mercoledì 29 agosto 2012

esclusione mancata presentazione impegno definitiva è espressamente prevista legge

vige l’obbligo di legge ad escludere la concorrente che, qualunque forma di presentazione della garanzia provvisoria abbia scelto, non allega all’offerta l’impegno di un fideiussiore ad emettere, in caso di aggiudicazione, la fideiussione definitiva


merita ricordare che mentre la GARANZIA provvisoria, a scelta dell’offerente, può essere presentata quale CAUZIONE O FIDEIUSSIONE, la garanzia definitiva può essere emessa solo da un FIDEIUSSORE a ciò debitamente autorizzato
MA VI E’ DI PIU’

qualora la fideiussione provvisoria sia stata emessa come da dm 123/2004, l’impegno di cui sopra è già presente nelle condizioni di polizza e quindi, salvo espressa richiesta particolare della lex specialis di gara, non vi è necessità di un impegno separato rispetto alla fideiussione stessa
a cura di Sonia Lazzini
l’art. 75, comma 8 del codice dei contratti pubblici stabilisce che l'offerta è altresì corredata, a pena di esclusione, dall'impegno di un fideiussore a rilasciare la garanzia fideiussoria per l'esecuzione del contratto, di cui all'articolo 113, qualora l'offerente risultasse affidatario;

- l’impegno previsto dalla norma si connette ai caratteri propri della cauzione definitiva ed è indipendente dal tipo di cauzione provvisoria depositata;

- l’esclusione in mancanza di presentazione dell’impegno è espressamente prevista dalla legge con norma che integra la disciplina del bando, del tutto indipendentemente dalle sue più o meno puntuali prescrizioni


passaggio tratto dall’ordinananza numero 996 del 12 luglio 2012 pronunciata dal Tar Lombardia, Milano

nessuna norma impone presentare oltre polizza anche ricevuta pagamento premio

viene rigettato il ricorso nel quale si sostiente che la controinteressata doveva essere esclusa dalla gara in quanto la polizza fideiussoria prodotta in gara a titolo di cauzione provvisoria “manca della firma dell’agente apposta per quietanza del versamento del premio e dunque non risulta attivata”.

La censura è da disattendere, posto che (a prescindere dalla circostanza che identica evenienza si sarebbe verificata, secondo quanto rappresenta Ricorrente , per la cauzione provvisoria prodotta in gara da Controinteressata 3 spa) l’art. 75 del D.Lgs. n. 163/2006 e la lex specialis non impongono (tanto meno a pena di esclusione) di presentare oltre alla polizza (nella specie comunque conforme allo schema tipo 1.1. di cui al DM n. 123/2004) anche la ricevuta di pagamento del premio.

D’altra parte, la firma della società garante e il rilascio dell’originale per la produzione in gara (con indicazione, oltretutto, del premio per il periodo pattuito) costituivano prova in re ipsa, nel caso di cui trattasi, che la cauzione era valida ed efficace al momento della presentazione dell’offerta.


tratto dalla sentenza numero 6682 del 19 luglio 2012 pronunciata dal Tar Lazio, Roma

il Comune doveva incamerare la polizza cauzione per il pagamento degli oneri di urbanizzazione

la scelta del Comune di non incamerare la fideiussione si pone in contrasto con l’esigenza di una celere realizzazione delle opere di urbanizzazione


e determina un ingiustificato aggravamento della posizione del debitore;

Il Comune in base al principio sulla leale collaborazione tra debitore e creditore, avrebbe dovuto escutere il fideiussore in quanto l’art. 4 della polizza in data 25/3/1998 non condizionava il pagamento del debito garantito alla previa escussione del contraente;

la previsione legislativa (art. 19 L.R. 11.10.1985 n. 23) di sanzioni consistenti (fino al 100 % per pagamenti effettuati oltre i sessanta giorni dalla scadenza) per il ritardato pagamento degli oneri concessori, si giustifica con la necessità per l’Ente locale di disporre tempestivamente delle somme spettanti, atteso l’interesse pubblico alla celere realizzazione e completamento delle opere di urbanizzazione;

la sollecita escussione della polizza fideiussoria è funzionale proprio all’interesse pubblico ad ottenere, nei tempi programmati, il pagamento delle somme spettanti per oneri concessori



simile scelta non appare, pertanto, giustificabile e finisce per ledere il principio di correttezza e buona fede, tenuto conto che al privato è stato imposto un onere finanziario (costo della polizza) per una finalità (certezza di tempi nella disponibilità della somma) che l’Ente pubblico, per scelta non aderente alla funzione della disposizione normativa (art. 19 cit.), abbandona per perseguire, nella sostanza, una finalità secondaria (ottenere una consistente maggior somma) a danno del privato, il quale presumibilmente non adempie nei termini per temporanei problemi di liquidità, tenuto conto che l’obbligazione di pagamento non viene meno, ma cambia soltanto il soggetto creditore (da Comune ad assicurazione), con l’aggravio del pagamento degli interessi convenuti in polizza

Tratto dalla sentenza numero 540 del 26 maggio 2012 pronunciata dal Tar Sardegna, Cagliari

lunedì 27 agosto 2012

escussione provvisoria atto dovuto presentazione documentazione copia semplice

viene disattesa la doglianza, proposta in via subordinata, la parte ricorrente chiede l’annullamento del provvedimento impugnato nella parte in cui ha disposto l’incameramento della cauzione provvisoria e la segnalazione all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici.

Anche tale doglianza deve essere disattesa, in considerazione dell’automatismo che l’art. 48 stabilisce tra la mancata dimostrazione dei requisiti dichiarati e le conseguenze sanzionatorie, non residuando alcun potere discrezionale in capo alla stazione appaltante in ordine alla loro applicazione. “L’esclusione dalla gara costituisce, dunque, il presupposto perché si faccia luogo alle due ipotesi sanzionatorie previste dall’art. 48, comma 1, di modo che, mentre l’impresa ben può dolersi della legittimità dell’esclusione, in relazione alle ragioni che la giustificano, al contrario non costituisce oggetto di sindacato giurisdizionale – sotto il profilo dell’eccesso di potere – la successiva determinazione dell’amministrazione di incameramento della cauzione e di segnalazione all’Autorità garante, posto che esse, come la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare (Cons. Stato, sez. V, 1 ottobre 2010 n. 7263), costituiscono conseguenze del tutto automatiche del provvedimento di esclusione, come tali non suscettibili di alcuna valutazione discrezionale da parte dell’amministrazione, con riguardo ai singoli casi concreti e/o alle ragioni poste a giustificazione dell’esclusione medesima” (Consiglio di Stato, IV, 16 febbraio 2012, n. 810, cit.).

4.2. Di conseguenza anche questa doglianza va disattesa.

5. In conclusione, il ricorso per motivi aggiunti va respinto.
6. Il rigetto del ricorso per motivi aggiunti determina, come già sottolineato in precedenza, l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso introduttivo, non potendo più giovare alla parte ricorrente l’eventuale accoglimento dello stesso, attesa la non illegittimità dell’esclusione dalla gara in esito alla fase di verifica del possesso dei requisiti.


a cura di Sonia Lazzini

 sentenza numero 67 del 17 luglio 2012 pronunciata dal Tar Valle d’Aosta, Aosta

escussione legittima_ mera fotocopia non surroga atto originale o in copia autenticata

non è consetito produrre in copia semplice la documentazione a comprova del reale possesso dei requisiti speciali_va pertanto considerata legittima l'escussione della cauzione provvisoria


Non è contestato che la documentazione trasmessa dalle imprese raggruppate sia stata prodotta in copia semplice e non mediante copia conforme all’originale, come richiesto dall’art. 12 del disciplinare di gara

A fronte di una specifica previsione della lex specialis non si può invocare il principio di cui è espressione l’art. 46, comma 1-bis, del Codice dei contratti pubblici, ossia della tassatività e stretta interpretazione delle cause di esclusione dalle gare, considerato il differente ambito di applicazione della predetta norma rispetto all’art. 48 dello steso Codice, applicabile alla presente fattispecie.

La presentazione di documentazione che non sia idonea a confermare il possesso dei requisiti richiesti e dichiarati in sede di partecipazione rende inevitabile la esclusione dalla procedura, sanzionandosi in tal modo, ‘all’esito negativo della procedura ex art. 48, il “comportamento sleale” dell’impresa, che si tipizza o per non avere fornito le prove richieste in ordine a quanto dichiarato, ovvero per avere “azzardato” dichiarazioni non corrispondenti al dato reale’ (Consiglio di Stato, IV, 16 febbraio 2012, n. 810, cit.).

Una mera fotocopia, del resto, non può certamente surrogare un atto originale o in copia autenticata, come si ricava dalla disciplina, anche di tipo civilistico, in ordine alla valenza probatoria dei fatti attestati nei predetti atti e dal procedimento per poterne contestare la validità e la veridicità.

Pertanto, dovendosi “effettuare un controllo successivo sulla veridicità del possesso dei requisiti di ammissione già autocertificati in sede di offerta, non è affatto irragionevole che a carico della ditta sorteggiata fosse imposto un onere di non difficile adempimento e cioè la produzione di documenti in [copia conforme all’] originale, proprio al fine di evitare qualsiasi eventuale controllo successivo e quindi di rendere più celeri le operazioni di gara” (Consiglio di Stato, V, 1 ottobre 2010, n. 7263).


a cura di Sonia Lazzini

 sentenza numero 67 del 17 luglio 2012 pronunciata dal Tar Valle d’Aosta, Aosta

il sorteggio di cui all'art 48 cod contratti va effettuato sulle imprese ammesse

Il tenore letterale della r disposizione di cui all'aticolo 48 del codice dei contratti, evidenzia che la verifica in ordine al possesso dei requisiti in capo ai concorrenti deve essere effettuata soltanto nei confronti dei soggetti che sono ammessi al prosieguo della procedura e segnatamente alla fase immediatamente precedente all’esame delle buste contenenti le offerte.

Ne consegue che i concorrenti che vengono esclusi in una fase anteriore, come il raggruppamento ricorrente, non possono essere assoggettati alla predetta verifica, attesa l’inutilità, ai fini della gara in corso di svolgimento, di un siffatto adempimento, comunque non richiesto dalla legge.

Da ciò deriva, pertanto, che nel caso in cui il concorrente originariamente escluso venga per una qualsiasi ragione riammesso alla gara riemerge la necessità di sottoporlo a verifica, se sorteggiato, e quindi è in questa fase che deve essere valutata la sua posizione con riguardo alla dimostrazione del possesso dei requisiti.

La necessità di rispettare un tale modus procedendi impedisce pertanto alla stazione appaltante di prendere in considerazione aspetti che attegono ad una fase successiva, pur se già conosciuti o conoscibili, se a quella fase il concorrente non deve essere ammesso.

Nel caso di specie, correttamente l’Amministrazione ha preso in esame la documentazione attestante il possesso dei requisiti soltanto in esito alla riammissione alla gara del raggruppamento e non in una fase precedente in cui lo stesso non poteva essere considerato un legittimo partecipante.

a cura di Sonia Lazzini

sentenza numero 67 del 17 luglio 2012 pronunciata dal Tar Valle d’Aosta, Aosta

giovedì 23 agosto 2012

in conseguenza della sentenza della Corte di Giustizia U.E., sez. III, 30 settembre 2010, causa C-314/09, opera la regola della responsabilità oggettiva della P.A.

tratto dalla sentenza numero 778 del 21 agosto 2012 pronunciata dal Tar Sardegna, Cagliari


Occorre, in primo luogo, verificare la sussistenza dei presupposti che integrano la responsabilità dell’amministrazione per lesione di interessi legittimi, da ricondurre, secondo giurisprudenza consolidata, all’art. 2043 del codice civile.
7.2. - Il primo elemento, della illegittimità provvedimentale ovvero della illegittimità dell’azione amministrativa, risulta, nel caso di specie, definitivamente accertato con il passaggio in giudicato della sentenza del Consiglio di Stato, Ad. Plen., 28 luglio 2011, n. 13, alle cui motivazioni, pertanto, non si può che rinviare (anche ai sensi dell’art. 74 del codice processo amministrativo).
7.3. – In merito al requisito soggettivo della colpa, non possono essere condivise le argomentazioni avanzate dalla difesa del Comune di Sassari, volte a dimostrare la sussistenza, nel caso di specie, di cause di esclusione della colpa dell’amministrazione comunale.


