sabato 30 marzo 2013

non vi è riconoscimento di responsabilità precontrattuale per mera presentazione di proposta

L’Amministrazione non ha abdicato, né revocato surrettiziamente gli atti del procedimento di finanza di progetto, ma, concludendo la prima fase, ha ritenuto che l’unico progetto rimasto in gara non fosse compatibile con l’interesse pubblico, sia per le sue caratteristiche tecniche, sia per la sopravvenuta possibilità di realizzare diversamente lo stesso interesse, (resa, medio tempore, concretamente fattibile dal conseguito finanziamento ministeriale).

Affermata la legittimità del provvedimento impugnato, va respinta per mancanza dei presupposti la domanda di risarcimento dei danni corrispondenti alla perdita di chance per la mancata aggiudicazione della concessione.
Quanto alla responsabilità precontrattuale e/o “da contatto”, è agevole desumere dalle argomentazioni svolte che nessun legittimo affidamento si è radicato in capo all’appellante per effetto della mera presentazione della proposta, se non l’interesse strumentale-procedimentale alla valutazione della proposta stessa in un regolare procedimento; valutazione che, come si è detto, è stata legittimamente condotta dall’Azienda ed è culminata nel giudizio di non conformità della proposta all’interesse pubblico.

Infine, neppure è dovuto l’indennizzo ex art. 21 –quinquies l. 241/1990, perché non è configurabile alcun provvedimento di revoca. In ogni caso, l'obbligo generale di indennizzo dei pregiudizi arrecati dalla revoca di atti amministrativi sussisterebbe esclusivamente in caso di revoca di provvedimenti definitivi e non anche in caso di revoca di atti interinali, non conclusivi del procedimento (Consiglio di Stato, sez. III, 21 gennaio 2013, n. 339).
a cura di Sonia Lazzini

Passaggio tratto dalla decisone numero 1495 del 13 marzo 2013 pronunciata dal Consiglio di Stato

direttiva ricorsi_annullamento aggiudicazione, inefficacia contratto, subentro contrattuale e risarcimento equivalente

il Collegio reputa che il contratto, ai sensi del prima richiamato articolo 122 c.p.a. - e, in particolare, degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto - debba essere dichiarato inefficace a far data dalla notifica della presente sentenza e che inoltre vada, a titolo di tutela in forma specifica ex articolo 124 c.p.a., disposto il subentro nel rapporto contrattuale instaurato con la parte appellata sempre a far data dalla notifica della presente sentenza.

Con riferimento alla frazione di contratto già eseguita, a giudizio del Collegio, ai sensi dell’articolo 30 c.p.a. - non trovando applicazione l’articolo 124 c.p.a. perché il Collegio condivide quella dottrina che distingue tra il risarcimento del danno da attività illegittima ex articolo 30 c.p.a. e tutela in forma specifica e per equivalente ex articolo 124 c.p.a. da inquadrare più correttamente tra le ipotesi di tipo indennitario - va riconosciuto il risarcimento del danno per la mancata esecuzione del contratto da parte dell’appellante.
Tale danno va liquidato, a prescindere dalla valutazione dell’elemento soggettivo (Cons. St., V, 16 gennaio 2013 n. 240) e in ragione degli elementi offerti dall’interessato, con equo apprezzamento delle circostanze del caso ex articolo 2056 c.c. Conseguentemente, tenuto conto della particolare tipologia di appalto nonché del raggiungimento della prova in ordine al danno sofferto ma non anche della sua prova nella misura richiesta (alcune circostanze sono solo labialmente affermate), reputa il Collegio di liquidarlo nella misura del 7% sull’importo, una volta detratto dall’importo a base d’asta il ribasso offerto, e non anche del 10% come usualmente stabilito in via generale, ma senza automatismi, dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. St., VI, 15 ottobre 2012 n. 5279).

A tale somma va aggiunto un ulteriore 2% a titolo di danno curriculare in considerazione del fatto che l’appellante non potrà vantare nelle altre gare alle quali parteciperà l’esecuzione di questo contratto per tutta la sua durata ma solo per una frazione. Il Collegio reputa infatti che il danno curriculare possa correttamente oscillare tra l’1% e il 4% e che in questo caso, tenuto conto del fatto che il contratto in parte è già stato eseguito dalla controinteressata (a pagina 7 della memoria dell’amministrazione si legge che “definita la fase cautelare è intervenuto il contratto”), può fissarsi la misura del 2% sull’importo, sempre una volta detratto dall’importo a base d’asta il ribasso offerto.
Per giurisprudenza consolidata non spetta, invece, all’odierna appellante la rifusione delle spese sostenute per la partecipazione alla gara trattandosi di somme che la parte avrebbe dovuto comunque sopportare anche se la procedura si fosse svolta legittimamente (Cons. St., VI, 16 settembre 2011 n. 5168).
Sulle somme così individuate occorre provvedere alla rivalutazione del credito, cioè alla trasformazione dell'importo del credito originario in valori monetari correnti alla data in cui è compiuta la liquidazione giudiziale; e, in secondo luogo, occorre calcolare il c.d. danno da ritardo, utilizzando il metodo consistente nell'attribuzione degli interessi che vanno calcolati dalla data del fatto non sulla somma complessiva rivalutata alla data della liquidazione, bensì sulla somma originaria rivalutata anno dopo anno (Cons. St., V, 8 novembre 2012 n. 5686)
a cura di Sonia Lazzini

Passaggio tratto dalla decisone numero 324 dell' 11 marzo 2013 pronunciata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana   

quando il ricorrente richiede l'inefficacia contratto, obbligo pa fornire chiarimenti

Emerge dagli articoli 121 e 122 c.p.a., con i quali è stata data attuazione alla direttiva ricorsi n. 2007/66/C, che un contratto risultante da un’aggiudicazione mediante affidamenti diretti è in linea di principio privo di effetto.

Vero è che la carenza di effetti non è automatica, dovendo formare oggetto di valutazione da parte del giudice, ma nel caso di specie la decisione assunta dal T.A.R. appare corretta.
Una volta che il ricorrente ha chiesto una pronuncia in ordine all’inefficacia del contratto, è onere dell’Amministrazione fornire i necessari chiarimenti.

