lunedì 30 aprile 2012

La norma di cui all’articolo 48 del codice dei contratti_(che prevede anche l’incameramento della cauzione provvisoria)_ha lo scopo di verificare il possesso di requisiti soggettivi di partecipazione ex artt. da 38 a 45 del Codice

E’ poi evidente che ci si trova al di fuori del campo di applicazione dell’art. 48 del d.lgs 163/2006, norma che la ricorrente invoca confondendo il procedimento di verifica di congruità e affidabilità dell’offerta, al quale l’offerta aggiudicataria provvisoria è stata assoggettata ai sensi degli art. 86 e seg., con le verifiche di cui all’art. 48 co. 1, che riguardano ancora i requisiti soggettivi ex artt. da 38 a 45, dato che si tratta di procedimenti totalmente differenti nelle finalità e nelle modalità.
Infatti, è stato nel corso del procedimento di verifica di congruità, precedente e propedeutico all’aggiudicazione definitiva, e finalizzato alla verifica di sostenibilità economica e quindi di affidabilità dell’offerta, che l’aggiudicatario ha ribadito la volontà di fornire il summenzionato codice sorgente.
La ricorrente invece colloca, del tutto erroneamente, detta dichiarazione nell’ambito di un differente sub procedimento, teso alla verifica del possesso di requisiti soggettivi di partecipazione ex artt. da 38 a 45 del Codice, per cui erroneamente pretende di trarre dall’asserita ed indimostrata falsità della dichiarazione le conseguenze di cui all’art. 48 cit.


Tratto dalla sentenza numero 150 del 30 aprile 2012 pronunciata dal Tar Friuli Venezia Giulia

E’ stata l’ omessa allegazione degli atti necessari per la stipula del contratto di appalto a determinare l’escussione della cauzione provvisoria non la mancata prestazione della predetta dichiarazione di impegno ex art. 129, secondo comma, D. Lgs. 163/2006

Con il terzo motivo, la ricorrente deduce “l’erroneità della sentenza appellata, che non ha tenuto conto delle legittime, fondate riserve del concorrente al cospetto di una condotta della P.A. apertamente violativa delle predeterminate regole di gara e dei principi generali regolanti l’espletamento delle procedure di evidenza pubblica”.
La doglianza non ha pregio.
Sul punto, infatti, il primo giudice ha correttamente rilevato che “la P_ trascura di considerare che la censurata condotta dell’amministrazione è stata posta in essere proprio al fine di recepire l’istanza della ricorrente la quale, nel corso della procedura, aveva giustificato l’omessa presentazione della dichiarazione dì impegno con riferimento alla indisponibilità al relativo rilascio da parte degli istituti finanziari interpellati”, aggiungendo altrettanto correttamente che “Peraltro non vi è dubbio che, avendo partecipato alla procedura e conseguito l’aggiudicazione provvisoria (poi dichiarata decaduta), la ricorrente non ha motivo di dolersi di una modifica postuma della lex specialis di gara che, al più, poteva essere fatta valere da altri imprenditori che avessero desistito dal partecipare alla gara per non aver potuto produrre l’atto richiesto.
Inoltre, la ricorrente non trarrebbe alcun vantaggio dall’eventuale accoglimento della censura, dal momento che il provvedimento gravato di escussione della cauzione provvisoria non deriva dalla mancata prestazione della predetta dichiarazione di impegno ex art. 129, secondo comma, D. Lgs. 163/2006 bensì, come si è visto, dalla omessa allegazione degli atti necessari per la stipula del contratto di appalto”.
Per quanto sopra, la dedotta censura si appalesa priva di fondamento.

Tratto dalla decisione numero 5213 del 16 settembre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

E’ legittima l’escussione della cauzione provvisoria per mancata presentazione della cauzione definitiva nei termini e modi stabiliti dalla stazione appaltante

Con il secondo motivo di ricorso l’appellante, riproponendo l’eccezione già formulata in primo grado, assume che sarebbe stata preclusa alla stazione appaltante la possibilità di disporre l’incameramento della cauzione provvisoria, in quanto i presupposti per l’escussione della stessa erano esclusivamente quelli elencati all’art. 6 del disciplinare di gara (ovvero A. anomalia dell’offerta; B. carenza di requisiti dichiarati).
Sotto tale profilo, censura quindi la decisione impugnata per omesso esame di un punto decisivo.
La doglianza è infondata.
Contrariamente a quanto dedotto, i giudici di prime cure hanno puntualmente pronunciato su tale questione, ritenendola infondata.
Come espressamente precisato nella gravata sentenza, infatti, l’escussione della cauzione provvisoria nel caso specifico “si fonda legittimamente sull’omessa produzione documentale da parte della ** e, in particolare, in base alla previsione contenuta nel capitolato speciale d’appa1to (c. s. a.), che al punto I.5.1. (pagina 3) imponeva all’aggiudicataria provvisoria l’obbligo di costituire la cauzione definitiva ex articolo 113 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163 entro il termine massimo di 15 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione provvisoria, statuendo inoltre che la mancata costituzione della cauzione definitiva determina la revoca dell’aggiudicazione e l’incameramento della cauzione provvisoria di cui all’articolo 75 del decreto legislativo 163 del 2006 da parte di A.R.I.N.”.