In primo luogo, deve essere rammentato che anche all’epoca della pubblicazione del bando di gara (contenente la prescrizione dello svolgimento in seduta riservata dell’apertura delle buste con le offerte tecniche) era presente in giurisprudenza un consistente orientamento contrario (e di ciò si trova preciso richiamo nella sentenza dell’Ad. plen. n. 13/2011, in particolare al punto 5 della parte in diritto).
In secondo luogo, la procedura di gara di cui trattasi aveva per oggetto l’affidamento di un contratto il cui importo stimato era superiore alla soglia di rilevanza comunitaria (o europea), ambito nel quale, in conseguenza della sentenza della Corte di Giustizia U.E., sez. III, 30 settembre 2010, causa C-314/09, opera la regola della responsabilità oggettiva della P.A. . La Corte ha infatti ritenuto che gli Stati membri non possono subordinare la concessione di un risarcimento al riconoscimento del carattere colpevole della violazione della normativa sugli appalti pubblici commessa dall'amministrazione aggiudicatrice, rilevando in particolare come "il tenore letterale degli art. 1 n. 1, e 2 n. 1, 5 e 6, nonché del sesto "considerando" della direttiva 89/665 non indica in alcun modo che la violazione delle norme sugli appalti pubblici atta a far sorgere un diritto al risarcimento a favore del soggetto leso debba presentare caratteristiche particolari, quale quella di essere connessa ad una colpa, comprovata o presunta, dell'amministrazione aggiudicatrice, oppure quella di non ricadere sotto alcuna causa di esonero di responsabilità". Secondo i giudici della Corte UE (cfr. punto 39) «il rimedio risarcitorio previsto dall'art. 2, n. 1, lett. c), della direttiva 89/665 può costituire, se del caso, un'alternativa procedurale compatibile con il principio di effettività, sotteso all'obiettivo di efficacia dei ricorsi perseguito nella citata direttiva (…)soltanto a condizione che la possibilità di riconoscere un risarcimento in caso di violazione delle norme sugli appalti pubblici non sia subordinata - così come non lo sono gli altri mezzi di ricorso previsti dal citato art. 2, n. 1 - alla constatazione dell'esistenza di un comportamento colpevole tenuto dall'amministrazione aggiudicatrice».
Secondo la Corte di Giustizia, la tutela per equivalente (risarcimento del danno), rappresenta una mera alternativa alla tutela in forma specifica; e poiché questa non è condizionata all’accertamento di alcun coefficiente soggettivo, ne deriva che anche il risarcimento per equivalente non può essere subordinato all’accertamento della colpa dell’amministrazione aggiudicatrice.
Si deve specificare, inoltre, che la soluzione affermata nella più recente giurisprudenza europea si estende a tutte le figure che compongono la tutela risarcitoria (in forma specifica o per equivalente), nelle controversie che hanno per oggetto le procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici. Non solo, quindi, nelle ipotesi di lesione del diritto all’aggiudicazione del contratto ma anche nei casi, come nella fattispecie di cui al ricorso in esame, di lesione dell’interesse a partecipare ad una procedura di gara legittimamente svolta (interesse che trova la sua tutela sotto i due profili dell’annullamento degli atti della procedura e dell’obbligo di rinnovare la procedura di gara: si veda quanto prevede l’art. 122 del codice del processo amministrativo).
8.1. – Va riconosciuto, conseguentemente, il danno da perdita di chance, ovvero il danno subito dall’impresa a cui è stata illegittimamente sottratta la possibilità di partecipare ad una legittima procedura selettiva e, conseguentemente, di poter essere dichiarata aggiudicataria.
8.2. - Nel caso di specie, come accennato, il ristoro della chance può avvenire solo per equivalente, considerato che la tutela in forma specifica (vale a dire mediante il rinnovo integrale della procedura di gara annullata, alla quale la ricorrente avrebbe potuto nuovamente partecipare), risulta preclusa dalla circostanza che l’esecuzione dei lavori si è protratta (come risulta anche dalla documentazione depositata dall’amministrazione comunale intimata: doc. n. 4 della produzione documentale del 26 aprile 2012) fino alla realizzazione di quasi i 2/3 dell’appalto.
8.3. - Si deve, conseguentemente, esaminare la questione della quantificazione del danno subito, da determinarsi - in termini percentuali - sull’utile in astratto conseguibile in ipotesi di aggiudicazione della gara, ove questa fosse stata rinnovata.
La giurisprudenza nettamente prevalente, in queste ipotesi determina tale parametro commisurandolo al 10% dell’importo posto a base di gara, diminuito del ribasso offerto, utilizzando in via equitativa il criterio stabilito attualmente dall’art. 158 del Codice dei contratti pubblici, di cui d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163.
Peraltro, poiché si opera sul piano di una valutazione eminentemente equitativa del danno, e poiché la ricorrente non dimostra di non aver potuto utilizzare mezzi e maestranze nell’esecuzione di altri contratti (Cons. Stato, V, 24 ottobre 2002, n. 5860; VI, 9 novembre 2006, n. 6607), il Collegio ritiene congruo determinare tale percentuale nel 5 %.
Si può, inoltre, considerare come importo di aggiudicazione (parametro per il calcolo del danno da perdita di chance) quello risultante dal contratto stipulato tra il Comune di Sassari e l’A.T.I. Riccoboni.
8.4. – Infine, va precisato che, quando il ricorrente allega solo la perdita di una chance a sostegno della pretesa risarcitoria, la somma commisurata al (presumibile) utile d’impresa deve essere proporzionalmente ridotta in ragione delle concrete possibilità di vittoria (Cons. Stato, VI, 8 maggio 2002, n. 2485). Si può ipotizzare che (alla luce della specializzazione dei lavori oggetto dell’appalto), anche nell’ipotesi di una nuova procedura ad evidenza pubblica, correttamente indetta dall’amministrazione comunale, avrebbero partecipato le medesime quattro imprese che avevano concorso nella procedura annullata. Pertanto, la perdita della chance può essere quantificata in un quarto dell’utile di impresa, presumendo le stesse possibilità di aggiudicarsi la gara per ogni concorrente. Vale a dire in una percentuale pari allo 1,25 % dell’importo oggetto di affidamento.
8.5. - Detta percentuale deve essere così applicata alla fattispecie in esame:
- l’importo complessivo del contratto risulta pari a euro 9.022.471,68;
- l’utile ipotizzabile corrisponde ad euro 451.123,58=, il cui 1,25% è pari ad euro 5.639,04.
A tale somma, riguardante il risarcimento di un danno da responsabilità extracontrattuale e, pertanto, costituente debito di valore (Cons. Stato, sez. V, 8.07.02, n. 3796 e sez. IV, 15.2.05, n. 478), deve riconoscersi la rivalutazione monetaria, secondo gli indici Istat, da computarsi dalla data del verificarsi dell’illecito (TAR Lombardia, Brescia, 23.06.2000, n. 557), vale a dire dalla data della illegittima aggiudicazione, fino alla data di deposito della presente sentenza; data in cui, per effetto della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta. Sulle somme, progressivamente rivalutate, sono altresì dovuti gli interessi nella misura legale, secondo il tasso annuale vigente a partire dall’epoca della verificazione dell’illecito e fino a quello di deposito della presente sentenza; ciò in funzione compensativa della mancata tempestiva disponibilità della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno (Cons. Stato, sez. IV, 15.02.05, n. 478). Su tutte le somme sono dovuti, infine, gli interessi legali, dalla data di deposito della presente sentenza fino all’effettivo soddisfo.
9. - Con riferimento al profilo del danno curriculare, esso deve ritenersi non sussistente (sul punto, recentemente, si veda T.A.R. Sardegna, sez. I, 17 giugno 2011, n. 609 ed ivi ulteriore giurisprudenza conforme, alla quale si rinvia anche ai sensi dell’art. 74 del c.p.a.). Pertanto, la domanda di risarcimento del danno curriculare deve essere rigettata.
10. – Sempre sul piano della quantificazione del danno, non possono invece attribuirsi le spese sostenute per la partecipazione alla gara. Lo svolgimento di una procedura di gara (anche solamente virtuale, come si è visto), e quindi le spese per la partecipazione ad essa, rappresentano il logico presupposto, nelle controversie del tipo di quella in esame, della figura del danno da perdita di chance. Ne consegue che, nel caso in cui si riconosca il danno da perdita di chance, appare del tutto evidente che le spese di partecipazione alla gara debbano essere necessariamente e logicamente sopportate dal concorrente che ottenga detto risarcimento.

martedì 21 agosto 2012

legittima l'escussione della provvisoria per inadempimenti al patto di integrità, per collegamento sostanziale

Se l’impresa accetta di sottoscrivere il patto di integrità e ne risulta invece inadempiente, è legittima l’escussione della cauzione provvisoria (ancorché non contemplata nel codice dei contratti)



Il Consiglio di Stato afferma  la legittimità delle impugnate previsioni della lex specialis di gara e del c.d. “Patto di integrità”, in quanto conformi al principio della natura escludente di collegamenti sostanziali tra imprese partecipanti lesivi dei canoni della segretezza delle offerte e della serietà e trasparenza delle procedure di evidenza pubblica

in conformità a orientamento consolidato di questo Consiglio di Stato, da cui non v’è ragione di discostarsi, l’impresa partecipante alla gara, con la sottoscrizione del c.d. “Patto di integrità”, accetta regole del bando che rafforzano comportamenti già doverosi per coloro che sono ammessi a partecipare alla gara,

sicché l’incameramento della cauzione ivi previsto in caso di violazione di tali doveri (nel caso di specie, del divieto di “accordarsi” con altre imprese concorrenti, astrette da legami sostanziali, in funzione manipolativa delle offerte) non assume natura di sanzione amministrativa che, in quanto tale, sarebbe riservata alla legge, ma costituisce la conseguenza dell’accettazione di regole e doveri comportamentali accompagnati dalla previsione di una responsabilità patrimoniale, aggiuntiva alla esclusione dalla gara, assunti su base pattizia (v. in tal senso, ex plurimis, Cons. Stato, V, 9 settembre 2011, n. 5066).

Si aggiunga che nelle more del presente giudizio d’appello è intervenuta la sentenza del Tribunale penale di Milano n. 10988/08 del 16 ottobre 2008 – prodotta dalla difesa dell’Amministrazione comunale, senza che vi si possa scorgere una violazione del divieto del ius novorum in appello, trattandosi di documentazione sopravvenuta alla proposizione dell’impugnazione –, con la quale i legali rappresentanti della RICORRENTE. s.r.l. (Alfa Marianna) e della Costruzioni Alfa s.p.a. (Alfa Adriano), con riferimento all’appalto in esame, sono stati dichiarati responsabili dei reati di tentata turbativa della libertà degli incanti ex artt. 56 e 353 Cod. pen. e di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico ex art. 483 Cod. pen. Va, al riguardo, precisato che le relative risultanze processuali sono valutabili come elementi di fatto ulteriormente suffraganti il sopra evidenziato quadro probatorio




In secondo luogo, merita conferma la valutazione del Tribunale amministrativo regionale in ordine alla sussistenza, nel caso concreto, di elementi indiziari plurimi, precisi e concordanti, atti a suffragare il giudizio di riconducibilità delle offerte provenienti dalla RICORRENTE. s.r.l. e dalla Costruzioni Alfa s.p.a. ad un unico centro d’interesse, falsante la competizione tra le imprese concorrenti.

Se, poi, si tiene conto delle circostanze, analiticamente evidenziate nell’impugnate sentenza, della predisposizione di buste identiche, contenenti offerte, documenti e richieste redatti in modo identico (nelle parti difformi e/o aggiuntive rispetto ai moduli predisposti), delle certificazioni ottenute il medesimo giorno, delle fideiussioni rilasciate dalla medesima banca e autenticate con numero progressivo dallo stesso notaio, e della spedizione con lo stesso corriere, non possono sussistere dubbi in ordine alla riconducibilità delle due offerte a un medesimo centro d’interessi, in violazione dei principi di trasparenza, segretezza e serietà delle offerte poste a presidio della par condicio tra le imprese partecipanti alla gara, per effetto delle rilevate condotte idonee a incidere sul corretto svolgimento della gara


A cura di Sonia Lazzini

decisione numero 2657 dell’ 8 maggio 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

il principio di segretezza delle offerte contro il favor partecipationis

le schede tecniche di entrambe, identiche per forma e composizione, sono state siglate pagina per pagina dalla stessa persona_DOVEROSA ESCLUSIONE e legittima l’escussione della cauzione provvisoria per inosservanza del patto di integrità

da non dimenticare che << Legittime sia l’esclusione dalla procedura che l’escussione della cauzione provvisoria, avendo rilevato la Stazione appaltante elementi tali da far presumere forme di collegamento sostanziale in violazione a quanto previsto dal bando di gara e dal Patto d’integrità.>> (cfr decisione numero 5066 del 9 settembre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato)

anche in assenza di esplicite previsioni nella lex specialis, la stazione appaltante doveva comunque disporre l’esclusione delle due offerte, contenenti i richiamati indizi di una concordata modalità di presentazione e formulazione, emergendo un’evidente comunanza di interessi e sintomi tali da far ritenere possibile una reciproca conoscenza o un condizionamento delle rispettive offerte

In presenza di elementi oggettivi e probatori prevale quindi l’interesse pubblicistico alla massima chiarezza, trasparenza e regolarità della gara, sì da renderla immune da qualsivoglia condizionamento e pregiudizio, e di conseguenza alla affidabilità e segretezza delle offerte.