Rettamente, quindi, il primo giudice ha dichiarato, ai sensi dell’art. 122 c.p.a. ...”, in mancanza di contestazione, “l’inefficacia del contratto e disposto l’immediato subingresso del ricorrente, in quanto oggetto di specifica domanda reiterata anche nelle conclusio-ni.”.

a cura di Sonia Lazzini

Passaggio tratto dalla decisone numero 328 del 12 marzo 2013 pronunciata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana   

art. 124, cod. proc. prevede onere chiedere aggiudicazione gara o il sub ingresso esecuzione contratto

in una gara svoltasi tra due soli concorrenti, il giudicato di annullamento dell’aggiudicazione per omessa esclusione dell’aggiudicataria comporta sostanzialmente (anche se non espressamente formalizzato nella pronuncia) il riconoscimento dell’interesse soggettivo per la tutela del quale la seconda classificata aveva agito, che si concretizzava nell’ottenimento dell’affidamento dell’appalto.
L’onere di chiedere l’aggiudicazione della gara o il sub ingresso nell’esecuzione del contratto, è stato espressamente previsto soltanto dall’art. 124, cod. proc. amm.; peraltro “sanzionando” il mancato assolvimento dell’onere alla stregua di un comportamento rilevante, in sede di valutazione del risarcimento, ai sensi dell’art. 1227 c.c., ma facendo salvo l’eventuale “giustificato motivo” di tale omissione.
La mancata esplicitazione, nel ricorso, della pretesa all’affidamento dell’appalto, va qualificata alla luce della circostanza secondo la quale, all’epoca in cui era stata proposta l’impugnazione, la giurisprudenza prevalente riteneva che dall’annullamento discendesse – salva l’eventuale sussistenza di ragioni ostative rimaste estranee al giudizio di impugnazione - l’aggiudicazione al secondo graduato rimasto in gara, e che il giudice amministrativo, in sede esecutiva, avrebbe potuto sostituirsi all’Amministrazione qualora questa non avesse provveduto a far subentrare nel contratto il concorrente vittorioso nel giudizio avverso l’originaria aggiudicazione (cfr. Cons. stato, A.P., 30 luglio 2008, n. 9).
Diversamente, si configurerebbe un’ipotesi di ricorso accolto senza alcuna utilità pratica per la parte ricorrente, e si vanificherebbe la stessa funzione del giudizio di ottemperanza come preordinata al soddisfacimento dell’interesse sostanziale del soggetto vittorioso in esito al giudizio di cognizione.
Inoltre, nel caso in esame, l’esecuzione dell’appalto da parte dell’aggiudicataria, nelle more della decisione di merito, è dovuta all’ordinanza cautelare n. 1454/2009 (disposta “avuto riguardo al fatto che il contratto è in fase di avanzata esecuzione e che appare prevalente l’interesse al regolare svolgimento del servizio”, e non perché – come sostiene l’Azienda, il giudice vi fosse “costretto” dalla mancanza di disponibilità della società L.I. a subentrare nell’esecuzione del servizio).

a cura di Sonia Lazzini

Passaggio tratto dalla decisone numero 1500 del 13 marzo 2013 pronunciata dal Consiglio di Stato

non sempre soggetti tenuti indire procedura evidenza pubblica non possono detrarre l’IVA pagata

Il Codice dei contratti ha previsto espressamente il riferimento al netto dell’IVA nello stabilire come determinare l’importo a base d’asta («Il calcolo del valore stimato degli appalti pubblici e delle concessioni di lavori o servizi pubblici è basato sull'importo totale pagabile al netto dell'IVA, valutato dalle stazioni appaltanti», articolo 29, comma 1, Cod. contratti)

l’orientamento che impone di considerare l’IVA dovuta nella valutazione delle offerte proposte perché l’amministra-zione è un consumatore finale che non può ‘scaricare’ il tributo, attraverso il meccanismo della detrazione, non può essere condiviso.

Tale argomento, infatti, a tutto concedere, può valere solo per alcune amministrazioni aggiudicatrici ma non è valido per tutte le amministrazioni aggiudicatrici contemplate dall’articolo 3, comma 25, Codice dei contratti (ad esempio per alcuni organismi di diritto pubblico) e per gli altri enti aggiudicatori tra i quali vi rientrano le imprese pubbliche (si veda articolo 3, comma 29, Cod. Contratti; per la distinzione si veda anche Cons. St., a.p., 10/2011).

In altri termini non sempre i soggetti tenuti ad indire una procedura di evidenza pubblica non possono detrarre l’IVA pagata e conseguentemente, accogliendo l’orientamento qui non condiviso, dovrebbe ipotizzarsi una (non prevista) diversità di regole a seconda che il fruitore della prestazione oggetto dell’appalto possa o meno detrarre l’IVA: seguendo il ragionamento qui non condiviso, infatti, quando la stazione appaltante non può detrarre l’IVA l’aggiudicazione dovrebbe avvenire considerando anche l’incidenza dell’IVA mentre se la stazione appaltante può detrarre l’IVA l’aggiudi-cazione dovrebbe avvenire valutando le offerte al netto dell’IVA.

In secondo luogo, ritenere rilevante nella valutazione dell’of-ferta economica l’IVA da applicare, potrebbe determinare risultati economici aleatori per la stessa stazione appaltante.

L’offerta rite-nuta non conveniente in un dato momento storico potrebbe divenire conveniente in un momento successivo a seguito della riduzione (tramite novella legislativa) dell’aliquota IVA. All’uopo, pur non essendo questo il caso sottoposto all’attenzione del Collegio, si consideri ipoteticamente una gara nella quale un primo soggetto propone il prezzo di 100, oltre IVA al 21%, e dunque determina un esborso complessivo per l’amministra-zione per 121; si prenda in considerazione altresì l’offerta di un secondo operatore che prevede il prezzo complessivo di 119 senza applicare l’IVA perché esente con conseguente spesa finale per l’amministrazione per 119. Applicando al caso prospettato il principio non accolto da questo Consiglio dovrebbe essere dichiarata aggiudicataria l’offerta esente da IVA perché complessivamente più vantaggiosa per l’amministrazione. Tuttavia, qualora per effetto di una (possibile) modifica tributaria l’aliquota IVA su quelle determinate prestazioni dovesse essere ridotta di tre punti percentuali, l’offerta originariamente non aggiudicataria diventerebbe più conveniente e l’amministra-zione, ormai vincolata all’offerta pari a 119, si troverebbe a pagare un prezzo maggiore. Può prospettarsi anche l’ipotesi esattamente opposta, ossia quella di un’offerta conveniente in un dato momento storico che diventa non conveniente in un momento successivo a seguito della modifica, sempre tramite novella legislativa, dell’aliquota IVA. Potrebbe accadere infatti che dopo l’aggiudicazione ad un soggetto che ha proposto un prezzo finale migliore per il solo fatto che le sue prestazioni erano esenti da IVA, il legislatore decida di mutare il regime e di assoggettare tali prestazioni ad IVA, così alterando il riferimento economico che era stato preso in considerazione al momento dell’aggiu-dicazione.
In terzo luogo va rilevato che considerando il regime IVA al momento della valutazione dell’offerta si determinerebbe indirettamente un indubbio vantaggio nel campo degli appalti pubblici in favore di soggetti che godono, come potrebbe essere nell’odierna fattispecie, dell’esenzione dell’IVA. Tale privilegio, tuttavia, determinerebbe un’alterazione delle regole della concorrenza con conseguente danno per gli altri soggetti che operano in quel mercato senza godere dell’agevolazione. In altri termini il principio per cui la stazione appaltante può/deve valutare l’incidenza dell’IVA sul prezzo proposto comporterebbe “evidenti effetti distorsivi della concorrenzialità” perché si avvantaggerebbero alcuni operatori sottoposti a regime più favorevole rispetto ad altri assoggettati a regime meno favorevole senza alcun collegamento con il valore, sotto il profilo del prezzo o della qualità-prezzo, del bene o servizio offerto che, invece, deve fungere da esclusivo parametro per valutare la concorrenzialità dell’offerta a prescindere dall’esborso finale cui va incontro la stazione appaltante anche perché, come prima dimostrato, non sempre è esclusa la detraibilità dell’IVA versata