La dedotta censura pertanto, si appalesa priva di fondamento.


Tratto dalla decisione numero 5213 del 16 settembre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

anche se la firma dell'agente è illeggibile, la cauzione deve comunque considerarsi ad esso riconducibile

Va respinta, infine, la censura relativa all’asserita illegittimità della cauzione provvisoria prodotta, risultando chiaramente specificato, nella stessa, il nominativo dell'Agenzia e del titolare e a nulla rilevando l’illeggibilità della firma posto che non sussistono elementi idonei per non far ritenere la stessa come non riconducibile a quella del soggetto legittimato

tratto dalla decisione numero 5714 del 26 ottobre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

Il risarcimento in forma specifica è il subentro contrattuale:resta da vedere se la polizza provvisoria è ancora valida

le pretese risarcitorie in forma specifica di parte ricorrente possono trovare adeguata soddisfazione mediante l'applicazione del disposto di cui all'art. 122 del d.lgs. n. 104/2010.


Sussistono infatti i presupposti per dichiarare annullata l'aggiudicazione e la sopravvenuta inefficacia del contratto, tenuto conto di quanto disposto da detto art. 122, sussistendo l'effettiva possibilità per la società appellante, nella sua qualità di aggiudicataria provvisoria illegittimamente dichiarata decaduta, di subentrare nel contratto, stante la notevole durata del servizio oggetto del medesimo.


Di conseguenza, annullata l'aggiudicazione, tenuto conto degli interessi delle parti, della dimostrata effettiva possibilità per la ricorrente di conseguire l'aggiudicazione in assenza dei vizi di illegittimità riscontrati dalla stazione appaltante, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nello stesso, nonché non ravvisandosi le condizioni per disporre l'annullamento dell'intera gara, deve essere dichiarata l'inefficacia del contratto in essere con decorrenza dalla data della comunicazione della decisione a cura della Segreteria della Sezione ovvero dalla sua notificazione, a cura di parte ricorrente, se anteriore. Con la medesima decorrenza, vista la domanda di subentro dal ricorrente e considerato che il servizio è ancora in corso di svolgimento va disposto che, a titolo di risarcimento in forma specifica, la ricorrente subentri nel rapporto contrattuale con la * s.r.l. e conseguentemente prosegua nella conduzione del servizio.

Tratto dalla decisione numero 6951 del 28 dicembre  2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

Anche sul secondo, pena l'escussione della provvisoria, grava l'onere del possesso dei requisiti speciali

Possibile escussione della provvisoria anche nei confronti del secondo classificato per mancata dimostrazione del reale possesso dei requisiti di ordine speciale


Come posto in rilievo dal primo giudice la soc. Nuova Croce Ricorrente non ha dato riscontro alla nota dell’ Azienda U.S.L. RM B con la quale, una volta concluso il procedimento di gara, era stata formulata richiesta, ai sensi dell’art. 48, comma secondo, del d.lgs. n. 163 del 2006, di produrre, nella qualità di seconda classificata, la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa previsti dal bando

Detto inadempimento, ai sensi del primo comma del menzionato art. 48, espone il concorrente all’esclusione della gara, all’escussione della relativa cauzione provvisoria ed alla segnalazione del fatto all’Autorità per i contratti pubblici.

Il comportamento del concorrente dopo la conclusione della gara rivela un’evidente acquiescenza all’esito negativo della stessa. Il T.A.R. ha, quindi, correttamente dichiarato il difetto di un interesse attuale e concreto alla contestazione dell’atto di aggiudicazione per il lotto 1 del servizio di trasporto materiali biologici e di stupefacenti in favore della soc. Controinteressata.

L’appello va, quindi, respinto in parte de qua

 decisione numero 1959 del 2 aprile 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

legittima revoca di aggiudicazione per mancata dimostrazione dei requisiti speciali dell'ausiliaria

Ai sensi dell’articolo 48, l’aggiudicataria non comprova il requisito speciale della ditta ausiliaria: legittimo l’annullamento dell’aggiudicazione (con escussione della relativa cauzione provvisoria)

Annullamento di aggiudicazione (con escussione della relativa cauzione provvisoria) per mancato rispetto delle proporzioni del  possesso di un  requisito speciale  da parte di ciascun partecipante al RTI che sono state richieste a pena di esclusione dalla gara nella relativa lex specialis


Ne consegue ulteriormente che, correttamente, l’amministrazione ha chiesto, ai fini dell’aggiudicazione definitiva, la produzione, da parte dell’aggiudicataria provvisoria, della documentazione comprovante il possesso del requisito generale di partecipazione alla gara di cui al richiamato articolo 4 del disciplinare con riferimento a tutti i partecipanti al RTI.

E, nel caso di specie, la documentazione prodotta da parte del RTI ricorrente, come rilevato negli atti impugnati da parte dell’amministrazione, non è risultata essere idonea allo scopo con riferimento alla cooperativa Alfa 1.