Né sul punto può giustificarsi in alcun modo il riferimento al cd. favor partecipationis.

gli appalti pubblici debbano essere informati, anche secondo la normativa europea, ai principi e ai postulati della legalità e dell’imparzialità nonché della chiarezza e trasparenza delle procedure in ogni fase, della par condicio e dell’indipendenza, dell’affidabilità e della segretezza, della completezza e autenticità delle offerte, sì da porre la stazione appaltante al riparo da qualsivoglia possibile contestazione, pregiudizievole sia per la gara che per il buon nome della P.A.

merita ricordare che

Il Consiglio di Stato legittima l’escussione della cauzione provvisoria per inosservanza del patto di integrità

Legittime sia l’esclusione dalla procedura che l’escussione della cauzione provvisoria, avendo rilevato la Stazione appaltante elementi tali da far presumere forme di collegamento sostanziale in violazione a quanto previsto dal bando di gara e dal Patto d’integrità.


il Patto d’integrità configura un sistema di condizioni ( o requisiti) la cui accettazione è presupposto necessario e condizionante la partecipazione delle imprese alla specifica gara di cui trattasi.


Con la sottoscrizione del Patto d’integrità, al momento della presentazione della domanda, l’impresa concorrente accetta regole del bando che rafforzano comportamenti già doverosi per coloro che sono ammessi a partecipare alla gara e che prevedono, in caso di violazione di tali doveri, sanzioni di carattere patrimoniale, oltre alla conseguenza, ordinaria a tutte le procedure concorsuali, della estromissione della gara.

L’incameramento della cauzione non ha quindi carattere di sanzione amministrativa, come tale riservata alla legge, ma costituisce la conseguenza dell’accettazione di regole e doveri comportamentali, accompagnati dalla previsione di una responsabilità patrimoniale, aggiuntiva alla esclusione dalla gara, assunti su base pattizia, rinvenendosi la loro fonte nel Patto d’integrità accettato dal concorrente con la sottoscrizione

Passaggio tratto dalla decisione numero 5066 del 9 settembre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato


passaggio tratto dalla decisione numero 1 del 2 gennaio 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

l’esame degli atti prodotti dalla CONTROINTERESSATA e dalla CONTROINTERESSATA 3 di Controinteressata 3 evidenzia di fatto un unico centro decisionale perciò preclusivo della partecipazione delle stesse società alla gara in epigrafe.

La Sezione invero condivide con il T.A.R. la argomentazione secondo cui il mero rapporto produttore – distributore, per di più non esclusivo, non testimoni la esistenza di centro decisionale sottostante, senza considerare comunque problemi da esaminare in concreto, ma nella fattispecie emergono anche circostanze, dati ed elementi non contestati nella loro oggettiva sussistenza ma solo nel merito della loro effettiva rilevanza ed influenza.

Infatti, a quanto riferito, la CONTROINTERESSATA produce vari dispositivi medici che la CONTROINTERESSATA 3 di Controinteressata 3, non in esclusiva, propone e rivende ai vari utilizzatori finali.

In tale contesto si è avuto modo di riscontrare la similarità dei codici dei prodotti offerti dalle due società, e le schede tecniche di entrambe, identiche per forma e composizione, sono state siglate pagina per pagina dalla stessa persona, il signor B_, socio unico, amministratore unico e responsabile legale della CONTROINTERESSATA, anche per quanto concerne accessori medici non richiesti e distribuiti e prodotti da altre società.

Il signor B_ è indicato nell’offerta della CONTROINTERESSATA 3 di Controinteressata 3 anche quale incaricato dell’assistenza tecnica ai prodotti, e la stessa azienda ha individuato, nel servizio post – vendita, due persone soci – amministratori di altra società distributore di zona della CONTROINTERESSATA.

Nella relazione illustrativa della CONTROINTERESSATA 3 di Controinteressata 3 si fa cenno, sul punto, alla “stretta collaborazione con la CONTROINTERESSATA” e al “referente tecnico signor Maurizio B_ … a completa disposizione…sull’utilizzo dei prodotti proposti”.

Orbene, a fronte di tali fatti l’ESTAV e la CONTROINTERESSATA hanno replicato al fine di vanificare in concreto quelle risultanze, in quanto mere conseguenze proprio del rapporto produzione – distribuzione, inevitabili o vincolate o comunque ininfluenti.

La Sezione ritiene che i suindicati fatti, oggettivi e non contestati nella loro sussistenza, inducano a fornire una rigorosa interpretazione delle norme richiamate e dei criteri informatori degli appalti pubblici, che nella fattispecie non hanno trovato concreta applicazione.

Invero non si comprendono né emergono le ragioni a base della offerta presentata dalla CONTROINTERESSATA 3 di Controinteressata 3, in concorrenza con la CONTROINTERESSATA e facendo ricorso, per il servizio post – vendita, all’assistenza del signor B_ e di due altri distributori della CONTROINTERESSATA, se non si intenda la stessa ad adiuvandum della stessa CONTROINTERESSATA, che già prevedeva analoga struttura.

Le due società in effetti ben avrebbero potuto presentare offerte distinte, depurate agevolmente da quegli intrecci e senza alcun palese motivo impeditivo a tali fini, e le dichiarazioni prodotte ai sensi dell’articolo 2359 c.c. non sono sufficienti né rilevano nel caso di specie, non tipizzato, della provenienza delle offerte da un unico centro decisionale sottostante, a meno di non eludere facilmente la ratio del divieto.


A cura di Sonia Lazzini

decisione numero 1 del 2 gennaio 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

il Consiglio di Stato legittima l'escussione della cauzione provvisoria per inosservanza del patto di integrità

Il Consiglio di Stato legittima l’escussione della cauzione provvisoria per inosservanza del patto di integrità

Legittime sia l’esclusione dalla procedura che l’escussione della cauzione provvisoria, avendo rilevato la Stazione appaltante elementi tali da far presumere forme di collegamento sostanziale in violazione a quanto previsto dal bando di gara e dal Patto d’integrità.


il Patto d’integrità configura un sistema di condizioni ( o requisiti) la cui accettazione è presupposto necessario e condizionante la partecipazione delle imprese alla specifica gara di cui trattasi.


Con la sottoscrizione del Patto d’integrità, al momento della presentazione della domanda, l’impresa concorrente accetta regole del bando che rafforzano comportamenti già doverosi per coloro che sono ammessi a partecipare alla gara e che prevedono, in caso di violazione di tali doveri, sanzioni di carattere patrimoniale, oltre alla conseguenza, ordinaria a tutte le procedure concorsuali, della estromissione della gara.

L’incameramento della cauzione non ha quindi carattere di sanzione amministrativa, come tale riservata alla legge, ma costituisce la conseguenza dell’accettazione di regole e doveri comportamentali, accompagnati dalla previsione di una responsabilità patrimoniale, aggiuntiva alla esclusione dalla gara, assunti su base pattizia, rinvenendosi la loro fonte nel Patto d’integrità accettato dal concorrente con la sottoscrizione

Passaggio tratto dalla decisione numero 5066 del 9 settembre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

Nella specie, l’appellante:

-) ha assunto l’impegno di conformare il proprio comportamento ai principi di lealtà, trasparenza e correttezza;

-) ha assunto l’impegno anti – corruzione di non offrire, accettare o richiedere somme di denaro o qualsiasi altra ricompensa, vantaggio o beneficio ….. al fine dell’assegnazione del contratto e/o al fine di distorcerne la relativa corretta esecuzione;

-) ha assunto l’impegno a segnalare ….. qualsiasi tentativo di turbativa, irregolarità o distorsione nelle fasi di svolgimento della gara e/o durante l’esecuzione dei contratti …;

-) ha dichiarato che non si è accordata e non si accorderà con altri partecipanti alla gara per limitare in alcun modo la concorrenza;

-) ha preso nota ed accettato che nel caso di mancato rispetto degli impegni anticorruzione assunti con il Patto, sarebbero state applicate varie sanzioni tra cui la confisca della cauzione.

Legittimamente, pertanto, il Comune di Milano ha escusso la polizza fideiussoria prestata dall’appellante sul rilievo (in questa sede incontestato ed ormai incontestabile) della sussistenza di un collegamento sostanziale tra quest’ultima ed altra impresa partecipante alla gara, e quindi della violazione del Patto di integrità debitamente accettato e sottoscritto dall’appellante stessa.

Come correttamente osservato dal giudice di prime cure, infatti, il collegamento sostanziale è nozione senza dubbio sussumibile tra gli “accordi per limitare la concorrenza” che la impresa concorrente aveva dichiarato insussistenti all’atto di partecipare alla gara.

La violazione degli “impegni anticorruzione”, cui si subordina l’escussione della polizza, poi, è espressione ampia che, letta in correlazione con le clausole, deve ritenersi riferita anche al complesso dei comportamenti che falsano il gioco della concorrenza vietati dal Patto di integrità al fine di assicurare l’autonomia delle offerte.

Diversamente ritenendo, il Patto si risolverebbe in una generica enunciazione di obblighi quasi tutti privi di qualsiasi conseguenza in caso di loro inosservanza, in palese ed insanabile contrasto con le finalità perseguite dal Patto stesso.

Infatti, limitare le sanzioni alla sola ipotesi della accettazione o richiesta di somme di denaro o di qualsiasi altra ricompensa, come ritenuto dall’appellante, priverebbe di concreto effetto il restante complesso di impegni assunti con il Patto che si pone, viceversa, a significativo presidio dei principi di lealtà, trasparenza e correttezza.


ECCO IL COMMENTO ALLA CONFERMATA SENTENZA DI PRIMO GRADO
la sentenza numero 1386 del 7 maggio 2010 pronunciata dal Tar Lombardia, Milano

Legittima esclusione ed  escussione della cauzione provvisoria per violazione del patto di integrità allegato al bando e sottoscritto dalle imprese partecipanti PER forme di collegamento sostanziale tra imprese concorrenti riconducibili ad un unico centro di interessi

La escussione della cauzione provvisoria nella fattispecie in esame vale unicamente ad identificare e a quantificare fin dall’origine la conformazione e la misura della responsabilità patrimoniale del partecipante alla gara conseguente all'inadempimento dell'obbligo assunto con la sottoscrizione del patto d’integrità (l’orientamento è stato più recentemente confermato anche da Consiglio Stato, sez. V, 06 marzo 2006 , n. 1053, secondo cui: il patto d’integrità nel suo insieme e nelle singole clausole assume il carattere di complesso di regole di comportamento per le imprese, già desumibili dalla disciplina positiva relativa alle procedure di evidenza pubblica e dai principi attinenti la materia e non già di sanzione privata incompatibile con il principio di legalità di cui all'art. 25 comma 2 cost.; ne consegue che l’incameramento della cauzione non ha carattere di sanzione amministrativa - come tale riservata alla legge e non a fonti di secondo grado o a meri atti della p.a. - ma costituisce la conseguenza dell’accettazione di regole e di doveri comportamentali, accompagnati dalla previsione di una responsabilità patrimoniale, aggiuntiva alla esclusione della gara, assunti su base pattizia, rinvenendosi la loro fonte nel patto d’integrità accettato dal concorrente con la sottoscrizione: da ultimo cfr. anche Consiglio Stato, sez. V, 08 settembre 2008, n. 4267).



La correttezza e la trasparenza della gara vengono pregiudicate dalla presentazione di offerte che, seppure provenienti da imprese diverse, siano riconducibili ad un medesimo centro di interessi. Ciò anche alla luce della disciplina comunitaria, secondo cui il sistema delle gare pubbliche può funzionare solo se le imprese partecipanti si trovino in posizione di reciproca ed effettiva concorrenza.


In definitiva, il collegamento sostanziale è nozione senza dubbio sussumibile tra gli “accordi per limitare la concorrenza” che le imprese concorrenti aveva dichiarato insussistenti all’atto di partecipare alla gara. La violazione degli impegni anticorruzione, cui si subordina l’escussione della polizza, è espressione ampia che, letta in correlazione con le altre clausole, deve ritenersi riferita anche al complesso dei comportamenti che falsano il gioco della concorrenza, vietati dal patto di integrità, al fine di assicurare l’autonomia delle offerte.