a cura di Sonia Lazzini

Passaggio tratto dalla decisone numero 324 dell' 11 marzo 2013 pronunciata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana   

venerdì 29 marzo 2013

anche dopo il principio tassatività cause esclusione, non si puo' non presentare il modella Gap

appalto integrato: e’ legittima la  clausola del disciplinare attraverso la quale è comminata l’esclusione della concorrente che non abbia presentato il modello GAP

la rilevanza sostanziale dell'interesse pubblico, sotteso alla clausola inosservata, implica, pur in difetto di espressa previsione della "lex specialis", l'esclusione dalla gara dell'impresa resasi inadempiente

in applicazione all' art. 46, comma 1-bis del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 la funzione di intermediazione delle prescrizioni contenute nella lex specialis rispetto ad una superiore volontà normativa non può che limitarsi ad una ricognizione di precetti e sanzioni espulsive rinvenienti la loro fonte nel codice, nel regolamento ed in altri atti di normazione primaria.
Non ricorrendo tra le fonti normative richiamate dall’art. 46, comma 1 bis, nessuna possibilità per la stazione appaltante, in sede di redazione della legge di gara, di compiere scelte circa l’inserimento di una comminatoria di espulsione in ipotesi di inosservanza di specifiche prescrizioni, resta affidato all’interprete il compito di verificare se la fonte normativa contenga tale sanzione.
L’indagine sarà, ovviamente, di agevole esito nei casi in cui l’esclusione sia espressamente prevista dalla norma, mentre più difficile appare la qualificazione normativa della fattispecie nelle ipotesi in cui l’interpretazione letterale debba essere sostituita o integrata da quella funzionale


A cura di Sonia Lazzini

Passaggio tratto dalla sentenza   numero 1403  del 12 marzo 2013 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

concessione di servizi_la richiesta di cauzioni è lasciata alla discrezionalità della stazione appaltante

CONCESSIONI DI SERVIZI_ gestione delle centrali ortofrutticole_ la norma di riferimento è l’articolo 30 del codice dei contratti che sancisce il rispetto dei principi comunitari (e non di specifiche disposizioni)

per quanto concerne la richiesta delle cauzioni, è massima la discrezionalità della stazione appaltante stante la non obbligatoria applicazione dell'articolo 75


l’art. 30, comma 3, del d,lgs. n. 163/2006 così recita: “La scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all’oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi.”.

Ebbene, osserva il Collegio che l’amministrazione comunale, avendo deciso, con riguardo alla gara informale per l’assegnazione della centrale lato sud-est, di estendere gli inviti a tutti gli operatori mercatali del MOG, non poteva non adottare lo stesso criterio anche per la coeva procedura per l’assegnazione della centrale lato sud-ovest, atteso che si trattava di gare per l’affidamento di servizi di carattere identico, per le quali non sono ipotizzabili differenti modalità di accesso. L’aver circoscritto gli inviti, in tale ultima procedura, solo ai cinque operatori mercatali del MOG che avevano manifestato interesse per la gestione delle centrali ortofrutticole, costituisce violazione dei principi di non discriminazione e di parità di trattamento, dal momento che ha consentito soltanto a tali cinque operatori di partecipare ad entrambe le gare informali ed a concorrere per le rispettive centrali ortofrutticole, mentre analoga possibilità non è stata concessa ai rimanenti operatori mercatali, costretti a contendersi solo l’assegnazione della centrale lato sud-est

A cura di Sonia Lazzini

Passaggio tratto dalla sentenza   numero 933  del 20 febbraio 2013 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

obbligo ex art 38 anche amministratori società che partecipano procedimento incorporazione o fusione

ATTENZIONE:

La decisione dell’Adunanza Plenaria n. 21 intervenuta in data 7 giugno 2012 ha statuito che nel caso di incorporazione o fusione societaria, sussiste in capo alla società incorporante o risultante dalla fusione l’onere di presentare la dichiarazione relativa al requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006 anche con riferimento agli amministratori ed ai direttori tecnici che hanno operato presso la società incorporata o le società fusesi nell’ultimo triennio, ovvero che sono cessati dalla relativa carica in detto periodo

L’art. 38, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006, sia prima che dopo l’entrata in vigore del d.l. n. 70 del 2011, pertanto, impone la presentazione di una dichiarazione sostitutiva completa, a pena di esclusione, anche per gli amministratori delle società che partecipano ad un procedimento di incorporazione o di fusione


L’Adunanza Plenaria, tenuto conto della precedente incertezza giurisprudenziale, giunge alla conclusione che i concorrenti che omettono la dichiarazione possono essere esclusi dalle gare - in relazione alle dichiarazioni rese ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. c) - fino alla data di pubblicazione della decisione medesima (7 giugno 2012) solo se il bando espliciti tale onere di dichiarazione e la conseguente causa di esclusione; in caso contrario, l’esclusione può essere disposta solo ove vi sia la prova che gli amministratori per i quali è stata omessa la dichiarazione hanno pregiudizi penali.