Ed infatti la cooperativa Ricorrente 3, partecipante al RTI in questione, si è avvalsa, ai fini del possesso dei requisiti di ordine generale, dei requisiti della cooperativa Alfa 1 e, pertanto, la verifica della ricorrenza dei detti requisiti andava appunto effettuata nei confronti della predetta ultima cooperativa.

E, al riguardo, come riconosciuto da parte dello stesso RTI ricorrente, le attestazioni aventi ad oggetto i servizi analoghi svolti dalla Alfa 1 nel triennio di riferimento, per la maggior parte, non riportano l’indicazione dei relativi importi economici.


Conseguentemente l’amministrazione non ha potuto verificare se effettivamente, nel detto triennio, la Alfa 1 abbia o meno svolto servizi analoghi per un importo pari almeno al 15% del fatturato di cui all’articolo 4 del disciplinare di gara né alcunché nello specifico è stato dedotto da parte del RTI ricorrente, il quale si è difeso nei limitati sensi di cui in precedenza.

Né può, al riguardo, essere validamente richiamato il disposto di cui all’articolo 46 del D. Lgs. n. 163 del 2006, atteso che, sebbene, per giurisprudenza consolidata in merito, l’istituto della regolarizzazione postuma si riferisca sia al completamento che al chiarimento del contenuto di certificati, documenti e dichiarazioni prodotti dalle imprese concorrenti per dimostrare il possesso dei requisiti di ammissione, tuttavia, nel caso di specie, l’amministrazione ha reiteratamente richiesto ed atteso la produzione della suddetta documentazione; ed infatti - dopo averla richiesta una prima volta con la nota del 15.9.2011 ai fini di comprovare il possesso del requisito di partecipazione per la conferma dell’aggiudicazione definitiva ed avere atteso fino alla data del 19.10.2010 prima di procedere alla revoca dell’aggiudicazione provvisoria, non essendo ricompresa nei depositi documentali del RTI del 6.10.2011 e del 19.10.2011- ha dovuto confermare il proprio provvedimento di revoca in quanto, tra l’altro, ancora alla data del 18.11.2011, di rigetto dell’istanza di autotutela, la detta documentazione pur essendo stata prodotta nelle more, era priva delle necessarie indicazioni relative agli importi economici dei servizi svolti.

Nonostante, pertanto, la formale adozione della revoca dell’aggiudicazione provvisoria, il RTI ricorrente non ha provveduto alla integrale e completa produzione in questione nemmeno nel momento in cui ne ha richiesto l’annullamento in via di autotutela.

E’ evidente che, pertanto, l’eventuale richiesta integrativa da parte dell’amministrazione ai sensi dell’articolo 46 richiamato non avrebbe potuto, comunque, in concreto sortire alcun esito.


sentenza numero 3418 del 16 aprile 2012 pronunciata dal Tar Lazio, Roma

ncarico di attività di supporto al rup_obbbligatoria un'assicurazione di responsabilità per i rischi professionali

In tema di attività di supporto del Rup: i soggetti prescelti devono aver stipulato adeguata polizza assicurativa a copertura dei rischi professionali


In particolare, l’art 10 del Codice 163/2006 conferma che, per ogni singolo intervento da realizzarsi mediante un contratto pubblico, le Amministrazioni aggiudicatrici devono nominare, ai sensi della legge 241/1990, un responsabile del procedimento unico per le fasi della progettazione, dell’affidamento e dell’esecuzione.

Ai sensi del comma 1, lett. a) dell’art. 90 del D.Lgs n.163/06, il RUP deve avvalersi, nello svolgimento dei propri compiti, del supporto dei dipendenti delle amministrazioni aggiudicatrici.

In caso di inadeguatezza dell’organico, per le attività di supporto si può ricorrere, ai sensi del comma 7 dell’art. 10 del D.lvo n. 163/06, a soggetti aventi le specifiche competenze di carattere tecnico, economico finanziario, amministrativo, organizzativo e legale, che abbiano stipulato adeguata polizza assicurativa a copertura dei rischi professionali .

Al riguardo, per “attività di supporto” devono intendersi un insieme di prestazioni tecniche ed amministrative relative al corretto svolgimento delle funzioni del medesimo R.U.P., quali analiticamente elencate all’art. 10 del D. Lgs. n. 163/2006 e agli artt. 7 e 8 del regolamento di esecuzione ed attuazione, e quindi tutte quelle attività strumentali – mediante l’esercizio di specifiche competenze (tecniche, economico-finanziarie, amministrative, organizzative e legali)- che costituiscano il presupposto per il corretto esercizio dei compiti funzionalmente attribuiti al RUP (quali supervisione, coordinamento e verifica alla progettazione, supervisione alla direzione dei lavori, supervisione alla sicurezza, funzioni amministrative, validazione progetto).

Passaggio tratto dalla sentenza numero 1089 del 23  aprile 2012 pronunciata dal Tar Sicilia, Catania

Ciò premesso, ad avviso del Collegio, al fine di accertare se un incarico conferito ad un professionista attenga ad un’unica prestazione (nel caso in esame, relazione geologica) ovvero ad “attività di supporto” del Rup, occorre aver riguardo alla consistenza dell’incarico conferito, ed in particolare alla presenza, o meno, di una molteplicità di attività, indicative delle funzioni di supporto, consistenti in una prestazione di assistenza e collaborazione con il Rup.