Con ricorso depositato il 30 luglio 2002, RICORRENTE SRL ha impugnato i provvedimenti in epigrafe indicati, chiedendo al Tribunale di disporne l’annullamento, in quanto viziati da violazione di legge ed eccesso di potere. In particolare, la società ricorrente ha dedotto: - di aver partecipato alla gara indetta dal Comune di Milano per l’affidamento di lavori da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso (appalto n. 31/02, “per l’integrazione ed il completamento del progetto di riqualificazione dei Bastioni di Porta Venezia e di viale Vittorio Veneto”); - di essere stata esclusa dalla gara, avendo la stazione appaltante ravvisato elementi tali da far presumere un collegamento sostanziale tra l’impresa ricorrente ed altra (ALFA SRL, in associazione temporanea con l’impresa BETA COSTRUZIONI SRL) partecipante in ATI alla medesima gara, ciò in violazione del patto di integrità allegato al bando e sottoscritto dalle imprese partecipanti; - che, con nota del 18 giugno 2002, indirizzata alla SOCIETÀ GARANTE SPA, il COMUNE di MILANO aveva escusso la polizza n. 5023821, emessa dalla nominata Compagnia, per il tramite della quale era stata costituita la cauzione provvisoria.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione resistente, chiedendo il rigetto del ricorso
Sul contraddittorio così istauratosi, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva all’odierna udienza.
2. La RICORRENTE SRL ha articolato le seguenti doglianze.
2.1. Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce che, con il suddetto “patto di integrità”, i concorrenti alla gara avevano dichiarato di accettare che potessero essere applicate nei loro confronti le sanzioni ivi indicate tra le quali era ricompresa la confisca della cauzione della validità della offerta per il solo caso di mancato rispetto degli impegni anticorruzione assunti e non, come nella specie, per la asserita violazione di non accordarsi con altri partecipanti alla gara per limitare la concorrenza.
2.2. Con riguardo alla disposta esclusione, la ricorrente ritiene che, non sussistendo alcuna forma di controllo o di collegamento ai sensi dell’art. 2359 c.c. tra essa e ALFA SRL, il divieto previsto dal bando di gara e dall’art. 10, comma 1 bis, l. 109/94 (applicabile ratione temporis), posto a fondamento della sua esclusione, non sarebbe stato in alcun modo violato. Inoltre, si aggiunge, l’esistenza di un centro d’interessi comune non poteva trarsi dalla circostanza che le due società hanno un socio in comune, richiedendosi a tal fine un intreccio tra organi amministrativi e tecnici, di rappresentanza, nella specie non sussistente.
2.3. Con ulteriore motivo, la società ricorrente lamenta la violazione degli articoli 10 e 30 l. 109/94, dal momento che tali norme consentono l’incameramento della cauzione solo nelle ipotesi ivi stabilite, tra cui non è ricompresa l’ipotesi della supposta esistenza di rapporti di collegamento con altri concorrenti. Ne consegue anche la violazione del principio di legalità che presiede la materia delle sanzione amministrative.
Qual è il parere dell’adito giudice amministrativo?

Il ricorso non può essere accolto.
Come si rileva dalla motivazione dei provvedimenti di esclusione e di incameramento della cauzione provvisoria, la commissione di gara ha rilevato elementi tali da far presumere forme di collegamento sostanziale tra imprese concorrenti riconducibili ad un unico centro di interessi in violazione di quanto disposto al punto K), pag. 9 del bando integrale di gara e dal Patto di Integrità con il quale la società ricorrente si è espressamente impegnata a non accordarsi con altri partecipanti alla gara per non limitare in alcun modo la concorrenza.
Ritiene il Collegio che le determinazioni dell’amministrazione siano legittime.
La giurisprudenza si è sempre orientata in senso favorevole alla possibilità di individuare ipotesi di “collegamento sostanziale” tra imprese, diverse e ulteriori rispetto a quelle espressamente indicate all’art. 10, comma 1 bis l. n. 109 del 1994 (“imprese che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo di cui all’art. 2359 c.c.”), norma in questa sede applicabile ratione temporis. Mentre nel caso di “controllo” ai sensi dell’art. 2359 c.c., opera un meccanismo di presunzione iuris et de iure circa la sussistenza di un’ipotesi turbativa del corretto svolgimento della procedura concorsuale (e quindi dei principi di segretezza, serietà delle offerte e par condicio tra i concorrenti), nel caso di sussistenza del c.d. “collegamento sostanziale”, l’amministrazione è onerata di provare in concreto l’esistenza di elementi oggettivi e concordanti, che siano tali da ingenerare pericolo per il rispetto dei richiamati principi (cfr. ex plurimis Cons. Stato, V, 22 aprile 2004 n. 2317; Cons. Stato, VI, 7 febbraio 2002, n. 685; V, 15 febbraio 2002, n. 923; IV, 27 dicembre 2001, n. 6424). Anche in assenza di specifiche previsioni nella lex specialis, la stazione appaltante deve disporre l’esclusione di offerte contenenti gli indizi di una concordata modalità di presentazione e formulazione, ovvero della provenienza da un unico centro decisionale. Difatti, in considerazione della peculiarità della materia e degli interessi pubblici tutelati, sarebbe irragionevole e contraddittorio richiedere nel bando la tipizzazione del fatto del collegamento o del controllo societario diverso da quello di cui all'articolo 2359 c.c., dal momento che tale previsione farebbe refluire il perseguimento dell’interesse pubblico alla scelta del “giusto” contraente nel mero controllo della regolarità formale del procedimento, esponendo l’interesse protetto al pericolo di situazioni concrete di fenomeni di effettivo controllo o di altre situazioni societarie capaci di alterare la gara, non facilmente prevedibili o ipotizzabili. Ciò in quanto la tutela apprestata all'interesse pubblico alla corretta e regolare scelta del “giusto” contraente è finalizzata ad evitare che il relativo bene giuridico sia addirittura messo in pericolo: infatti, quand’esso fosse già stato leso o vulnerato, sarebbe molto difficile, se non addirittura impossibile una restitutio in integrum, salva l’ipotesi dell’annullamento della gara e la sua rinnovazione, che però in ogni caso comporterebbe, per il tempo occorrente e per le risorse umane e finanziarie da impiegare e riallocare, un’offesa non riparabile ai principi di economicità, speditezza, celerità ed adeguatezza dell'azione amministrativa (cfr. Cons. Stato VI, 13 giugno 2005, n. 3089; 23 giugno 2006, n. 4012; Sez. V, 9 dicembre 2004, n. 7894). A conferma della lesività ed illegittimità del “collegamento sostanziale” tra imprese partecipanti alla medesima procedura, l’art. 34 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici, relativi a lavori, servizi e forniture), norma sopravvenuta rispetto ai fatti di causa, ha precisato che “le stazioni appaltanti escludono altresì dalla gara i concorrenti per i quali accertano che le relative offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi.
3.2. Nella presente gara, la stessa lex specialis sanzionava le situazioni sia di collegamento formale che sostanziale. Infatti: - il bando prevedeva (punto K pag. 9) l’esclusione delle concorrenti, per violazione del principio della segretezza delle offerte, tra le quali esistessero forme di controllo o di collegamento ai sensi dell’art. 2359 c.c.; - nel “patto di integrità” allegato al bando stesso, le imprese concorrenti si erano impegnate a non accordarsi con altri partecipanti alla gara per limitare in qualunque modo la concorrenza.
3.2. A questa stregua, il Collegio ritiene che legittimamente l’amministrazione ha desunto, sulla scorta degli elementi raccolti nel corso dell’istruttoria procedimentale, un collegamento sostanziale tra la società ricorrente e la concorrente, ostativo alla presentazione di offerte distinte nella medesima gara. In particolare, costituivano indizi gravi precisi e concordanti le seguenti circostanze di fatto: - le buste dei plichi avevano la stessa dimensione e colore e presentavano la medesima impostazione grafica; - i plichi risultavano spediti dal medesimo ufficio postale, il medesimo giorno, con le medesime modalità di invio; - il contrassegno di spedizione era compilato a mano, apparentemente con la stessa grafia ed inoltre era indicato lo stesso numero telefonico della società RICORRENTE SRL; - le polizze fideiussorie, presentate quale cauzione provvisoria, erano state rilasciate dalla medesima compagnia di assicurazione e dalla stessa agenzia nel medesimo giorno; - dalla polizza risultava che il pagamento del premio era avvenuto a Ravenna nel medesimo giorno ed alla stessa ora; - il sig. G. RICCARDO, amministratore unico e direttore tecnico della società ricorrente aveva la residenza in ALFONSINE (RA), in via Destro Senio n. 24, indirizzo quest’ultimo coincidente con la sede legale della società ALFA SRL; - lo stesso soggetto era anche rappresentante della società DELTA SRL, ditta la quale possedeva a sua volta la quota del 95% della ALFA SRL e del 19% della RICORRENTE SRL.
Tali elementi erano senza dubbio in grado di suffragare la bontà della opinione formulata dalla stazione appaltante circa la messa in pericolo dell’interesse pubblico alla corretta e regolare scelta del “giusto” contraente.
Con riguardo alla escussione della polizza fideiussoria, il Consiglio Stato (sez. V, 08 febbraio 2005, n. 343 e sez. V, 24 marzo 2005, n. 1258), in una fattispecie del tutto analoga a quella per cui oggi è causa, ha affrontato la questione della validità del “patto d’integrità” nella parte in cui stabilisce l’incameramento della cauzione provvisoria. Il Giudice di primo grado aveva, similmente a quanto oggi sostenuto dalla società ricorrente, ritenuto illegittima l’escussione della cauzione provvisoria sul rilievo che tale sanzione sarebbe stata possibile nelle sole ipotesi disciplinate dagli artt. 10 e 30 della legge n. 109 del 1994, con la conseguenza che la disposizione contenuta nel patto di integrità sarebbe stata in contrasto con l’art. 1 della legge 24.11.1981, n. 689, che pone per le sanzioni amministrative una riserva di legge analoga a quella contenuta per le sanzioni penali nell'art. 25 della Costituzione.
Il Consiglio di Stato non ha condiviso tale impostazione con argomenti da cui il Collegio ritiene di non doversi discostare. Il Comune di Milano, con il patto d’integrità, che racchiude regole di comportamento per le imprese, partecipanti ad una gara, già desumibili dalla disciplina positiva relativa alle procedure di evidenza pubblica e dai principi attinenti la materia, ha solo configurato un sistema di condizioni (o requisiti) la cui accettazione ha elevato a presupposto necessario e condizionante per la partecipazione delle imprese alla specifica gara di cui trattasi. L'impresa concorrente, inoltre, con la sottoscrizione, all’atto della presentazione della domanda, del Patto d'integrità, accetta regole del bando che rafforzano comportamenti già doverosi per coloro che sono ammessi a partecipare alla gara (nella specie, la regola di non compiere atti limitativi della concorrenza) e che prevedono, in caso di violazione di tali doveri, sanzioni di carattere patrimoniale, oltre la conseguenza, ordinaria a tutte le procedure concorsuali, della estromissione dalla gara. Nella fattispecie si individua, quindi, innanzitutto, un onere, consistente nella sottoscrizione per adesione delle regole contenute nel Patto d'integrità, configurandosi l’accettazione delle regole in questo contenute come condizione imprescindibile per poter partecipare alla gara, e contestualmente dei doveri comportamentali, accompagnati dalla previsione di una responsabilità patrimoniale, aggiuntiva alla esclusione della gara, assunti su base pattizia rinvenendosi la loro fonte nel Patto d’integrità accettato dal concorrente con la sottoscrizione.
Tale previsione, come ulteriore prescrizione dei bandi di gara, dei doveri stabiliti dal patto d’integrità con le correlative responsabilità di ordine patrimoniale, è del tutto legittima, inquadrandosi la fattispecie nell’ambito dell’autonomia negoziale dell’amministrazione, nell’invito a contrattare, e di chi aspiri a diventare titolare di un futuro contratto, con l’accettazione dell’invito. Non si ravvisano preclusioni nell’ordinamento positivo, specie se si consideri che il patto d’integrità contiene regole conformi a principi già considerati dall’ordinamento e già assistiti da responsabilità patrimoniale (quale la buona fede e la correttezza nelle trattative contrattuali)

 a cura di Sonia Lazzini

 decisione numero 5066 del 9 settembre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

la previsione, come ulteriore prescrizione del bando di gara, dei doveri stabiliti dal Patto di integrità, con le correlative responsabilità di ordine patrimoniale, in caso di comportamento del concorrente in violazione di detto Patto, è del tutto legittima

In breve, l’escussione della cauzione provvisoria vale, come chiarito dalla citata giurisprudenza, unicamente ad identificare ed a quantificare fin dall’origine la conformazione e la misura della responsabilità patrimoniale del partecipante alla gara, conseguente all’inadempimento dell’obbligo assunto con la sottoscrizione del Patto di Integrità


le finalità pubblicistiche cui sono preordinati i principi di legalità, buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa, i quali, nella specie, possono sintetizzarsi nell’esigenza di individuazione del “giusto contraente”, implicano che al loro rispetto sia vincolata non soltanto la pubblica amministrazione, ma anche coloro che intendono partecipare alla gara, incombendo su questi ultimi l’obbligo di presentare offerte che, al di là del loro profilo tecnico-economico, devono avere le caratteristiche della compiutezza, della completezza, della serietà, dell’indipendenza  e della segretezza

L’infondatezza, infine, della censura mossa al provvedimento dell’Autorità dei Lavori Pubblici di annotare, a carico della ditta della ricorrente medesima, nel Casellario Informatico delle Imprese il motivo di esclusione dalla gara in questione-  discende dalla considerazione dell’indubbia utilità che può avere, a tutela concreta dell’interesse pubblico al corretto affidamento degli appalti pubblici, la conoscenza di situazioni, già verificatesi in altri procedimenti ad evidenza pubblica, che siano caratterizzate, come nella specie, da accertata violazione dei principi di segretezza e di indipendenza delle offerte