PASSAGGIO TRATTO DALLA decisione  numero 1411  dell' 8 marzo 2013 pronunciata dal Consiglio di Stato
Nel caso in esame, il punto 13.1 del bando (requisiti generali) prevede che siano attestate da tutti i soggetti che intendono partecipare l’assenza delle condizioni di cui all’art. 38 cit., specificamente elencate.
Il punto 3 del disciplinare di gara prevede espressamente che tutti i soggetti componenti il raggruppamento (soggetto finanziatore, soggetto realizzatore e progettista) devono dichiarare di non trovarsi in una delle condizioni previste dall’art. 38, comma 1, del d.l.vo 163/06.
In particolare, al punto 3d) è specificato che deve essere dichiarato da tutti i soggetti indicati dall’art. 38, comma 1, lett. b e c, (ossia per le società per azioni, da amministratori muniti di potere di rappresentanza e direttori tecnici) se risultano (o non risultano, alternativamente),per ciascuno dei componenti del raggruppamento, soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando.
In tale ipotesi, il capitolato prevede ulteriormente (in neretto) che per i soggetti cessati dalla carica “ in caso di pronuncia di condanne penali di cui alla lett. b) l’impresa potrà essere ammessa a gara solo presentando a corredo della dichiarazione la documentazione idonea e sufficiente a dimostrare di aver adottato atti e misure di completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata.”.
Ritiene il Collegio, pertanto, che sia evidente come la lex di gara abbia previsto, pena l’esclusione, l’obbligo di rendere la dichiarazione ex art. 38 cit. per gli amministratori con potere di rappresentanza cessati dalla carica nel triennio( tra questi, va incluso anche il Vice Presidente del Consiglio di Amministrazione, in quanto soggetto titolare, a norma di statuto, degli stessi poteri di amministrazione e di rappresentanza spettanti al Presidente in caso di assenza o di impedimento dello stesso – cfr. Consiglio di Stato sez. V, 8 novembre 2012, n. 5693).
La lex di gara, tuttavia, non ha previsto espressamente il medesimo obbligo a carico degli amministratori di società fuse per incorporazione; essi, però, ad avviso del Collegio, debbono ritenersi inclusi tra gli “amministratori cessati nel triennio” considerato il profilo della sostanziale continuità del soggetto imprenditoriale risultante dalla fusione societaria a cui si riferiscono, sicché l’amministratore cessato dalla carica appartenente alla società incorporata è identificabile come interno al concorrente.
Come evidenzia la stessa Adunanza Plenaria n. 21/2012, difatti, nelle ipotesi di fusione o di incorporazione di società, ancorché venute in essere antecedentemente all'avvio della gara, si realizza, anche se non la fattispecie di successione a titolo universale, “ l'integrazione reciproca delle società partecipanti all'operazione, ossia una vicenda meramente evolutiva del medesimo soggetto, che conserva la propria identità pur in un nuovo assetto organizzativo (Cass. civ. sez. un., 8 febbraio 2006, n. 2637).” Ritenuta la continuità nel nuovo soggetto, perdura, per le società che proseguono sotto la nuova identità della società incorporante l'onere di rendere la dichiarazione relativa ai propri amministratori cessati.
In altri termini, la società incorporante o risultante dalla fusione, non è un soggetto "altro" e "diverso", ma semmai un soggetto composito in cui proseguono la loro esistenza le società partecipanti all'operazione di incorporazione e, per l'effetto, non si possono considerare "altrui" gli amministratori che sono amministratori di un soggetto che è parte del tutto e che conserva la sua identità originaria sotto una diversa forma giuridica.
Diversamente opinando, le operazioni di fusione tra società finirebbero per prestarsi alla elusione dello scopo perseguito con la preclusione di cui all’art. 38 cit., da individuarsi sicuramente in quello di impedire anche solo la possibilità di inquinamento dei pubblici appalti, derivante dalla partecipazione alle relative procedure di soggetti di cui sia accertata la non affidabilità sul piano morale e professionale.

possibili deroghe in caso di un appalto di servizi di cui all’allegato II B codice dei contratti

ATTENZIONE:

anche per gli  appalti di servizi di cui all’allegato II B codice dei contratti pubblici _ affidamento servizi vari relativi a elaborati progetto di collegamento stradale _vi possono essere deroghe alla  normativa di base, da specificarsi nella lex specialis di gara


Non è contestato dalle parti che si tratta di un appalto di servizi di cui all’allegato II B codice dei contratti ubblici d’appalto (artt. 20 e 27, d.lgs. n. 163/2006), cui non si applicano in via diretta le disposizioni in tema di requisiti generali (art. 38), requisiti di qualificazione, controllo a campione del possesso dei requisiti (art. 48).
Pertanto, legittimamente la stazione appaltante ha fissato i requisiti in via di autolimitazione e ha disciplinato il relativo procedimento per la loro dimostrazione.


PASSAGGIO TRATTO DALLA decisione  numero 1508  del 13 marzo 2013 pronunciata dal Consiglio di Stato
La lettera del 17 novembre 2008 ha imposto alle parti la dimostrazione entro un termine perentorio di requisiti diversi da quelli di moralità previsti dall’art. 38, codice appalti.
Infatti i requisiti dell’art. 38 codice appalti sono indicati nel punto 5.1.a) della lettera invito, laddove la lettera del 17 novembre 2008 chiede la dimostrazione entro un termine perentorio dei requisiti ulteriori, indicati nei punti 5.1. lett. b), c), d), e), lettera invito, e non nel punto 5.1.a).
Quanto alla asserita successiva integrazione di tale lettera del 17 novembre 2008, secondo quanto si legge nel verbale 4 dicembre 2008 della Commissione di gara, non si evince in alcun modo che fosse stato fissato un termine perentorio per la dimostrazione dei requisiti di cui al punto 5.1.a) della lettera invito.
Nulla in tal senso si afferma nel citato verbale 4 dicembre 2008.
A sua volta, l’atto integrativo, del 24 novembre 2008, invita i concorrenti all’invio dei certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti, ovvero alla compilazione di atto di delega alla stazione appaltante per l’acquisizione da parte di essa, ma non fissa alcun termine perentorio, essendo piuttosto strutturato come una richiesta di collaborazione

tutte le clausole lex specialis di gara che prevedono l'esclusione devo essere lette con art 46, c 1 bis

ATTENZIONE:

IL CONSIGLIO DI STATO sancisce che il principio della tassatività delle cause di esclusione di cui all'articolo 46 comma 1 bis del codice dei contratti_in vigore da maggio 2011_ deve essere considerato << principio generale interpretativo>>


e' giusto ricordare che, per oramai giurisprudenza consolidata, in base a detto principio, una cauzione insufficiente non è piu' legittima causa di esclusione


l’interpretazione delle clausole munite di sanzioni espulsive va condotta necessariamente alla luce dell’art. 46, c. 1-bis del Dlg 12 aprile 2006 n. 163 (che assurge al rango di principio generale interpretativo),
ossia per i casi previsti dalla legge, nonché in quelli «… di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell'offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente l'offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte…».

Poiché nella specie, i plichi della controinteressata son stati verificati integri, completi, sicuramente provenienti e sottoscritti da questa e non manca l’atto richiesto, quello sì inderogabilmente, non è possibile interpretare la vicenda in esame fuori dal principio di tassatività delle cause d’esclusione indicati dalla norma.