La legge, come visto, prevede che, nelle ipotesi dalla stessa contemplate, il responsabile del procedimento possa avvalersi di un supporto tecnico per lo svolgimento delle attività che allo stesso competono. Poiché si fa ricorso a professionalità esterne per sopperire a carenze di organico o per acquisire specializzazioni particolari di cui l'amministrazione non è dotata, l'incarico afferisce all'espletamento di compiti tipici dell'ufficio in questione, sicchè può ritenersi connaturato all’incarico, tra l’altro, l’obbligo per il professionista prescelto di assicurare una certa presenza in ufficio e quindi di recarsi presso la sede dell’Ente per lo svolgimento, in tutto o in parte, delle attività in questione.

Le ragioni del contendere contenute negli atti difensivi delle parti impongono di verificare se l'attività di cui si controverte sia effettivamente una complessa consulenza di supporto all'operato del Rup o sia, invece, semplicemente, la Relazione Geologica.

Nel caso specifico, il Collegio non ritiene che dall’esame della documentazione prodotta - in particolare il disciplinare relativo all’unico incarico che risulta essere stato conferito al dr. D’Controinteressato- possano ricavarsi elementi caratteristici di quella complessità e molteplicità di funzioni indicative di un’attività di supporto, in quanto la raccolta di dati, gli accertamenti, compilazioni, valutazioni e la sintesi finale delle indagini effettuate nella Relazione Geologica costituiscono (ed esauriscono) l'intero contenuto della prestazione commissionata al geologo.

rispetto alla mera numerosità del gruppo di lavoro, viene premiata l'esperienza

non può ritenersi vulnerato il principio della separazione tra requisiti soggettivi della ditta offerente e requisiti della qualità dell'offerta

non può ritenersi irrazionale il criterio che in ordine all'affidabilità del servizio attribuisce rilevanza alle "esperienze superiori ai tre anni maturate nell'erogazione di servizi analoghi "

Che per quanto concerne i primi due motivi (motivi che possono essere trattati congiuntamente e con i quali viene dedotta l'irragionevole e l’eccessiva considerazione che il disciplinare di gara avrebbe attribuito alle esperienze pregresse) il Collegio osserva che è solo sub elemento IA che attribuisce rilievo alle esperienze dell'impresa offerente atteso che i sub elementi IB e IIIB afferiscono invece alle professionalità acquisite dai singoli componenti il gruppo di lavoro, e pertanto non possono ritenersi come inerenti ai requisiti soggettivi dell'impresa offerente.




Che in ogni caso deve ritenersi assorbente sul punto il prevalente principio giurisprudenziale (che il Collegio condivide) secondo cui nel settore dei servizi "l'offerta tecnica non si sostanza in un progetto o in un prodotto, ma nella descrizione di un facere che può essere valutato unicamente sulla base di criteri quali-quantitativi, tra i quali ben può rientrare la considerazione della pregressa esperienza dell'operatore, come anche della solidità ed estensione della sua organizzazione d'impresa" (Consiglio di Stato, sezione quinta,2 ottobre 2009 n.6002);




Che nella specie, ricorre l'ipotesi di servizio che richiede elevata professionalità ed esperienza e pertanto non può ritenersi irrazionale il criterio che in ordine all'affidabilità del servizio attribuisce rilevanza alle "esperienze superiori ai tre anni maturate nell'erogazione di servizi analoghi "e non può ritenersi vulnerato il principio della separazione tra requisiti soggettivi della ditta offerente e requisiti della qualità dell'offerta;

passaggio tratto dalla sentenza numero 288 del 28 aprile 2012 pronunciata dal Tar Abruzzo, l’Aquila

con riguardo al terzo motivo (la commissione avrebbe errato nell'applicare concretamente il criterio di cui all'articolo 6 punto 1 lettera B. del disciplinare) il Collegio osserva che, in disparte il fatto che il Giudice Amministrativo può sindacare il giudizio tecnico della Commissione nei soli limiti della palese erroneità ed illogicità, nella specie, non solo non sono presenti manifeste incoerenze e illogicità ma il giudizio giustamente premia l'esperienza del gruppo di lavoro e la proposta di formazione continua avanzata dalla società controinteressata rispetto alla mera numerosità del gruppo di lavoro offerta dalla società ricorrente,




6-Che anche il quarto motivo (la società controinteressata avrebbe dovuto essere esclusa per violazione dell'articolo 5, lettera D2 del disciplinare di gara) è palesemente infondato atteso che, fermi anche in questo caso i limiti ai poteri di sindacabilità del giudice amministrativo, va rilevato che la controinteressata ha puntualmente osservato il disciplinare laddove lo stesso richiedeva specifiche professionalità (professionalità che necessariamente dovevano far parte del gruppo di lavoro) e laddove ha richiesto che l'esperto Senior abbia almeno 10 anni di esperienza in attività di coordinamento di progetti comunitari;




Che il quinto motivo appare di difficile comprensione e comunque il Collegio osserva in proposito che non si scorgono serie ragioni per ritenere il comportamento della Commissione illegittimo laddove non avrebbe dato atto nel verbale di aver conosciuto i documenti prodotti dalla controinteressata nella busta A.