Ricorso per l’annullamento
del bando di gara n° 91/2005 del Comune di Milano; del patto di integrità allegato a detto bando, in parte qua; del provvedimento 28/12/2005 di esclusione dalla gara, di segnalazione all’Autorità di Vigilanza e di escussione della cauzione; del provvedimento di aggiudicazione provvisoria della gara; del provvedimento dell’Autorità intimata di annotazione nel casellario informatico della disposta esclusione; di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali;
Sostiene, in sintesi, richiamando giurisprudenza di questa Sezione (cfr. ad es. n° 4170 del 25 maggio 2005), che l’erroneità degli atti e provvedimenti del Comune di Milano qui contestati discenderebbe dall’illegittimità, sia del bando di gara, sia del citato “patto di integrità”, laddove essi introducono un nuova fattispecie di esclusione dalla gara, in violazione di quanto prevede tipicamente l’art. 10, comma 1-bis,  della legge n° 109/1994, che fa riferimento espressamente alla sola fattispecie del “controllo” di cui al secondo comma dell’art. 2359 c.c.
Sostiene, ancora, che sarebbe illegittima la determinazione di escussione della cauzione perché unilateralmente prevista dal c.d. patto di integrità, al di fuori delle ipotesi normativamente disciplinate dalla legge n° 109/1994, e comunque in contrasto con i principi di tassatività, tipicità e nominatività dettati dall’art. 1 della legge n° 689/1981.
Afferma, infine, che sarebbe viziata anche la determinazione dell’Autorità di annotazione del motivo di esclusione dalla gara in questione della ricorrente nel casellario informatico delle imprese perché contrastante con la disposizione dell’art. 27, lettara t), del DPR n° 34/2000, non potendosi ritenere utile il contenuto di detta determinazione
qual è il parere dell’adito giudice amministrativo?


E’ stato, altresì, ribadito dalla stessa giurisprudenza del Giudice di appello che se gli elementi che connotano il caso concreto facciano ritenere violati i principi in materia di pubbliche gare posti a garanzia della correttezza delle procedure prevale l’esigenza di assicurare l’effettiva ed efficace tutela della regolarità della gara e, in particolare, la par condicio fra tutti i concorrenti, nonché la serietà, compiutezza, completezza ed indipendenza delle offerte, in modo da evitare che, attraverso meccanismi di influenza societari, pur non integranti collegamenti o controlli di cui all’art. 2359 cod. civ., possa essere alterata la competizione, mettendo in pericolo l’interesse pubblico alla scelta del “giusto contraente”.
E’ sulla base di tali osservazioni che è, quindi, necessario verificare se, nel caso in esame, sussistano o meno quegli indici rivelatori del collegamento sostanziale imputato alle offerte del ricorrente ed alla impresa ad essa collegata..
Dagli atti depositati in giudizio ritiene il Collegio che emergano quegli indizi seri, precisi e concordanti che inducono a ritenere sussistente un collegamento sostanziale tra la ricorrente e la su citata impresa ), anch’essa partecipante alla medesima gara, al fine di aggirare l’obbligo di segretezza e di indipendenza delle offerte, tenuto conto che:
a) i plichi risultano uguali per colore, dimensioni ed impostazione grafica, nonché per modalità di spedizione, avendo utilizzato il medesimo corriere;_b) le domande di partecipazione di entrambe le imprese, le dichiarazioni di subappalto, le dichiarazioni sostitutive di cui ai punti 2,3 e 4 del bando di gara e la dichiarazione relativa al triennio, ancorché stilate sui modelli corrispondenti a quello messi a disposizione dall’amministrazione riportano, quale dato oggettivo comune ed identico, dopo la firma del sottoscrittore, i dati identificativi del sottoscrittore stesso non richiesti dai modelli utilizzati;_c) la dichiarazione relativa al comma 1, lettera b) e c) dell’art. 75 del DPR n° 554/1999 ha contenuto ed impostazione grafica simile;_ ) le copie conformi dei certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti risultano emessi, rispettivamente, tutti nelle stesse date;_e) entrambe le imprese hanno presentato, benché non previsto dal bando, identiche richieste di restituzione della documentazione allegata alle rispettive offerte; _f) le fidejussioni sono state rilasciate dallo stesso istituto bancario, a firma del medesimo funzionario, ed autenticate dal medesimo notaio, nello stesso giorno, con numerazione progressiva; _g) gli accertamenti effettuati dall’Amministrazione appaltante presso l’Anagrafe del Comune di Marostica hanno evidenziato stretti rapporti di parentela tra i soci, i legali rappresentanti ed i direttori tecnici di entrambe le imprese_ h) gli accertamenti effettuati presso la Camera di Commercio, attraverso visure storiche, hanno evidenziato ulteriori collegamenti tra le stesse imprese ed i medesimi soggetti.
Il ricorrente si duole, inoltre, che l’ente appaltante abbia incamerato la cauzione provvisoria al di fuori delle ipotesi tipizzate dalla norma di legge (art. 30 ed art. 10, comma 1-quater, della legge n° 109/1994), non ritenendo che la specifica previsione contenuta, al riguardo, nel patto di integrità allegato al bando di gara, possa ritenersi fonte legittimante all’irrogazione della sanzione in questione, anche tenuto conto dei principi di cui all’art. 1 della legge n° 689/1981. Né alcun valore risolutivo potrebbe avere nella fattispecie la circostanza della intervenuta sottoscrizione da parte di tutti i concorrenti del patto di integrità.
Tale doglianza non può essere condivisa, ritenendo il Collegio, in adesione alla giurisprudenza formatasi nella specifica materia in esame (cfr. C.d.S., sez. V^, n° 343/2005 e n° 1258/2005), che la previsione, come ulteriore prescrizione del bando di gara, dei doveri stabiliti dal Patto di integrità, con le correlative responsabilità di ordine patrimoniale, in caso di comportamento del concorrente in violazione di detto Patto, sia del tutto legittima, inquadrandosi la fattispecie nell’ambito dell’autonomia negoziale, dell’Amministrazione nell’invito a contrarre e di chi aspiri a diventare titolare di un futuro contratto, con l’accettazione dell’invito.
Né possono ravvisarsi, al riguardo, preclusioni nell’ordinamento positivo, tenuto conto che il Patto in questione contiene regole conformi ai principi generali del nostro ordinamento quali la buona fede e la correttezza nei rapporti contrattuali.

 A cura di Sonia LAzzini


sentenza numero 2518 del 21 marzo 2008, emessa dal Tar Lazio, Roma

lunedì 20 agosto 2012

Affidamento dei servizi assicurativi e di intermediazione assicurativa_Nell'ambito dell'attività di regolazione del mercato degli appalti pubblici ed in linea con il principio di collaborazione e di ascolto delle istanze degli operatori del mercato e delle pubbliche amministrazioni interessate, l’Autorità ha avviata la consultazione on line “Questioni interpretative concernenti l’affidamento dei servizi assicurativi e di intermediazione assicurativa”.

09/08/2012
Consultazioni on line:AVCP

Affidamento dei servizi assicurativi e di intermediazione assicurativa

Nell'ambito dell'attività di regolazione del mercato degli appalti pubblici ed in linea con il principio di collaborazione e di ascolto delle istanze degli operatori del mercato e delle pubbliche amministrazioni interessate, l’Autorità ha avviata la consultazione on line “Questioni interpretative concernenti l’affidamento dei servizi assicurativi e di intermediazione assicurativa”.
Il documento base è stato predisposto anche per l’Audizione sullo stesso tema che si svolgerà il 19 settembre prossimo. I soggetti interessati possono far pervenire all’Autorità le proprie osservazioni entro le ore 14.00 del 18 settembre 2012.
Questioni interpretative concernenti l’affidamento dei servizi assicurativi e di intermediazione assicurativa

Audizione del 19 settembre 2012

L’Autorità ha verificato sulla base delle indagini di vigilanza svolte in relazione a singoli affidamenti e dall’analisi  dei dati contenuti nell’Osservatorio, l’esistenza di diffuse criticità nelle modalità di affidamento dei servizi assicurativi e di intermediazione assicurativa da parte delle stazioni appaltanti tenute all’applicazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti).
Per consentire la consultazione on line l’Autorità ha predisposto il documento baseQuestioni interpretative concernenti l’affidamento dei servizi assicurativi e di intermediazione assicurativa”.

I soggetti interessati possono far pervenire all’Autorità le proprie osservazioni entro il 18 settembre 2012, ore 14.00, mediante la compilazione dell’apposito modello formato .pdf che, unitamente agli estremi identificativi del mittente, consente l’inserimento di un testo libero fino a 10.000 battute.  I contributi pervenuti saranno pubblicati sul sito dell’Autorità, in forma non anonima, salvo che vengano evidenziate motivate esigenze di riservatezza.

Questioni interpretative concernenti l’affidamento dei servizi assicurativi e di intermediazione assicurativa
Documento di consultazione - Agosto 2012


Premessa
Nell’ambito della propria attività istituzionale di vigilanza, l’Autorità ha potuto verificare sulla base delle indagini svolte in relazione a singoli affidamenti e dall’analisi  dei dati contenuti nel proprio Osservatorio, l’esistenza di diffuse criticità nelle modalità di affidamento dei servizi assicurativi e di intermediazione assicurativa da parte delle stazioni appaltanti tenute all’applicazione del decreto legislativo 12 aprile2006, n. 163 (di seguito Codice dei contratti).
In particolare, per quanto riguarda i servizi assicurativi il dato più rilevante è rappresentato dall’elevato numero di procedure di gara che finiscono deserte o che sono aggiudicate sulla base dell’unica offerta pervenuta.
In numerosi casi si verifica, inoltre, che il contratto aggiudicato venga sciolto unilateralmente molto prima della scadenza naturale, per volontà dell’affidatario.
Entrambi i fenomeni, oltre che incidere sulla spesa pubblica in termini di costi per il rinnovo della procedura di scelta del contraente, possono creare situazioni di particolare criticità per le pubbliche amministrazioni, soprattutto nei casi in cui la copertura assicurativa è obbligatoria e  rappresenta un prerequisito fondamentale  per lo svolgimento dell’attività istituzionale della stazione appaltante.
Anche quando non vi è un obbligo di assicurazione, la copertura assicurativa può essere necessaria, laddove si tratti di salvaguardare il patrimonio dell’ente o  preservarlo da eventuali responsabilità civili conseguenti allo svolgimento dell’attività istituzionale.
Sebbene parte delle criticità riscontrate potrebbe derivare, da un lato, da comportamenti opportunistici delle imprese di assicurazione, facilitati dall’elevato grado di concentrazione che caratterizza i mercati assicurativi, dall’altro da incrementi del costo dei risarcimenti per ragioni esterne all’operato delle imprese di assicurazione e delle stazioni appaltanti, non vi è dubbio che numerosi elementi presenti nella redazione dei bandi e nelle modalità di gestione del rapporto assicurativo possono scoraggiare la partecipazione delle imprese alle gare. 
In merito alle modalità di affidamento dei servizi di intermediazione assicurativa le principali criticità riguardano la tendenza di numerose stazioni appaltanti ad affidare congiuntamente tali servizi con quelli assicurativi, ovvero a delegare al broker la ricerca della migliore copertura assicurativa, e nello scaricare sull’impresa di assicurazione i costi del servizio di intermediazione. Tale prassi, come diffusamente illustrato in seguito, produce una serie di effetti perversi sulla regolarità delle procedure di affidamento. Da un lato, le stazioni appaltanti finiscono spesso con il non valutare correttamente l’onerosità del servizio di intermediazione e predispongono i bandi sottostimando il valore dell’affidamento, con possibili effetti negativi su elementi quali il livello di trasparenza, le procedure di selezione prescelte, i requisiti di partecipazione, il contributo all’Autorità. Dall’altro, la prassi prevalente di determinare il prezzo in percentuale del costo della polizza produce una serie di possibili distorsioni quali: un costo del servizio di intermediazione eccessivo, l’introduzione di incentivi distorti per il broker che è spinto ad aumentare il costo del servizio assicurativo, criteri di valutazione dell’offerta economica ancorati a valori eterogenei, poiché il compenso effettivo del broker è sconosciuto al momento della valutazione delle offerte, in quanto legato a grandezze che dipendono anche dall’operato del broker stesso.
Sotto un diverso profilo, sono pervenute numerose segnalazioni concernenti la richiesta di requisiti di partecipazione assolutamente sproporzionati per l’oggetto dell’affidamento, ovvero di criteri di valutazione che penalizzano le imprese più piccole. Anche tale elemento può essere ricondotto alle distorsioni indotte dal ribaltamento del costo sulle imprese di assicurazione, che determina uno svilimento della componente di prezzo nei processi di valutazione, spingendo diverse stazioni appaltanti ad affidare il servizio sulla base dei soli criteri dimensionali.
Data l’importanza delle problematiche prospettate, è stato pertanto predisposto il presente documento riassuntivo, al fine di svolgere una consultazione degli operatori del settore e delle amministrazioni interessate, nonché di valutare l’opportunità di adottare un atto a carattere generale che offra indicazioni operative per i futuri affidamenti.
Si sottopongono, pertanto, all’attenzione dei soggetti invitati all’audizione le problematiche di seguito evidenziate, sulle quali si chiede di formulare osservazioni, nonché di segnalare eventuali ulteriori difficoltà applicative. 

