartenenza.



Infatti, mentre per la responsabilità della pubblica amministrazione è sufficiente la colpa, anche lieve, dell’apparato, i pubblici dipendenti sono chiamati a rispondere, anche nell’azione diretta del terzo danneggiato, solo a titolo di colpa grave, come esplicitato dall’art. 23 del T.U. n. 3/1957, richiamato anche per gli altri settori del pubblico impiego, in cui la responsabilità verso i terzi dei dipendenti è limitata alle violazioni commesse con dolo o colpa grave.

     Peraltro, tale limitazione, seppur con riferimento all’azione esperibile davanti alla Corte dei Conti, è stata ritenuta costituzionalmente legittima con argomentazione estensibili anche all’azione diretta del terzo (Corte Cost. m. 371/1998, in cui il giudice delle leggi ha ritenuto rispondente ai principi costituzionali l'intento del legislatore “di predisporre, nei confronti degli amministratori e dei dipendenti pubblici, un assetto normativo in cui il timore delle responsabilità non esponga all'eventualità di rallentamenti ed inerzie nello svolgimento dell'attività amministrativa”, riconoscendo che spetta al legislatore “determinare quanto del rischio dell'attività debba restare a carico dell'apparato e quanto a carico del dipendente, nella ricerca di un punto di equilibrio tale da rendere, per dipendenti ed amministratori pubblici, la prospettiva della responsabilità ragione di stimolo, e non di disincentivo”).

     Tali considerazioni inducono non solo a ritenere necessaria la sussistenza del requisito della colpa grave per riconoscere la responsabilità dei singoli dipendenti, ma anche a richiedere un maggiore onere probatorio al privato danneggiato, che intenda chiamare a rispondere, a titolo solidale, anche il funzionario.

     Tale onere probatorio non è stato in minima parte assolto dalla società ricorrente, che non ha neanche indicato le ragioni per cui ha individuato i due funzionari quali responsabili dell’illegittimità commessa.

     Inoltre, era onere dell’Inail come apparato mettere a conoscenza i propri dipendenti con tempestività dei menzionati atti interpretativi, intervenuti prima e dopo l’adozione dell’atto annullato, mentre tale mancata conoscenza da parte del singolo non può integrare il requisito della colpa grave.

     Peraltro, riguardo la decisione di attendere l’esito del giudizio senza esercitare i poteri di autotutela, non vi sono elementi per ritenere che sia dipesa dai due funzionari chiamati in giudizio, e non da una condotta processuale decisa ad altro livello dall’ente (si deve tenere conto che la maggior parte del danno accertato è stata causata in periodo successivo all’Atto di regolazione dell’Autorità di vigilanza, in seguito al quale, come già detto, l’Inail ha sostenuto in giudizio di aver deciso di attendere l’esito del giudizio senza esercitare i propri poteri di autotutela, stante il carattere non vincolate degli Atti dell’Autorità di vigilanza).

     Deve quindi ritenersi esclusa la sussistenza del requisito della colpa grave in capo ai due funzionari, chiamati in giudizio a titolo di responsabilità solidale con l’ente di appartenenza.

tratto dalla numero 3981 del 23  giugno 2006 pronuciata dal Consiglio di Stato

a cura di Sonia Lazzini

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