Che il sesto e ultimo motivo (erroneità e insufficienza della motivazione in sede di verifica dell’anomalia dell'offerta della controinteressata) appare dedotto in modo apodittico ed in ogni caso nella specie la valutazione in ordine alla presunta anomalia dell'offerta della controinteressata appare (al contrario di quanto sostenuto dalla difesa della ricorrente) congrua e sufficiente, e ciò deve ritenersi in particolare, anche alla luce del pacifico principio giurisprudenziale secondo cui in sede di verifica dell'anomalia occorre avere riguardo all'offerta nel suo complesso e non ai singoli e specifici profili dell'offerta stessa (Consiglio di Stato, sesta sezione, 21 maggio 2009, n.3146).

domenica 29 aprile 2012

Nell'assicurazione fideiussoria o cauzionale, la clausola di pagamento a semplice richiesta del creditore, che, derogando alla regola dell'art. 1945 c.c., preclude alla fideiussione l'opponibilità delle eccezioni che potrebbero essere sollevate dal debitore principale ed assicura, per tale via, al creditore garantito una disponibilità di denaro immediata con effetti analoghi a quelli del deposito cauzionale


Cassazione civile sez. III, 4 aprile 1995, n. 3940

Nell'assicurazione fideiussoria o cauzionale, la clausola di pagamento a semplice richiesta del creditore, che, derogando alla regola dell'art. 1945 c.c., preclude alla fideiussione l'opponibilità delle eccezioni che potrebbero essere sollevate dal debitore principale ed assicura, per tale via, al creditore garantito una disponibilità di denaro immediata con effetti analoghi a quelli del deposito cauzionale (dato che in entrambi i casi il creditore ha la possibilità di realizzare il suo credito sui beni oggetto della garanzia mediante un atto unilaterale costituito, nel primo caso, dalla richiesta della somma assicurata e nel secondo, dall'incameramento della cauzione) da' luogo ad una obbligazione diretta ed autonoma dell'assicuratore nei confronti del beneficiario e ad una responsabilità dello stesso, per il puntuale adempimento di tale obbligazione, anche nei confronti del debitore principale che ha, pertanto, diritto di essere tenuto indenne degli effetti pregiudizievoli dell'eventuale ritardo dell'assicuratore, senza che a ciò osti la disciplina giuridica propria della fideiussione, dai cui schemi l'assicurazione cauzionale si differenzia per la funzione e per il maggiore e diverso oggetto, che non è solo la prestazione di una garanzia personale.

sabato 28 aprile 2012

un requisito riferito alla capacità tecnico-economica non può anche essere elemento di valutazione

Viene confermata l’illegittimità della lettera di invito per un abusivo utilizzo di criteri soggettivi nella valutazione delle offerte (con specifico riguardo all’attribuzione di 10 punti per il possesso del maggior fatturato)


la Stazione Appaltante non deve far pesare i requisiti soggettivi di partecipazione anche nei punteggi da attribuire ai concorrenti ormai ammessi, trattandosi di una confusione, come ormai da tempo evidenziato anche dalla Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Politiche Comunitarie del 1 marzo 2007, in conflitto con la normativa comunitaria e nazionale;Rilevato in particolare che il divieto generale di commistione tra le caratteristiche oggettive dell’offerta e i requisiti soggettivi dell’impresa concorrente conosce una sola eccezione nel caso – che non ricorre nella fattispecie in esame – in cui gli aspetti organizzativi o le esperienze pregresse, per il loro stretto collegamento con lo specifico oggetto dell’appalto, non vengano considerati in quanto tali, ma come elemento incidente sulle modalità esecutive dello specifico servizio (in tal senso cfr.: Cons. di Stato, Sez. VI, 18 settembre 2009, n. 5626);

Considerato infatti che la lettera di invito impugnata prevede tout court quale elemento valutativo e di attribuzione di un punteggio premiante un requisito (quello del fatturato) esclusivamente riferibile alla capacità tecnico-economica dell’impresa, senza alcuna possibile interferenza direttamente funzionalizzata alle caratteristiche oggettive dell’offerta;

Ritenuto che il ricorso trova pertanto assorbente accoglimento in relazione alla rilevata illegittimità della lex specialis, mentre deve essere disattesa l’istanza risarcitoria, solo genericamente formulata nelle conclusioni del gravame, senza alcuna successiva documentata quantificazione nel corso di causa e tantomeno in prossimità dell’udienza di discussione (in presenza, fra l’altro, di una continuità gestionale del servizio di mensa in capo alla stessa ditta ricorrente nella sua qualità di precedente aggiudicataria del servizio stesso, come ampiamente illustrato dalla difesa del comune senza alcuna avversaria confutazione sul punto);

sentenza 215 del 5 aprile 2012 pronunciata dal Tar Abruzzo, L’Aquila

bisogna evitare uno svuotamento di efficacia sostanziale alla voce prezzo

E’ principio quesito e normativamente affermato dall’art. 83 del Codice dei contratti, nonché dalla direttiva CE 18/2004, che il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa non può prescindere dal prezzo, con la conseguenza dell’illegittimità di un criterio di valutazione dell’offerta prezzo che, attraverso una formula aritmetica, conduca ad esiti opposti a quelli prefissati dal bando


Tanto è accaduto nel caso in esame, in cui, malgrado il bando abbia fissato in 25 punti massimo la valutazione dell’elemento prezzo, la formula matematica per la sua valutazione ha appiattito il punteggio spettante per tale elemento (da un range massimo potenziale di 25 punti ad uno di 5 punti).