Quadro normativo di riferimento
I servizi di assicurazione e quelli di consulenza/intermediazione assicurativa rientrano tra i servizi di cui all’allegato IIA del Codice dei contratti, ai quali, ai sensi del comma 2 dell’art.20 si applicano integralmente le disposizioni contenute nel Codice.
Inoltre, sotto un diverso profilo appare opportuno sottolineare che, di regola, i servizi assicurativi sono strumentali alle attività di cui agli artt. 208-213 del Codice, per cui le regole dell’evidenza pubblica valgono anche per i settori speciali. A tale riguardo, si osserva che in diversi casi le aziende attive nei settori speciali sono soggette a diversi obblighi di assicurazione (basti pensare alla Responsabilità civile auto per le aziende che prestano servizi di trasporto e postali), in molti casi, inoltre, la sottoscrizione di coperture assicurative rappresenta un elemento per ridurre il rischio di forti esposizioni in caso di sinistri, e quindi un mezzo per rendere economicamente produttiva l’attività.
  Più complessa appare invece la questione relativa alla strumentalità del servizio di intermediazione assicurativa con le attività tipiche dei settori speciali. In questo caso, infatti, i rapporti appaiono mediati. Il servizio di brokeraggio assicurativo può essere considerato strumentale a quello assicurativo, a sua volta, per le ragioni precedentemente illustrate, strumentale alle attività principali dell’impresa pubblica. In realtà, se è vero che il servizio assicurativo può essere gestito anche indipendentemente dall’attività di un broker assicurativo e altrettanto vero che se un’impresa o ente decide di rivolgersi ai servizi di un intermediario di assicurazione lo fa in vista dell’acquisto di un prodotto assicurativo. Analogamente, si può ritenere che, mentre per una corretta gestione delle attività dei settori speciali sia necessario acquistare una o più polizze assicurative ciò non è vero per i servizi di intermediazione assicurativa; tuttavia, laddove la società abbia deciso di rivolgersi ai servizi di un broker di assicurazione, l’attività di tale soggetto debba essere ritenuta strumentale a quella principale.
Per la disciplina sostanziale del rapporto assicurativo, inoltre, in virtù del rinvio operato dal comma 4 dell’art. 2 del Codice dei contratti, occorre fare riferimento  alla disciplina dei contratti in generale e a quella del contratto di assicurazione in particolare, contenute nel codice civile, con le necessarie integrazioni mutuate dalle norme speciali poste dal D.lgs. 7 settembre 2005, n.209,  recante il codice delle assicurazioni private . 

A.  Questioni relative al settore assicurativo 
Il costo della polizza
A norma dell’art. 1882 del codice civile, il contratto di assicurazione è un contratto sinallagmatico, nel quale l’assicuratore si obbliga, verso il pagamento di un premio, a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro. 
Il premio di assicurazione, quale elemento essenziale della offerta nella procedura di gara per l’affidamento del servizio assicurativo, viene generalmente determinato dall’assicuratore in base alla probabilità stessa che l’evento assicurato si verifichi.
Al riguardo Il premio di assicurazione viene distinto tra premio puro e caricamenti; il premio puro rappresenta le risorse che vengono accantonate dalle imprese di assicurazione per far fronte ai risarcimenti derivanti dai sinistri che si verificano nel corso di validità della polizza, mentre i caricamenti comprendono i costi di gestione della polizza, tra cui quelli per la gestione dei sinistri e dei relativi risarcimenti, quelli di distribuzione (per l’attività degli agenti o dei brokers) e gli utili di impresa.
Al fine della determinazione del premio puro le imprese necessitano di numerose informazioni statistiche relative all’andamento dei sinistri negli ultimi anni. In particolare occorre disporre almeno delle informazioni relative al numero di polizze emesse, al numero dei sinistri avvenuti e agli importi corrisposti per gli stessi. Utilizzando tali parametri è possibile determinare il costo imputabile a ciascuna polizza per la copertura assicurativa. Tale grandezza viene definita come premio di rischio. Il passaggio dal premio di rischio al premio puro richiede che ciascuna impresa di assicurazione faccia delle congetture circa l’evoluzione delle variabili che possono influenzare l’andamento nel futuro della frequenza sinistri e del relativo costo medio; in altri termini il premio di rischio è ottenuto dall’osservazione dei dati del passato, mentre il premio puro è dato dalle valutazioni effettuate dalle imprese circa il costo dei sinistri nel futuro, partendo dalle osservazioni del passato.
Quando le imprese non possono liquidare direttamente un sinistro, perché ad esempio occorre procedere ad analisi circa la responsabilità dello stesso o occorre tempo per determinare tutte le conseguenze dell’evento, le imprese devono accantonare (riservare) una somma per il pagamento dell’indennizzo in futuro. Per la valutazione della somma da riservare, le imprese devono rifarsi a quanto previsto dal Codice delle Assicurazioni e dal Regolamento di attuazione dell’Isvap (Regolamento n. 16/2008 e s.m.i.), secondo cui “il costo del sinistro è valutato nel rispetto del principio del costo ultimo prevedibile sulla base di dati storici e prospettici affidabili”; le imprese sono, inoltre, tenute ad iscrivere a riserva anche gli importi per i sinistri avvenuti ma non ancora denunciati. Il costo dei sinistri comprende sia quelli liquidati che quelli riservati.
Con il premio di rischio o puro così determinato si ottiene un’informazione sulla rischiosità media di una determinata popolazione, ma non sulla rischiosità specifica di ogni componente della stessa. Come ben noto dalla teoria economica, nessuna impresa di assicurazione può rimanere sul mercato praticando un premio assicurativo uniforme, in quanto, a causa dei fenomeni definiti di “selezione avversa”, gli individui con un maggiore grado di rischiosità tenderebbero a comprare la polizza, mentre quelli con minore rischiosità rifiuterebbero di assicurarsi o cercherebbero imprese con premi più bassi, ma che selezionano gli assicurati. L’impresa che applica un prezzo uniforme finirebbe, quindi, con l’assicurare esclusivamente soggetti con una rischiosità maggiore rispetto a quella media, riportando perdite.
In un sistema concorrenziale, le imprese cercano di stabilire un premio di assicurazione “personalizzato”, ovvero commisurato alla rischiosità di ciascun soggetto. Poiché di regola non è possibile inferire quale sia la sinistrosità specifica del singolo individuo, le imprese di assicurazione devono ottenere questa informazione dall’osservazione di alcune grandezze oggettive dell’assicurato, correlate con il rischio da assicurare, che incidono sulla probabilità del verificarsi del sinistro o  sul suo eventuale costo.
Accanto ai problemi di selezione avversa, le imprese di assicurazione devono, di regola, affrontare un problema che si può presentare una volta concluso il contratto: si tratta del fenomeno cosiddetto di “azzardo morale” (opportunismo), per cui i soggetti una volta assicurati possono non prestare quella necessaria cautela nello svolgimento delle proprie attività, aumentando così ex-post il grado di sinistrosità. Per ridurre comportamenti di azzardo morale di regola vengono adottati due sistemi: a) un meccanismo di premi e sanzioni (nel settore della RC Auto il cosiddetto bonus-malus); b) la partecipazione dell’assicurato ai costi di sinistri, ad esempio mediante una franchigia.
Diversamente dal primo, il secondo sistema ha il vantaggio che anche l’assicurato è incentivato a contenere il costo dell’eventuale indennizzo (dovendone corrispondere una parte), tuttavia è di più difficile gestione, in quanto l’assicuratore normalmente deve anticipare l’intera somma e poi rivalersi sull’assicurato.
In conseguenza dell’analisi tecnica del rischio, ciascuna impresa di assicurazione ritiene quindi assicurabili determinate fattispecie solo mediante la previsione di una soglia minima di franchigia o di un determinato scoperto percentuale, al fine di stabilire una compartecipazione del rischio in capo al contraente.
Anche in questo caso, la stima dei sinistri che si possono verificare nel corso del contratto e, quindi, delle franchigie da pagare, rappresenta un elemento importante, sia per l’individuazione del prezzo a base di gara che per il confronto tra offerte alternative, nel caso la stazione appaltante scelga come criterio di aggiudicazione quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Non si può pertanto trascurare che i ritardi di pagamento (delle franchigie), finiscono inevitabilmente per incidere sull’entità del premio da pagare. Pertanto, il mancato o ritardato pagamento delle franchigie previste nel contratto può determinare maggiori difficoltà in sede di gara, una lievitazione del costo della polizza e rischi di elevato contenzioso. 

Le informazioni da fornire nel bando
L’analisi sopra condotta ha mostrato come vi siano diversi elementi che concorrono a determinare il costo della polizza, alcuni dei quali, come ad esempio quelli idonei ad influire sulla rischiosità specifica dell’assicurato, possono essere conosciuti dalle imprese di assicurazione solo se rilevati dal cliente finale.
Nel caso di soggetti privati, di regola le imprese di assicurazione cercano di ottenere tali informazioni o mediante sopralluoghi presso il cliente finale o raccogliendo presso lo stesso le informazioni ritenute necessarie per la quotazione del rischio, ad esempio facendogli compilare appositi questionari.
Nel caso di un appalto pubblico è la stazione appaltante che nei documenti di gara deve informare le imprese concorrenti sui fattori che possono influenzare la sinistrosità specifica dell’ente al fine di consentire alle stesse di presentare, a parità di condizioni, la propria offerta.
In molte delle gare esaminate si è potuto constatare che le stazioni appaltanti non appaiono sempre in condizione di fornire informazioni corrette al mercato. Molto spesso ciò è conseguenza della separazione funzionale tra i soggetti deputati alla predisposizione del bando e alla gestione effettiva del contratto e al mancato raccordo delle due funzioni.
Al fine di ovviare a simili disfunzioni sarebbe opportuno che le stazioni appaltanti attribuiscano ad un unico soggetto o ufficio il compito di accentrare tutte le attività connesse con la gestione delle polizze di assicurazione e dei rapporti con i contraenti. In diversi casi è, ad esempio, risultato che una delle ragioni addotte dalle imprese per la rinuncia a partecipare a procedure ad evidenza pubblica è rappresentata proprio dalla mancanza di un referente specifico e dal timore di doversi confrontare con più soggetti differenti, siti in ufficio distinti o unità locali distinte della stazione appaltante.
La principale ragione indicata per la mancata presentazione di offerte alle gare, tuttavia, è legata alla asserita difficoltà da parte delle imprese di quotare il rischio assicurativo ovvero ad una presunta elevata sinistrosità della stazione appaltante, rispetto alla quale quest’ultima ha difficoltà di monitoraggio, per l’assenza di dati e per la forte asimmetria informativa che caratterizza i mercati assicurativi.
Si ritiene quindi necessario, che la stazione appaltante si doti di strumenti più efficienti per migliorare il set informativo da fornire in sede di gara, al fine di consentire agli operatori economici di presentare un’offerta adeguata .
A tale riguardo potrebbe essere utile inserire nei capitolati di gara la previsione di più stringenti obblighi informativi in capo all’impresa aggiudicatrice, in modo da acquisire, con continuità i dati relativi ai sinistri liquidati e riservati, con seguito e senza seguito con la previsione di penali a carico dell’impresa in caso di ritardi od omissioni nella trasmissione dei rapporti periodici richiesti  
In merito alla carenza di informazioni si ricorda, inoltre, che l’art. 1892 del Codice Civile prevede che “le dichiarazioni inesatte e le reticenze del contraente, relative a circostanze tali che l'assicuratore non avrebbe dato il suo consenso o non lo avrebbe dato alle medesime condizioni se avesse conosciuto il vero stato delle cose, sono causa di annullamento del contratto quando il contraente ha agito con dolo o con colpa grave”; mentre il successivo art. 1893 prevede che “se il contraente ha agito senza dolo o colpa grave, le dichiarazioni inesatte e le reticenze non sono causa di annullamento del contratto, ma l'assicuratore può recedere dal contratto stesso, mediante dichiarazione da farsi all'assicurato nei tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto l'inesattezza della dichiarazione o la reticenza”. Il Codice Civile riconosce, dunque, all’assicuratore, il diritto di recesso quando questi si è trovato costretto a quotare il rischio senza le necessarie informazioni, distinguendo gli effetti e le conseguenze a seconda che vi sia o meno  dolo o colpa grave da parte dell’assicurato.
Ne discende che la mancata disponibilità di informazioni esaustive sull’andamento dei pregressi rapporti assicurativi non solo è in grado di pregiudicare il buon esito della procedura di gara ma rende condizionata la stessa validità e durata dell’assicurazione eventualmente contratta, sottoponendo la stessa stazione appaltante al rischio di trovarsi priva di copertura assicurativa.
In diversi casi osservati di recente dall’Autorità, inoltre, le imprese di assicurazione hanno attribuito la mancata partecipazione alle gare alle difficoltà sperimentate in passato a riavere le anticipazioni per le franchigie da parte di talune stazioni appaltanti. Appare quindi necessario che le stazioni appaltanti prima dell’indizione della gara e della sottoscrizione del contratto effettuino delle analisi per stimare la presunta entità dei pagamenti per le franchigie relative ai sinistri che si verificheranno nel corso di validità della polizza e, sulla base di tali stime, accantonino le opportune somme, da destinare al rimborso delle franchigie secondo le modalità previste nel contratto assicurativo. 