PASSAGGIO TRATTO DALLA decisione  numero 1533  del 14 marzo 2013 pronunciata dal Consiglio di Stato
Il Collegio esamina anzitutto, posto che è l’appellante stessa a considerarlo assorbente, il terzo motivo di gravame, ossia quello della violazione della lex specialis della procedura negoziata in esame, per esser stata rinvenuta, nella busta della documentazione amministrativa, la domanda di autorizzazione di commercio all’ ingrosso di farmaci e non in quella della documentazione tecnica.
Ebbene, non sfugge certo al Collegio che la stazione appaltante, al momento d’invitare le imprese alla procedura negoziata a seguito d’una precedente gara pubblica andata deserta ha posto, tra l’altro, la precisazione vincolante, in virtù della quale «… deve essere fornita, al momento della presentazione dell’offerta, all’interno della busta contenente la documentazione tecnica, l’autorizzazione alla distribuzione all’ingrosso del magazzino o documento sostitutivo…». Né è smentito in fatto, ché anzi ciò s’evince dal verbale del seggio di gara nella prima seduta in data 18 ottobre 2011, il predetto rinvenimento della domanda di autorizzazione nella busta inerente alla documentazione amministrativa.
Tuttavia, tale vicenda non integra affatto un inadempimento della legge di gara, perché è lo stesso seggio di gara a dare atto che, nella busta della documentazione tecnica dell’aggiudicataria, è pure presente il predetto documento.
Inoltre, non v’è inadempimento anche perché, come evincesi dalla serena lettura della precisazione vincolante, il documento de quo era obbligatorio in sé e non nella sua collocazione specifica, in un luogo, piuttosto che in un altro. Ciò ben evincesi, a fronte d’un così testuale richiamo dell’appellante alla citata prescrizione vincolante, dalla parimenti rigorosa indicazione per cui quest’ultima è appunto «… vincolante così come tutti i documenti previsti all’art. 12 del capitolato… (della precedente gara pubblica – NDE)», onde tale vincolatezza concerne il possesso del requisito che il documento prova e l’atto in sé. Invero, tale collocazione si appalesa irrilevante, appunto a causa della non assoggettabilità di detto documento a qualunque punteggio e, quindi, esso serve a dimostrare un requisito inderogabile, ma non è in grado d’alterare né la par condicio tra le imprese, né la valutazione complessiva delle offerte di tutti e di ciascun partecipante. Né basta invocare, come fa l’appellante, l’art. 8 del medesimo capitolato, giacché la redazione ed il confezionamento, che la norma di gara intende presidiare con la sanzione espulsiva, sono quelli che servono a comprovare in modo rigoroso e garantito —ossia munito di segni non alterabili in sé ed insuperabili (se non dal seggio di gara e nelle dovute forme)—, l’esatto possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura.

ogni rappresentante legale deve dichiarare il possesso dei requisiti morali ex art 38

ATTENZIONE:

IL CONSIGLIO DI STATO sull'articolo 38 ci insegna che <<la ratio della norma è, quella di tutelare il buon andamento dell'azione amministrativa per evitare che l'amministrazione entri in contatto con soggetti privi di affidabilità morale e professionale>>

a tal fine, anche l'escussione della cauzione provvisoria in caso di mancata dimostrazione dei requisiti morali, rientra nella tutela dell'interesse pubblico a sottoscrivere contratti con soggetti moralmente idonei


l'art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, nella parte in cui elenca le dichiarazioni di sussistenza dei requisiti morali e professionali richiesti ai fini della partecipazione alle procedure di gara, assume come destinatari tutti coloro che, in quanto titolari della rappresentanza dell'impresa, siano in grado di trasmettere al soggetto rappresentato la riprovazione dell'ordinamento nei riguardi della loro personale condotta

Nella fattispecie in esame, specificamente l’avviso di gara richiamava l’obbligo predicato dal citato art. 38 a carico di tutti i legali rappresentanti dell’impresa concorrente, da assolversi mediante dichiarazione personalmente sottoscritta. Tale obbligo, come si è detto, non è stato assolto da parte del presidente del consiglio di amministrazione, anch’esso munito di rappresentanza legale; né può ritenersi che la dichiarazione, resa dall’amministratore delegato, riferita all’assenza di condizioni di esclusione per l’intera società possa integrare quanto richiesto dalla legge di gara, poiché, come si è detto, l’autocertificazione richiesta vale anche quale assunzione di responsabilità personale da parte del singolo onerato, che l’avviso di gara specificamente indica, in caso di pluralità di rappresentanti legali, in ognuno di essi.

PASSAGGIO TRATTO DALLA decisione  numero 11551  del 15 marzo 2013 pronunciata dal Consiglio di Stato
Giova premettere che l’avviso della gara in esame espressamente disponeva, al punto 14, l’obbligo di allegazione, da parte delle imprese che chiedevano l’ammissione, della dichiarazione circa l’assenza di cause di esclusione di cui all’art. 38 d.lgs. n. 163/2006; tale dichiarazione doveva essere sottoscritta “dal legale rappresentante o dai legali rappresentanti dell’impresa”.
Si ricava dal dato testuale che la dichiarazione doveva essere resa dal legale rappresentante o dai legali rappresentanti, a seconda, evidentemente, che uno o più fossero i legali rappresentati, e che tante dovessero essere le dichiarazioni quanti i legali rappresentanti: diversamente, la dichiarazione di uno solo sarebbe stata comunque sufficiente per l’intera impresa, e nessuna ragione avrebbe richiesto la sottoscrizione plurima.
Tale portata soggettiva dell’obbligo imposto dalla legge di gara è, del resto, consono all’oggetto e alla natura stessa della dichiarazione richiesta: che, consistendo in una situazione soggettiva (di mancanza di cause morali di esclusione), non può che ricadere nella conoscenza e nella responsabilità del dichiarante. Del resto, la stessa portata della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, consentita sotto forma di autocertificazione dagli artt. 45 e 47 dpr n. 445 del 2000, attiene appunto a stati o qualità personali, tra i quali l’assenza dei precedenti penali elencati dall’art. 38 d.lgs. n. 163/2006 assicura l’affidabilità del soggetto al quale è attribuito il potere di rappresentare la società.

egittimo inserimento parametri imprenditoriali soggettivi negli elementi oggettivi di valutazione dell’offerta tecnica

nel caso in cui l’offerta tecnica abbia ad oggetto non un progetto o un prodotto, bensì un facere da valutare sulla base di criteri quali-quantitativi tra cui la pregressa esperienza dell’operatore e la solidità ed estensione della sua organizzazione imprenditoriale, il divieto generale di commistione tra le caratteristiche oggettive dell’offerta (criteri di selezione dell’offerta) e i requisiti soggettivi dell’impresa concorrente (criteri di selezione dell’offerente), assume una valenza attenuata,

nel senso che dagli aspetti organizzativi d’impresa e dall’esperienza maturata da un concorrente ben possono trarsi indici significativi dell’affidabilità dell’incarico e della qualità delle prestazioni professionali richiesti dalla stazione appaltante (cfr., ex multis, Cons. St., sez. V, 02.10. 2009, n. 6002 e Cons. St., sez. IV, 25.11.2008, n. 5808).