Ne è conseguito che il punteggio economico massimo attribuibile pari a ¼ del punteggio totale, si è ridotto di fatto, togliendo percentualmente il valore dell’offerta prezzo nell’economia generale del punteggio, con conseguente preponderanza esclusiva del punteggio dell’offerta tecnica


Tale scelta (e non rileva se sia stata effettivamente voluta dalla stazione appaltante, o sia imputabile a mero refuso nella formulazione della formula di calcolo dell’offerta prezzo) è illogica ed ha finito con lo svilire ingiustificatamente una delle voci previste per l’assegnazione dei punteggi, in modo tale che la commissione avrebbe potuto in sostanza definire l’esito della gara, con l’assegnazione del punteggio all’offerta tecnica.

Seppure i criteri di attribuzione dei punteggi economici possono essere molteplici e variabili, ciò che conta è che nell’assegnazione dei punteggi, venga utilizzato tutto il potenziale range differenziale previsto per ciascuna voce ed in particolare della voce prezzo, al fine di evitare uno svuotamento di efficacia sostanziale della componente economica dell’offerta (in tal senso, Cons. stato, sezione V, 28 settembre 2005, n. 5194; 9 marzo 2009, n. 1368).

Per le considerazioni esposte, essendo indubbia l’illegittimità della formula matematica contenuta nel disciplinare di gara per l’attribuzione del punteggio all’offerta prezzo, l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza di primo grado, deve essere accolto il ricorso di primo grado della Gruppo Ricorrente s.r.l.. Per l’effetto, deve essere annullata la determina di aggiudicazione della gara e il disciplinare di gara, limitatamente alla formula matematica per il calcolo dell’offerta prezzo che va sostituita da altra coerente con il criterio del metodo aggregativo - compensatore di cui al d.p.r. n. 554 del 1999 adottato dal bando di gara.

 decisione numero 1899 del 31 marzo 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

la verifica di anomalia si è correttamente svolta dalla Commissione dopo adeguata istruttoria del RUP

le valutazioni della commissione di gara in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta si sostanziano in un’attività amministrativa di giudizio di carattere essenzialmente tecnico

finalizzata alla ricerca non già di specifiche e singole inesattezze dell’offerta, bensì ad accertare se questa sia attendibile o inattendibile nel suo complesso e, quindi, se dia o meno serio affidamento circa la corretta esecuzione dell’appalto (ex multis: Sez. III, 14/2/2012, n. 210; Sez V, 8/9/2010, n. 6495; 18/3/2010, n. 1589; sez. VI, 21/5/2009, n. 3146).

A fronte di tale manifestazione di discrezionalità tecnica, il sindacato giurisdizionale è conseguentemente ristretto entro i limiti, propri delle forme del controllo di tipo estrinseco, delle figure sintomatiche dell’eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti, arbitrarietà, illogicità manifesta della motivazione.

In conseguenza di un simile contrapposto atteggiarsi della sfera di apprezzamento dei fatti riservata all’amministrazione da un lato e del potere del giudice di ripercorrere l’iter decisionale della prima dall’altro, l’onere di allegazione e prova a carico di colui che deduce i suddetti profili di illegittimità - tanto più nel caso in cui la stazione appaltante abbia proceduto ad un’analitica disamina degli elementi dell’offerta, nel contraddittorio con l’interessata, pervenendo ad un giudizio finale positivo sulla sua congruità - non può ritenersi assolto attraverso una versione alternativa di parte, occorrendo invece enucleare specifici punti in cui il positivo riscontro sull’attendibilità dell’offerta si riveli, nel suo complesso, logicamente deficitario ed incongruamente motivato (sez. V, 12/3/2012, n. 1369).

Il Tar ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto ora ricordati, valorizzando le circostanze di fatto risultanti dalla documentazione versata in atti, dalla quale emerge che la verifica di anomalia da parte della Commissione di gara si era svolta attraverso un’istruttoria adeguata del RUP, nel contraddittorio con l’RTI poi risultato aggiudicatario, il quale aveva fornito giustificazioni idonee a supportare il giudizio di congruo, in particolare alla luce dei chiarimenti resi a proposito dei mezzi e alla manodopera a sua disposizione;


Passaggio tratto dalla decisione numero 2257 del 18 aprile 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato


Per rispondere alle censure formulate con il motivo d’appello in esame alla luce del richiamato indirizzo giurisprudenziale è d’uopo soggiungere rispetto al percorso motivazionale del Giudice di primo grado che:

- con riguardo alla censura sub a), se da un lato è vero che le analisi dei costi fornite nelle giustificazioni preventive dall’RTI Controinteressata presentano errori di calcolo, così come dedotto dall’odierna appellante, è del pari vero che, come già chiarito dal Giudice di primo grado, queste sono state superate nell’ambito del procedimento di verifica condotto ex post, sulla base dei puntuali chiarimenti offerti dalla controinteressata nel contraddittorio con la stazione appaltante;

- pertanto, l’approfondimento istruttorio debitamente esperito dalla stazione appaltante comporta il superamento delle iniziali incongruenze, dovendosi apprezzare il giudizio della Commissione di gara sulla congruità dell’offerta nella sua globalità, senza che questo sia scalfito dalle censure svolte dalla Ricorrente, in quanto indirizzate in parte qua esclusivamente alla fase prodromica delle giustificazioni preventive;

- per quanto concerne la censura sub b), il Tar ha correttamente rilevato che prezzo di € 24,00 orari esposto dalla controparte per la propria manodopera è in linea con le tabelle ministeriali, nelle quali sono peraltro previsti valori medi calcolati su basi statistiche e dunque non riferibili alla singola realtà aziendale, salvo il rispetto dei minimi salariali inderogabili, nel caso di specie nemmeno posto in dubbio dall’odierna appellante;

- analoghe considerazioni possono essere svolte in relazione alla censura sub c), essendo palese in questo caso l’opinabilità del costo per i noli proposto in alternativa dalla Ricorrente rispetto a quelli indicati dall’aggiudicataria in sede di giustificazioni dell’offerta, senza dunque che possa in alcun modo ritenersi inficiata l’attendibilità di quest’ultima.

è stato violato il principio di segretezza dell'offerta

Quanto alla circostanza che i sigilli erano distaccati, ma perfettamente combacianti, non esclude eventuali manomissioni del contenuto, ma al contrario dimostra che la busta poteva essere facilmente aperta senza danneggiamento alcuno e senza lasciare traccia.

Tale circostanza, quindi, non garantisce in alcun modo la segretezza dell’offerta.

Il fatto rappresentato, al di là di ogni considerazione su presunte responsabilità o effettive manomissioni, come già detto, integra di per sé violazione del principio di segretezza delle offerte, non rilevando in alcun modo la mancanza di segni evidenti di abrasione o manomissione della busta.


E’ principio basilare nelle procedure ad evidenza pubblica quello della segretezza delle offerte, in ossequio al quale sono previste precise formalità da osservare sia dai concorrenti che dalla stazione appaltante idonee a garantire che l’offerta e la documentazione allegata giungano integre alla commissione di gara.

Ciò posto, la circostanza che il plico recante l’offerta economica del r.t.i. Controinteressata 2 – CONTROINTERESSATA 3 sia pervenuto aperto alla commissione integra di per sé violazione del suddetto principio, cui non può che seguire l’esclusione dell’offerta Controinteressata 2 – CONTROINTERESSATA 3 dalla gara.

Né rileva, in contrario che la busta non recava manomissioni di sorta, o che fosse stata custodita in luogo non accessibile, in quanto il principio di segretezza si ritiene violato anche dalla mera possibilità o probabilità che possa essere stato manomesso il suo contenuto, alla stregua di un reato di pericolo.

In sostanza, una volta che il plico esce dalla disponibilità dell’impresa per essere consegnato alla stazione appaltante e fino a che non perviene nella disponibilità della commissione di gara, il plico deve restare integro, spettando solo alla commissione provvedere alla sua apertura.


 decisione numero 2340 del 20 aprile 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

legittimo richiedere che il plico sia controfirmato in ogni lembo

Vero è che nella materia dei contratti pubblici, le formalità prescritte dal bando di gara sono dirette ad assicurare la trasparenza e l’imparzialità dell’Amministrazione e la parità di condizioni tra i concorrenti;

dette formalità, pertanto, ove poste a pena di esclusione dalla gara, devono rispondere al comune canone di ragionevolezza, in stretta relazione con i richiamati principi.


Ne deriva che l’inserimento di clausole che prevedono la sanzione dell’esclusione deve essere giustificata da un particolare interesse pubblico, evitando il mero formalismo non legato a finalità d’interesse pubblico e oneri procedimentali inutili ed eccessivi


Trattasi, tuttavia, d’ipotesi che non ricorrono nel caso di specie, ove, come detto, la “lex specialis” di gara richiede, a pena di esclusione, la formalità della controfirma sui lembi di chiusura del plico, compresi quelli preincollati dal fabbricante. Tale modalità di autenticazione della chiusura della busta è, infatti, ragionevolmente finalizzata - ai fini della regolarità della procedura, interesse essenziale della Stazione Appaltante -, non solo a evitare il rischio della manomissione del plico e dell’alterazione del suo contenuto, e, quindi, ad assicurare la necessaria segretezza di tale offerta, a tutela della “par condicio”, funzione propria della sigillatura, ma anche a garantire che il contenuto della stessa sia quello approvato dal concorrente che lo ha presentato e, quindi, l’effettiva provenienza del plico e dell’offerta nel rispetto del principio dell’integrità e imputabilità dell’offerta che governa la materia delle gare pubbliche, senza con ciò imporre ai partecipanti alla gara di appalto oneri particolarmente gravosi.