Il recesso dal contratto assicurativo
Dalle indagini effettuate è emerso che nella quasi totalità dei contratti esaminati sono inserite clausole di recesso in caso di sinistro.
Tali clausole, normalmente in uso nella prassi assicurativa, attribuiscono all’assicuratore la facoltà di recedere dal contratto dopo ogni sinistro denunciato, entro un determinato termine dal pagamento o dalla contestazione, salvo l’obbligo di preavviso. Nei contratti con i consumatori finali la possibilità di recesso unilaterale da parte dell’impresa di assicurazione è trattata nell’ambito delle clausole vessatorie che, ai sensi dell’art. 36 del Decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (cd. Codice del consumo), sono considerate nulle, mentre è generalmente consentito il recesso bilaterale, sebbene sia stato sostenuto in giurisprudenza che il carattere bilaterale della pattuizione non escluda lo squilibrio ai danni del consumatore, il quale, di norma non ha interesse a rescindere il contratto, soprattutto nei casi in cui la copertura assicurativa è obbligatoria.
Agli enti pubblici non si applica tuttavia la speciale disciplina di tutela prevista dal codice di consumo, difettando, in capo alla stessa, la qualità di consumatore, così come definita all’art. 3 del medesimo testo normativo. Ciò non toglie che l’inserimento di clausole di tale tipo nei contratti di assicurazione stipulati dalle pubbliche amministrazioni possa risultare estremamente pregiudizievole per l‘interesse pubblico e porsi in contrasto con i principi di economicità, efficacia e buon andamento dell’amministrazione, laddove l’esercizio del recesso da parte dell’assicuratore ponga la stazione appaltante nella necessità di trovare in tempi brevi, in genere incompatibili con quelli propri di una procedura ad evidenza pubblica, una nuova copertura assicurativa.
Il riconoscimento al contraente privato del potere di porre nel nulla il rapporto contrattuale sorto al solo verificarsi del sinistro, inoltre, non appare coerente con la disciplina speciale in tema di contratti pubblici che riconosce all’appaltatore la facoltà di sciogliere unilateralmente il contratto in corso di esclusione solo in casi eccezionali, riconducibili a fattispecie tipicizzate di eccessiva onerosità.
Rileva, al riguardo la disciplina delle varianti in corso di esecuzione, prevista dall’art. 311 del Regolamento di esecuzione ed attuazione del codice dei contratti che attribuisce all’esecutore il diritto di sciogliersi dal vincolo contrattuale nel caso in cui la variazione richiesta dalla stazione appaltante comporti un aumento superiore al quinto del prezzo pattuito.
Sotto altro profilo appare dubbia la possibilità di giustificare la legittimità di una clausola di recesso del rapporto assicurativo al verificarsi del sinistro alla stregua delle regole comuni in tema di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità.
L’art.1467 c.c., infatti, riconosce la facoltà di risolvere il contratto nei casi in cui avvenimenti straordinari ed imprevedibili, che non riguardano l’alea normale del contratto, aumentano l’onerosità della prestazione di una delle parti. Mentre, con specifico riguardo al contratto di assicurazione le ipotesi di aggravamento del rischio sono disciplinate dall’art. 1989 ai sensi del quale: “Il contraente ha l'obbligo di dare immediato avviso all'assicuratore dei mutamenti che aggravano il rischio in modo tale che, se il nuovo stato di cose fosse esistito e fosse stato conosciuto dall'assicuratore al momento della conclusione del contratto, l'assicuratore non avrebbe consentito l'assicurazione o l'avrebbe consentita per un premio più elevato. L’assicuratore può recedere dal contratto, dandone immediata comunicazione per iscritto all’assicurato entro un mese dal giorno in cui ha ricevuto o ha avuto in altro modo conoscenza dell’aggravamento del rischio” (art. 1898 c.c.).
Ciò posto appare evidente che il verificarsi di un sinistro non può costituire causa di risoluzione per eccessiva onerosità. Infatti, è proprio nella natura del contratto assicurativo quello di trasferire il rischio dall’assicurato all’assicuratore e il verificarsi del sinistro rientra nella normale alea del contratto di assicurazione.
Il trasferimento del rischio implica infatti che se non si verifica l’evento negativo, l’assicuratore incamera il premio pagato, senza prestare ulteriori servizi oltre alla gestione della polizza, mentre in caso di sinistro l’assicurato risparmia la differenza tra il costo dell’indennizzo e quello della polizza. È proprio quindi dell’attività assicurativa il fatto che, per singolo assicurato, l’assicuratore possa sopportare costi superiori ai ricavi, tuttavia ciò non può giustificare un eventuale venir meno alle obbligazioni contrattuali. In altri termini, è tipico della mutualità assicurativa il fatto che i soggetti che non causano sinistri sostengano i costi dei soggetti meno fortunati che hanno determinato uno o più sinistri.
In sostanza, non esistono ragioni economiche o giuridiche affinché si possa considerare come eccessivamente oneroso un contratto per il quale ex-post l’assicuratore ha sostenuto spese per indennizzo superiore all’entità della polizza, ovvero alla sinistrosità ipotizzata ex-ante. Viceversa, se valesse questa condizione, non vi sarebbe più ragione per l’attività assicurativa, ma sarebbe preferibile ricorrere all’autoassicurazione (se norme di legge non impongono l’obbligo di assicurazione).
Si deve, peraltro, rilevare che il Codice dei Contratti contiene disposizioni, volti a tutelare l’amministrazione dalla mancata esecuzione dei servizi da parte del contraente.
Appare, pertanto, opportuno che qualora la stazione appaltante ritenga, comunque, necessario inserire una clausola di recesso dal contratto, questa sia quanto più possibile dettagliata. In via preliminare, si osserva, che una delle possibili ragioni che conducono le imprese di assicurazione a ritenere necessaria una tale clausola appare legata al timore di vincolarsi per un periodo eccessivamente lungo; un modo per superare le ragioni per un recesso anticipato potrebbe essere, allora, quello di fissare una durata delle polizze che contemperi le esigenze delle stazioni appaltanti della continuità del rapporto con il timore delle imprese di un’elevata esposizione al rischio.
In ogni caso, appare necessario che siano chiaramente specificate le cause che possono condurre al recesso da parte delle imprese di assicurazione, non potendosi ritenere ammissibili clausole, osservate di frequente, che riconoscono la possibilità di recesso, di fatto, successivamente al verificarsi del primo sinistro. Si tratta, infatti, di una clausola particolarmente penalizzante per quelle amministrazione caratterizzate da elevata sinistrosità, seppure spesso con indennizzi di importo contenuto, come quelle che movimentano numerosi automezzi, per le quali quindi, non è possibile neppure ricorrere all’autoassicurazione.
Inoltre, appare indispensabile che la decorrenza dell’eventuale recesso sia vincolata alla effettiva possibilità della stazione appaltante di addivenire ad una nuova copertura assicurativa. In tal senso devono essere attentamente disciplinate le ragioni del recesso, le modalità di comunicazione dello stesso e le possibilità per la stazione appaltante di resistere a tale comunicazione.
Per lo stesso motivo i tempi per il decorso del recesso devono essere congrui con quelli occorrenti per una nuova aggiudicazione secondo le procedure previste dal Codice. Inoltre dovrebbero essere specificate le informazioni relative al rapporto assicurativo che l’operatore economico è tenuto a comunicare alla stazione appaltante prima del recesso, eventualmente condizionando l’efficacia dello stesso all’effettiva comunicazione delle informazioni previste.
Infine, appare opportuno segnalare che il ricorso o la minaccia di recesso non possono costituire modi surrettizi per una mera revisione dei prezzi. 

La proroga delle polizze e le gare deserte
La necessità di prevedere tempi idonei per la sottoscrizione di una nuova polizza vale, oltre che per i casi di recesso, anche per il rinnovo delle polizze in scadenza. In molte situazioni si registra che le gare assicurative finiscono spesso con l’andare deserte e le amministrazioni, non avendo tempi sufficienti per indire una nuova procedura ad evidenza pubblica, cercano l’impresa di assicurazione mediante procedure negoziate. In questa sede, spesso, in assenza di pubblicazione di un nuovo bando, vengono riviste profondamente le condizioni del capitolato, con l’aggiudicazione del contratto con prezzi maggiorati rispetto a quelli a base di gara, franchigie più elevate e/o modifica di altre condizioni di polizza assai rilevanti.
Si tratta di una patologia tipica del settore assicurativo, che introduce elementi non coerenti con le previsioni del Codice dei Contratti. Infatti, l’art. 57, comma 2, lettera a), che in merito alla possibilità di una procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando afferma che “nella procedura negoziata non possono essere modificate in modo sostanziale le condizioni iniziali del contratto”. Nel caso delle polizze assicurative non sembra, di regola, potersi applicare neppure la successiva lettera c) che riconosce la possibilità di una procedura negoziata dettata da ragioni di estrema urgenza non imputabili alla stazione appaltante. Infatti, la copertura assicurativa rappresenta un acquisto ripetuto nel tempo e le scadenze dei contratti sono note fin dal momento della loro sottoscrizione.
In tale situazione appare utile che le stazioni appaltanti diano avvio alle procedure di scelta del nuovo contraente con un congruo anticipo rispetto alla scadenza naturale del contratto, provvedendo, nel caso di ripetizione della procedura di gara a seguito di gara deserta, fin dalla redazione del nuovo bando, alla modifica delle condizioni contrattuali in essere che possono assicurare, anche sulla base della pregressa esperienza, una maggiore stabilità al rapporto contrattuale, indicandole nel nuovo bando .
Per cautelarsi contro le conseguenze di gare andate deserte nei bandi di gara, inoltre, potrebbe essere inserita una previsione di eventuale proroga del contratto alle condizioni iniziali sottoscritte fino al conseguimento di una nuova copertura, con l’impegno della stazione appaltante ad indire una nuova procedura con un congruo anticipo rispetto alla scadenza prevista per il contratto.
Per superare le criticità sopra descritte in gran parte riconducibili alla situazione di asimmetria informativa che caratterizza il mercato assicurativo  le stazioni appaltanti potrebbero valutare l’opportunità di utilizzare procedure di aggiudicazione più flessibili, che vedano, nel rispetto dei principi del codice dei contratti, una maggior coinvolgimento degli operatori del settore nella predisposizione del progetto contrattuale.
Al riguardo, ad esempio, le stazioni appaltanti potrebbero prevedere nei bandi di gara, la possibilità di presentare varianti in sede di offerta, secondo le modalità di cui all’art. 76 del Codice dei Contratti, ovvero potrebbero valutare l’opportunità di procedere all’aggiudicazione della gara mediante il dialogo competitivo, ai sensi dell’art. 58. In questo caso, gli elementi che possono giustificare il ricorso a tale strumento sono rappresentati dalla difficoltà di quotare il rischio assicurativo e di definire con dettaglio tutte le condizioni di polizza.
Tali sistemi, tuttavia possono dimostrarsi poco efficienti se, come si verifica di frequente, le stazioni appaltanti non dispongono delle professionalità e delle conoscenze necessarie a valutare la convenienza delle soluzioni progettuali presentate, sicché il confronto concorrenziale non sarebbe sufficiente ad assicurare alla stazione appaltante le miglior condizioni di polizza. 