Orbene, osserva il Collegio che i requisiti chiesti dal bando per l’affidamento del servizio in questione, quali “l’esperienza maturata nella consulenza del lavoro” ovvero “l’esperienza specifica sul campo”, nonché le esperienze pregresse dei singoli professionisti, rappresentano indubbiamente indici significativi della qualità della prestazione direttamente riconducibili, come tali, alle caratteristiche obiettive dell’offerta esplicitate nella lex specialis di gara e, dunque, adatti a porsi quali parametri di valutazione relativi al merito tecnico.
In conclusione, posto che l’offerta tecnica oggetto dell’impugnato capitolato speciale d’appalto consiste essenzialmente in un facere, le doglianze dedotte avverso l’inserimento di parametri imprenditoriali soggettivi all’interno degli elementi oggettivi di valutazione dell’offerta tecnica, non possono trovare accolgimento

Passaggio tratto dalla sentenza   numero 379  del 14 marzo 2013 pronunciata dal Tar Veneto, Venezia

onere di dimostrare assenza aliunde perceptum non può che gravare sulla società ricorrente

Il periodo di gestione del servizio in questione risulta consumato e non vi può essere ripetizione dell'attività amministrativa, per cui non vi può essere spazio per un risarcimento in forma specifica.
Ne consegue che l’oggetto del presente giudizio si sposta sulla pretesa risarcitoria per equivalente, avanzata in via subordinata dalla società ricorrente.

In materia di appalti pubblici, in base ai principi enunciati dalla giurisprudenza comunitaria (cfr. Corte Giust. CE, sez. III, 30/9/2010, C314/2009), è da escludere che il risarcimento dei danni sia subordinato al riconoscimento di una colpa, comprovata o presunta, nella emanazione di atti illegittimi da parte della stazione appaltante, ovvero al difetto di alcuna causa di esonero di responsabilità (cfr. Cons. St., sez. V, 16/1/2013, n. 240).

Poiché, tuttavia, non può essere pacifico che la società ricorrente avrebbe certamente conseguito l’aggiudicazione della gara, come pure non può tassativamente escludersi che un tale evento si sarebbe verificato, il pregiudizio è risarcibile unicamente come perdita di chance.
Infatti, la chance costituisce lo strumento mediante il quale sono ammesse alla tutela risarcitoria le legittime aspettative di vantaggi patrimoniali proiettati nel futuro, attraverso una prognosi probabilistica della possibilità di conseguire l’aggiudicazione legata agli esiti non conoscibili di una ipotetica procedura virtuale.
Tanto premesso, il danno va quantificato nella misura del lucro cessante, consistente negli utili ricavabili dall’appalto, diviso per due, e cioè per il numero dei concorrenti che avevano originariamente partecipato alla procedura aperta e che ragionevolmente avrebbero avuto titolo e concreto interessamento a partecipare anche alla procedura negoziata.
In difetto di concreti elementi dai quali desumere l’entità dell’utile effettivamente ricavabile dall’appalto in questione o da appalti di tipologia analoga, l’entità complessiva del lucro cessante va equitativamente fissata, ai sensi dell’art. 1226 c.c., nella misura del 10% onnicomprensivo sull’ammontare complessivo dei compensi liquidati all’appaltatrice per l’affidamento del servizio in esecuzione del contratto stipulato a seguito della procedura negoziata.
L’utile così determinato è da dividere alla metà.
Tuttavia, tale profitto può essere risarcito per intero se e in quanto l'impresa sia in grado di documentare di non aver potuto utilizzare mezzi e maestranze, lasciati disponibili, per l'espletamento di altri servizi (cfr. Cons. St., sez. VI, 18/3/2011, n. 1681).
Quando tale dimostrazione non sia offerta, come nella specie, è da ritenere, in base ad una presunzione fondata sull'id quod plerumque accidit, che l'impresa possa avere ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri servizi, così vedendo in tutto o in parte ridotta la perdita di utilità. Infatti, l'imprenditore che esercita professionalmente un'attività economica organizzata finalizzata alla produzione di utili, normalmente non rimane inerte in caso di mancata aggiudicazione di un appalto, ma si procura affari alternativi dalla cui esecuzione trarre profitti
Ne consegue che l'importo risarcibile va ulteriormente ridotto in via equitativa alla metà, non risultando lo svolgimento di diverse attività lucrative, nel qual caso sarebbe stato detratto l’utile percepito, onde evitare che l’impresa, a seguito del risarcimento, possa trovarsi in una situazione addirittura migliore rispetto a quella in cui si sarebbe trovata in assenza dell'illecito.
In base all’art. 64, co. 1, del c.p.a., l'onere di dimostrare adeguatamente l'assenza dell'”aliunde perceptum” non può che gravare sulla società ricorrente, che ha la esclusiva disponibilità degli elementi di prova al riguardo.
All’ammontare del danno vanno aggiunti gli interessi nella misura legale dalla data della pubblicazione della sentenza fino all'effettivo soddisfo

Passaggio tratto dalla sentenza   numero 1467  del 14 marzo 2013 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

nella procedura negoziata non possono essere modificate in modo sostanziale le condizioni iniziali del contratto

La procedura negoziata senza pubblicazione di un bando di gara, per l’affidamento del servizio con durata di sei mesi, è stata indetta ai sensi dell’art. 57, co. 2, lett. c), del d. lgs. n. 163 del 2006. La difesa del Comune resistente rileva che la fattispecie sarebbe altresì inquadrabile nell’ambito applicativo dell’art. 57, co. 2, lett. a), del citato d. lgs. n. 163.

Giova rammentare che l’art. 57 dispone quanto segue: “1. Le stazioni appaltanti possono aggiudicare contratti pubblici mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara nelle ipotesi seguenti, dandone conto con adeguata motivazione nella delibera o determina a contrarre. 2. Nei contratti pubblici relativi a lavori, forniture, servizi, la procedura è consentita: a) qualora, in esito all’esperimento di una procedura aperta o ristretta, non sia stata presentata nessuna offerta, o nessuna offerta appropriata, o nessuna candidatura. Nella procedura negoziata non possono essere modificate in modo sostanziale le condizioni iniziali del contratto. Alla Commissione, su sua richiesta, va trasmessa una relazione sulle ragioni della mancata aggiudicazione a seguito di procedura aperta o ristretta e sulla opportunità della procedura negoziata; … c) nella misura strettamente necessaria, quando l’estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti, non è compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette, o negoziate previa pubblicazione di un bando di gara. Le circostanze invocate a giustificazione della estrema urgenza non devono essere imputabili alle stazioni appaltanti.”.

Orbene, l’urgenza derivante dalla circostanza che una precedente gara sia andata deserta per mancanza di offerte valide è regolato specificamente dalla lettera a). In tal caso la stazione appaltante deve, per bandire una procedura negoziata senza pubblicazione di bando, osservare le condizioni dettate dalla medesima disposizione di cui alla lettera a).
E’ da escludere che la stazione appaltante possa sottrarsi al rispetto di tali condizioni facendo rientrare la fattispecie nel caso generale della “estrema urgenza” di cui alla lettera c), poiché altrimenti la normativa in questione, avente carattere dichiaratamente eccezionale, potrebbe essere agevolmente elusa mediante indizione di gare con condizioni impraticabili, in partenza destinate ad andare deserte, allo scopo di aprire la strada a procedure negoziate indette per una “estrema urgenza”, sostanzialmente provocata dalla stessa stazione appaltante, senza l’osservanza dei limiti imposti dalla lett. a).
La norma in esame richiede tassativamente che nella procedura negoziata non siano modificate in modo sostanziale le condizioni iniziali del contratto.
Ebbene nella specie le condizioni iniziali del contratto risultano sostanzialmente modificate, secondo quanto denunciato dalla società Ricorrente, tant’è che la disposizione di cui alla lett. a) neppure è richiamata a sostegno dell’indizione della procedura in questione.
Sotto questo profilo le doglianze dedotte dalla ricorrente sono dunque fondate

Passaggio tratto dalla sentenza   numero 1467  del 14 marzo 2013 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

la scelta delle ditte invitate non risulta sorretta da alcuna particolare motivazione

Giova altresì soggiungere che, anche per quanto riguarda la selezione delle imprese da invitare alla procedura, le censure proposte con i motivi aggiunti si rivelano fondate.

L’art. 57, co. 6, del d. lgs. n. 163 del 2006 prevede che “ove possibile, la stazione appaltante individua gli operatori economici da consultare sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di qualificazione economico - finanziaria e tecnico - organizzativa desunte dal mercato, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione, e seleziona almeno tre operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei …”.
Sennonché la scelta delle ditte invitate non risulta sorretta da alcuna particolare motivazione.
Basti semmai rilevare che neppure è stata invitata la società Ricorrente, che pure aveva manifestato un concreto ed attivo interesse per l’affidamento del servizio, a nulla rilevando la disposta esclusione dalla gara per l’affidamento del servizio triennale per le considerazioni già sopra esposte nel precedente paragrafo 3.1

Passaggio tratto dalla sentenza   numero 1467  del 14 marzo 2013 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

legittima esclusione per irregolarità relative chiusura plichi idonee ad incidere principio segretezza offerte

le modalità di chiusura prescritte dal disciplinare di gara rispondono all'esigenza di garantire che il plico non possa essere aperto se non a prezzo di manometterne visibilmente la chiusura.
A tal scopo è richiesta non solo la sigillatura dei plichi (nella specie mediante nastro adesivo), ma anche la timbratura e/o la controfirma, in modo da avere certezza che la sigillatura sia stata effettivamente apposta dal mittente e non sia stata aggiunta, su alcuno dei lembi, successivamente.

In definitiva, senza timbratura e controfirma, non vi può essere la certezza che la sigillatura su quel lembo sia stata opposta all’origine dal mittente che dispone del timbro e della firma, e quindi neppure vi può essere certezza che, dopo la spedizione, un lembo del plico non sia stato aperto e solo successivamente sigillato con il nastro adesivo.
Sull’argomento, non solo la disciplina di gara, ma anche l’art. 46, co. 1-bis, del codice degli appalti pubblici prevede espressamente e tassativamente l’esclusione nel caso di “irregolarità relative alla chiusura dei plichi” concretamente idonee ad incidere sul principio di segretezza delle offerte

Passaggio tratto dalla sentenza   numero 1467  del 14 marzo 2013 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

appalti in economia_applicazione dell'art 75 solo se espressamente richiamato nella lex specialis di gara

in caso di affidamento in economica, è la lex specialis di gara a decidere sulla cauzione provvisoria; ma forse non è cosi’ per quanto riguarda la richiesta della fideiussione definitiva

In via preliminare il Collegio deve passare in esame il motivo di gravame proposto in via incidentale con cui il contro interessato afferma che il ricorrente principale avrebbe dovuto essere escluso dalla procedura di gara per non aver presentato l’impegno di un fideiussore a rilasciare la garanzia per l’esecuzione del contratto ai sensi dell’art. 75, comma 8, del d.lg.s 163/2006.
Il motivo è infondato e va, pertanto, respinto.
Osserva, infatti, il Collegio che nel caso in cui, come quello di specie, si tratti di un appalto sotto soglia da aggiudicarsi mediante l’espletamento di procedure di acquisizione in economia di servizi e forniture,

la stazione appaltante non è obbligata a richiedere l’inclusione nelle domande di partecipazione alla gara di una garanzia fideiussoria per l’esecuzione del contratto, atteso che l’art. 125 del codice dei contratti pubblici, recante la disciplina delle menzionate procedure in economia e per cottimo fiducario, non contiene alcun rinvio alla garanzia di cui all’art. 75, comma 8, del d.lgs. 163/2006, la quale può trovare applicazione soltanto nel caso in cui, ma non è quello di specie, la stazione appaltante l’abbia espressamente richiamata nella lex specialis di gara.

Passaggio tratto dalla sentenza   numero 379  del 14 marzo 2013 pronunciata dal Tar Veneto, Venezia

concessione di servizi_maggior elasticità nel riammettere impresa sprovvista di cauzione provvisoria

CONCESSIONI DI SERVIZI_ affidamento in gestione della piscina comunale_deve essere la lex specialis di gara a specificare in quale busta la cauzione provvisoria debba essere inserita

Con la prima censura viene lamentata la mancata esclusione della controinteressata, in applicazione dell’art. 75 del D.Lgs. n. 163/2006 e degli artt. 11 e 15 del Bando, poiché la cauzione provvisoria non era stata allegata all’offerta (e inserita nella relativa busta). Detta carenza veniva illegittimamente sanata attraverso deposito effettuato durante la gara, prima dell’apertura della busta A, quindi oltre i termini prescritti per la presentazione del plico.
La censura va disattesa.