I requisiti di partecipazione
Recentemente si è assistito ad un irrigidimento delle condizioni di partecipazione che, dettato dalla necessità di trovare imprese affidabili, rischia di  ingessare ancora di più un mercato nel quale molte amministrazioni faticano a trovare una controparte assicurativa. In particolare si fa riferimento alla tendenza, da parte delle stazioni appaltanti, di richiedere, come requisiti di partecipazione, fatturati di importo sproporzionati rispetto all’entità della polizza o rating elevati, emessi dalla principali agenzie internazionali. Si tratta, in entrambi i casi, di elementi che non sembrano coerenti a perseguire gli obiettivi dichiarati.
La richiesta di una raccolta premi molto più elevata del valore della polizza viene giustificata con il fatto che il premio rappresenta solo una frazione dell’esposizione al rischio; tuttavia tale giustificazione ignora la prassi assicurativa per cui le imprese raramente trattengono tutto il rischio, ma tendono invece a frazionarlo. In tal modo l’esposizione effettiva per la singola impresa è notevolmente inferiore rispetto al massimale assicurato. Per quanto riguarda il rating, inoltre, si evidenzia che lo stesso considera il rischio di credito e non la solvibilità delle imprese.
In Europa ed in Italia le imprese sono soggette ad una normativa rigorosa contro il rischio di inadempienza, con la previsione di un margine di solvibilità minimo che le stesse devono possedere. “Il margine costituisce in sintesi un indispensabile vincolo di patrimonializzazione a fronte dell’altrimenti incontrollata espansione degli affari assicurativi e della conseguente moltiplicazione dei rischi che possono compromettere la capacità dell’impresa di far fronte agli obblighi assunti nei confronti degli assicurati” (Cfr. Quaderni Isvap n. 6, Il margine di solvibilità delle imprese di assicurazione: confronto tra i sistemi europeo ed americano).
Un indicatore che meglio rappresenta, rispetto al rating, la capacità di far fronte all’esposizione assicurativa potrebbe essere il cosiddetto indice di solvibilità, ottenuto come rapporto tra il margine di solvibilità disponibile e quello richiesto in base alla normativa vigente. 

B. Questioni relativi al ruolo del broker nei rapporti con la pubblica amministrazione 
Il servizio di intermediazione assicurativa
Le osservate difficoltà  nel predisporre la lex specialis per le gare assicurative, nel gestire i contratti assicurativi e nell’individuare soluzioni idonee a ridurre l’esposizione al rischio di perdite patrimoniali o di responsabilità civile motivano spesso il ricorso ai servizi di un intermediario di assicurazione. Tuttavia, anche per quanto concerne le modalità di selezione degli intermediari di assicurazione e l’individuazione dei compiti loro assegnati si osservano numerosi elementi di criticità.
In via preliminare, si ricorda che, ai sensi dell’art. 106 del Codice delle Assicurazioni, “l’attività di intermediazione assicurativa e riassicurativa consiste nel presentare o proporre prodotti assicurativi e riassicurativi o nel prestare assistenza e consulenza finalizzate a tale attività e, se previsto dall’incarico intermediativo, nella conclusione dei contratti ovvero nella collaborazione alla gestione o all’esecuzione, segnatamente in caso di sinistri, dei contratti stipulati”. Quindi, ciascuna delle suddette attività rientra nell’ambito della generale attività di intermediazione assicurativa.
Inoltre, secondo il Regolamento Isvap n. 5/2006, “si intendono per mediatori o broker gli intermediari che agiscono su incarico del cliente e che non hanno poteri di rappresentanza di imprese di assicurazione o di riassicurazione”.
Le attività svolte dal broker assicurativo, secondo l’AIBA – Associazione Italiana Brokers di Assicurazioni e Riassicurazioni, consistono in:
  • analisi dei rischi;
  • definizione delle specifiche contrattuali;
  • individuazione delle compagnie d'assicurazione idonee;
  • gestione dei contratti;
  • assistenza nella liquidazione dei danni;
  • aggiornamento costante sulle dinamiche dei rischi e sull'andamento del mercato assicurativo.
In sostanza, gli elementi che differenziano l’attività del broker assicurativo rispetto all’agente di assicurazione sono, oltre al conferimento dell’incarico da parte del cliente (l’agente è mandatario di una o più imprese di assicurazione), lo svolgimento di servizi di consulenza precontrattuale indipendente, di eventuale ricerca per conto del cliente di idonee imprese di assicurazione e di successiva gestione dei contratti. Nel caso di servizi prestati alla pubblica amministrazione, le previsioni contenute nel Codice delle Assicurazioni devono necessariamente essere coordinate con la disciplina speciale in materia di contratti pubblici ed in particolare con il divieto di delega delle funzioni di stazione appaltante contenuto nell’art. 33 del Codice dei Contratti Pubblici volto ad impedire che l’attività di selezione dell’affidatario di un contratto pubblico possa essere gestita da soggetti esterni all’amministrazione. In alcuni casi esaminati le stazioni appaltanti hanno provveduto, con un’unica gara alla scelta dell’intermediario e della  polizza assicurativa, ovvero nell’incarico di brokeraggio, oggetto dell’affidamento, era prevista anche la selezione dell’impresa affidataria del servizio assicurativo.
Tale comportamento non risulta corretto, in quanto i due servizi (intermediazione e copertura assicurativa) appartengono a due mercati distinti. Recentemente il Tar Veneto ha chiaramente evidenziato come la normativa sui contratti precluda al broker la possibilità di far parte della commissione di gara e, di conseguenza, come non possa aver alcun ruolo nel processo di selezione dell’offerente. Ha, infatti, sostenuto che: “Suggerire” clausole e “collaborare alla gestione e all’esecuzione dei contratti conclusi sulla base” delle clausole stesse non significa – peraltro – che il broker possa essere pure coinvolto nella diretta trattativa con i concorrenti al fine della loro accettazione da parte di questi ultimi nell’ambito dei procedimenti di scelta del contraente indetti dall’Amministrazione aggiudicatrice: e ciò anche se i procedimenti stessi sostanziano – come nella presente fattispecie - una procedura negoziata senza previa emanazione di bando di gara, ai sensi dell’art. 57 del D.L.vo 163 del 2006. È evidente - infatti – che, ove si argomentasse diversamente, tra broker e Amministrazione aggiudicatrice insorgerebbe (come, per l’appunto, nel presente caso) un conflitto di interessi che ex se compromette la realizzazione del pubblico interesse e, comunque, contrasterebbe la disciplina contenuta nell’anzidetto art. 84 del D.L.vo 163 del 2006 in ordine ai criteri di scelta e di funzionamento delle commissioni giudicatrici delle pubbliche gare” (Sentenza del TAR Veneto n. 1343 del 13.04.2010).
La possibilità di affidare congiuntamente l’incarico di consulenza assicurativa e di ricerca della polizza assicurativa è stata più volte stigmatizzata anche dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in quanto ritenuta idonea ad escludere dal confronto concorrenziale imprese che potrebbero presentare offerte concorrenziali per uno solo dei due servizi. 

La remunerazione del broker
Un ulteriore elemento di criticità è rappresentato dalle modalità di remunerazione del broker. Nella maggioranza dei casi, sia per i clienti pubblici che privati, il broker viene remunerato dalle imprese di assicurazione, con commissioni calcolate in percentuale dei premi sottoscritti e talvolta anche con premi di risultato variamente configurati (contingency commission).  
Tale sistema di remunerazione rischia di falsare i meccanismi di gara. Infatti, quando le stazioni appaltanti utilizzano, così come richiesto dal Codice, il prezzo tra i criteri di valutazione dell’offerta, inevitabilmente finiscono con l’effettuare il confronto rispetto a grandezze indefinite poiché Il prezzo, nel caso delle gare per l’intermediazione assicurativa, viene espresso in percentuale al valore delle polizze sottoscritte, grandezza non nota al momento dello svolgimento della gara. In tal modo il punteggio per il prezzo viene assegnato in modo non conforme al Codice. Infatti, non si assegna un punteggio maggiore al prezzo più contenuto (che non può essere noto al momento dello svolgimento della gara), ma all’offerta che presenta una percentuale più bassa rispetto ad un valore ignoto che può variare da intermediario a intermediario.
Uno dei compiti principali che dovrebbe svolgere il broker a favore delle pubbliche amministrazioni è proprio quello del contenimento della spesa assicurativa, attraverso azioni che permettano la riduzione del rischio e il disegno di idonei strumenti assicurativi. Si viene invece a creare una situazione per cui la remunerazione del broker si riduce in valore assoluto all’aumentare dell’impegno profuso, ovvero si realizza un meccanismo di premialità inversa.
In sostanza, con l’attuale meccanismo di remunerazione del broker, vi è il concreto rischio di un aumento del costo dei prodotti assicurativi per le stazioni appaltanti. Innanzitutto i brokers ricevono una commissione (percentuale) paragonabile a quella degli agenti, sebbene le due figure professionali servano clientela assai diversa: soprattutto grandi clienti i primi, singoli individui i secondi. Pertanto, a parità di prestazione, la commissione in valore assoluto del broker tende ad essere più elevata.
Commissioni calcolate in percentuale dei premi sottoscritti potrebbero spingere, inoltre, i brokers a suggerire la sottoscrizione della polizza più costosa, magari giustificando ciò con qualche caratteristica della stessa difficilmente valutabile dal cliente finale; ma anche laddove non si verificasse questo effetto perverso, vi sono sufficienti incentivi affinché il broker suggerisca al cliente la sottoscrizione di prodotti non strettamente necessari allo stesso.
Infine, e ciò vale soprattutto per gli appalti pubblici, la stazione appaltante (o l’impresa di assicurazione) potrebbe indirettamente dover sostenere due commissioni di intermediazione, una a favore del broker scelto dalla pubblica amministrazione l’altra a favore dell’agente che ha partecipato alla gara assicurativa. In genere, ciò dovrebbe essere evitato con l’accettazione da parte dell’aggiudicatario della cosiddetta “clausola broker”, mediante la quale l’assicuratore o l’agente di assicurazione che concorre sa che occorre versare una commissione di intermediazione al broker.
Per le ragioni sopra rappresentate, considerando i rischi di conflitti di interesse, di premialità negativa e il ruolo del broker che, per le pubbliche amministrazioni, non svolge il ruolo di selezione dell’impresa di assicurazione, si ritiene preferibile una remunerazione che sia sganciata dal valore delle polizze sottoscritte e che possa essere chiaramente definita in sede di gara.
Sempre con riferimento al prezzo del servizio di intermediazione si è osservato che in numerose gare le stazioni appaltanti tendono a valutare l’offerta economica sulla base di formule a punteggio assoluto, ponendo soglie inferiori e superiori per la percentuale della commissione richiesta. Ad esempio, si assegna il punteggio massimo se la commissione richiesta è pari o inferiore alla soglia prefissata, un punteggio pari a 0 se la commissione è pari o superiore alla soglia massima prevista. Di regola, in gare siffatte, si osserva la tendenza di tutti gli operatori economici concorrenti ad offrire un prezzo allineato sul valore sufficiente ad ottenere il punteggio massimo. Criteri di valutazione dell’offerta economica basati sul punteggio assoluto con una soglia prefissata finiscono con l’allineare le offerte economiche e quindi con lo svilire completamente la componente di prezzo nell’ambito dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Peraltro, poiché tutti gli operatori economici appaiono in grado di offrire il prezzo minimo indicato dalla stazione appaltante, si può dedurre che la stessa avrebbe potuto ottenere sconti maggiori rispetto a quelli prefissati. 

Gli altri criteri di valutazione diversi dal prezzo
Il ribaltamento del costo del servizio sulla compagnia di assicurazione che sottoscrive la polizza ha spesso indotto a ritenere che tale affidamento non rientri tra quelli disciplinati dal Codice dei Contratti, ovvero che sia applicabile una disciplina particolare, essendo comunque l’appalto sottosoglia. La questione relativa alla presunta gratuità si ritiene ormai superata, considerato che, ai sensi dell’art. 29 del Codice, il valore posto a base di gara comprende l’insieme delle entrate che affluiscono all’aggiudicatario per effetto dell’affidamento (sul punto si vedano anche le Deliberazioni dell’Autorità n. 9 del 12.02.2009 e n. 71 del 09.09.2009). Tuttavia, come già osservato, la presunta gratuità del servizio di intermediazione assicurativa fa sì che nei bandi di gara spesso non si tenga sufficientemente conto del prezzo del servizio.
Come per i servizi assicurativi, anche nelle procedure per l’affidamento dei servizi di brokeraggio sono stati osservati bandi nei quali è richiesta una capacità economica finanziaria sproporzionata rispetto al valore dell’affidamento, ovvero è richiesta la dimostrazione di aver svolto un numero elevato di prestazioni a favore di determinate stazioni appaltanti o per l’intermediazione di determinati rischi.
In alcune circostanze è indicato, come requisito di partecipazione, la disponibilità di una sede nel comune in cui è localizzata la stazione appaltante. In altri casi ciò è considerato come criteri di valutazione, insieme ad altri, legati alle dimensioni del concorrente, come il numero di dipendenti o il fatturato realizzato. L’Autorità ha più volte avuto occasione di ricordare come tali elementi introducano distorsioni nella concorrenza, restringendo in modo ingiustificato il numero di potenziali concorrenti alla gara, ovvero favorendo gli operatori economici di dimensioni maggiori, senza che ciò risulti in alcun modo correlato con la qualità dell’offerta. Per cui si ritiene opportuno ribadire la necessità di evitare l’inserimento nei bandi di gara di simile prescrizioni.