Al riguardo va osservato che il bando, pur richiedendo la cauzione provvisoria (art. 15), non spiegava tuttavia in quale busta andava inserita, limitandosi semplicemente a prescrivere che “in sede di offerta dovrà essere presentata una cauzione pari ad € 500,00”.
Per quanto l’art. 75 del D.Lgs. n. 163/2006 (anch’esso richiamato dall’art. 15 del Bando) consideri tale garanzia un elemento di corredo dell’offerta, spetta comunque alla stazione appaltante, attraverso la lex specialis, fornire indicazioni chiare e precise su come confezionare il plico contenente offerta e documenti di corredo, evitando formulazioni ambigue e/o lacunose che possano poi ripercuotersi negativamente sugli offerenti attraverso la c.d. caccia agli errori.
Correttamente, pertanto, la stazione appaltante ha ammesso l’integrazione spontanea in sede di gara attraverso l’applicazione del dovere di soccorso, oggi ancora più vincolante dopo l’aggiunta, all’art. 46 del D.Lgs. n. 163/2006, del comma 1-bis volto a disciplinare il principio di tassatività delle cause di esclusione

Passaggio tratto dalla sentenza   numero 213  del 13 marzo 2013 pronunciata dal Tar Marche, Ancona

concessione di servizi_solo se previsto dalla lex specialis di gara, obbligatorio impegno per definitiva

CONCESSIONI DI SERVIZI_ affidamento in gestione della piscina comunale_doverosa applicazione dell’art. 75 comma 8 del D.Lgs. n. 163/2006 solo se espressamente prevista dalla lex specialis di gara

Viene altresì lamentata la mancata esclusione della controinteressata, in applicazione dell’art. 75 comma 8 del D.Lgs. n. 163/2006 e degli artt. 15 e 16 del Bando, poiché non corredava la propria offerta con l’impegno di un fideiussore a rilasciare la garanzia per l’esecuzione del contratto di cui all’art. 113 del D.Lgs. n. 163/2006.
La censura non merita condivisione.

Al riguardo va osservato che l’art. 15 del Bando disciplina esclusivamente la cauzione provvisoria, senza alcun riferimento a quella definitiva (o ad altri oneri per l’offerente), che viene disciplinata dal successivo art. 16 quale adempimento dell’aggiudicatario prima dell’avvio della gestione.
Il documento di cui si lamenta la mancanza non trova quindi riscontro in alcuna prescrizione del Bando.
Per le ragioni viste in precedenza, non potevano quindi ricadere sull’offerente carenze e lacune della disciplina di gara imputabili alla Stazione appaltante.
Peraltro la gara in oggetto riguarda una concessione di servizi riconducibile alle fattispecie di cui all’art. 30 del D.Lgs. n. 163/2006. Di conseguenza l’art. 75 comma 8 andava applicato solo se espressamente chiamato dalla lex specialis

Passaggio tratto dalla sentenza   numero 213  del 13 marzo 2013 pronunciata dal Tar Marche, Ancona

escussione polizza oneri urbanizzazione_compagnia assicurazioni per contrastare la pa deve rivolgersi giudice ordinario

per contrastare un’ingiunzione di pagamento per l’escussione di una polizza a garanzia degli oneri di urbanizzazione, la Compagnia di Assicurazioni deve rivolgersi al giudice civile (e non al Tar)

la società assicuratrice ha fatto valere ragioni inerenti il rapporto contrattuale, sostenendo che il debito relativo al pagamento della sanzione sarebbe estraneo all'oggetto della garanzia.
Pertanto, la situazione giuridica fatta valere dalla società assicuratrice, sulla base delle ragioni indicate, ha consistenza di diritto soggettivo, per la natura esclusivamente privatistica del rapporto negoziale dedotto, con conseguente appartenenza della causa alla giurisdizione del giudice ordinario

Passaggio tratto dalla sentenza   numero 238  del 14 marzo 2013 pronunciata dal Tar Abruzzo, l'Aquila
La soc. Ricorrente Assicurazioni –odierna ricorrente- premette di aver a suo tempo stipulato polizza fideiussoria con due società beneficiarie di titoli edilizi nel comune di Roseto degli Abruzzi, a garanzia del pagamento dovuto da tali società nei confronti del predetto ente, a titolo di contributi di costruzione ed urbanizzazione.
Con il gravame in epigrafe, la soc. Ricorrente Assicurazioni ha impugnato l’ingiunzione di pagamento del 29.12.2011, con cui la soc. Soget (concessionaria della riscossione del Comune di Roseto degli Abruzzi) ha ordinato alla ricorrente –in qualità di soggetto fideiussore- di corrispondere la somma complessiva di euro 16.676,41, avente ad oggetto oneri di urbanizzazione e sanzioni.
Secondo la società ricorrente, l’atto ingiuntivo sarebbe inficiato da vizi formali, da difetto di motivazione, e comunque da una sproporzionalità della pretesa, risultando le somme prevalentemente costituite da sanzioni, in quanto tali non esigibili perché non comprese nei contratti di fideiussione in questione.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di Roseto degli Abruzzi e la soc. SO.GE.T, che hanno contrastato l’avverso gravame, eccependo in primis il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo nella soggetta materia.
Con ordinanza n. 132/12 è stata accolta l’istanza incidentale di sospensiva, mentre alla pubblica udienza del 27.2.13 –dopo aver acquisito le varie memorie di replica delle parti in causa- il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Il Tribunale, re melius perpensa rispetto alla decisione assunta in sede cautelare, ritiene il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, nei sensi diffusamente esposti dalle parti resistenti.
Sul punto, è decisivo il richiamo alla pronuncia (che si condivide) del Tar Lombardia n. 2043/12, relativa ad una analoga fattispecie in cui una società di assicurazione – che aveva garantito entro un certo massimale l'obbligo del comune di pagare gli oneri di urbanizzazione relativi ad un permesso a costruire– ha agito nei confronti del Comune per ripetere quanto versato a titolo di sanzione, allegando che nell'oggetto dell'obbligazione di garanzia contrattualmente assunta non rientrava la somma dovuta per pene pecuniarie. Il Tar lombardo ha per l’appunto affermato la giurisdizione in materia del giudice ordinario, avendo ad oggetto una situazione di diritto soggettivo (ripetizione di indebito), basata su un rapporto negoziale di natura privatistica (in conformità Cassazione civile, sez. un., 16 novembre 2000, n. 1181).
Anche nella fattispecie in esame, la società assicuratrice ha fatto valere ragioni inerenti il rapporto contrattuale, sostenendo che il debito relativo al pagamento della sanzione sarebbe estraneo all'oggetto della garanzia.
Pertanto, la situazione giuridica fatta valere dalla società assicuratrice, sulla base delle ragioni indicate, ha consistenza di diritto soggettivo, per la natura esclusivamente privatistica del rapporto negoziale dedotto, con conseguente appartenenza della causa alla giurisdizione del giudice ordinario.
Per le suesposte considerazioni, il ricorso in epigrafe specificato deve essere dichiarato inammissibile, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 11 c.p.a., per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi di controversia attratta nella giurisdizione dell’A.G.O.
A cura di Sonia Lazzini