Tale funzione non può essere assicurata, ad esempio, dalla mera apposizione del timbro sociale, che in teoria potrebbe essere stato apposto da un qualsiasi impiegato dell’impresa concorrente (T.A.R. Valle d’Aosta, Aosta, sez. I, 17 febbraio 2012, n. 15; Consiglio di Stato, sez. V, 23 maggio 2011, n. 3067; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 2 aprile 2008, n. 2818).

V.3. È conseguentemente legittima l’esclusione dalla gara dell’impresa che ometta la controfirma del plico contenente l’offerta sui lembi preincollati in sede di fabbricazione delle buste ove prevista a pena di irricevibilità dell’offerta (rectius, di esclusione del partecipante) dal bando di gara, indipendentemente dalla prova dell’effettiva manomissione.

VI. Una volta esclusi i profili di illegittimità di esclusione di un concorrente da una gara d’appalto, non ricorrono gli estremi di un danno “iniuria datum”, che possa dare ingresso alla pretesa risarcitoria per perdita di chance (Consiglio Stato, sez. VI, 2 marzo 2011, n. 1288).


sentenza numero 706 del 18 aprile 2012 pronunciata dal Tar Puglia, Lecce

è inutile la clausola del bando che imponga la preventiva sottoscrizione del disciplinare di gara

la sottoscrizione del disciplinare di gara in ogni sua pagina da parte delle imprese partecipanti di per sé non svolge alcuna utilità

La preventiva sottoscrizione specifica del disciplinare di gara non é dunque idonea a svolgere alcuna funzione giuridicamente tutelabile. Di conseguenza la clausola che, nel caso di specie, annette alla violazione di tale prescrizione la esclusione dalla gara deve essere annullata in quanto sostanzialmente inutile e perciò illegittima.



Infatti, mentre il capitolato d’oneri specifica il contenuto delle obbligazioni che andranno a gravare sulle parti in conseguenza della aggiudicazione e della stipula del contratto la stessa cosa non può dirsi con riferimento al disciplinare di gara, con il quale la stazione appaltante enuncia le regole di comportamento cui si atterrà nel corso della procedura al fine di pervenire alla individuazione dell’aggiudicatario.

Che la stazione appaltante acquisisca in via anticipata l’adesione al contenuto del futuro contratto ha certamente un senso, il quale evidentemente riposa sull’esigenza di evitare contestazioni generate dalla ignoranza o dalla non corretta interpretazione delle clausole contrattuali: in tal senso la sottoscrizione del capitolato d’oneri rende la presentazione della domanda di partecipazione alla gara più solenne e contribuisce ad attirare l’attenzione delle imprese concorrenti sul contenuto del futuro contratto d’appalto.

Al contrario la sottoscrizione del disciplinare di gara non svolge alcuna funzione concretamente utile, o quantomeno alcuna funzione degna di tutela da parte dell’ordinamento giuridico. Il contenuto del disciplinare di gara non potrebbe infatti essere messo in discussione in corso di gara in ragione della presunta ignoranza o della mera non condivisione di esso da parte di una delle imprese partecipanti, e ciò per la ragione che si tratta di regole che la stazione appaltante determina unilateralmente e che peraltro essa deve rispettare in toto onde garantire la par condicio di tutte le imprese partecipanti.

D’altro canto la sottoscrizione preventiva del disciplinare di gara neppure può servire per mettere la stazione appaltante al riparo da contestazioni conseguenti alla illegittimità delle singole clausole per violazione di norme o di principi di settore: la preventiva sottoscrizione verrebbe in tal caso ad assumere la funzione di preventiva rinuncia alla tutela giurisdizionale, effetto questo che é compatibile con la autonomìa negoziale delle parti private, e che queste possono perciò concordare (argomento ex art. 1341 comma 2 c.c., che ammette la validità delle clausole che prevedono limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni se sottoscritte specificamente), ma che invece non può trovare applicazione nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento di un contratto d’appalto da parte di una amministrazione pubblica, procedura che appartiene alla sfera della azione amministrativa e che deve pertanto rispettare determinati principi generali: tra essi il principio di buona amministrazione, che facilmente potrebbe essere disatteso ove si concedesse alle stazioni appaltanti la possibilità di determinare le clausole del disciplinare a piacimento, nella sicurezza di non essere esposta ad alcun contenzioso.

sentenza numero 428 del 4 aprile 2012 pronunciata dal Tar Piemonte, Torino

venerdì 27 aprile 2012

grava infatti sul danneggiato l’onere di provare gli elementi costitutivi della domanda di risarcimento del danno

Sennonchè la domanda di risarcimento del danno è limitata nel ricorso in appello - del resto al pari del ricorso in primo grado - alla richiesta di condanna, ai sensi delle leggi vigenti, “del Comune di Savona al risarcimento dei danni subiti e subendi da Ricorrente S.p.a. in forza degli atti impugnati del lavoro consequenziale esecuzione”, senza assolutamente specificazione alcuna in ordine ad un minimo di quantificazione di tali danni o un rinvio ad elementi probatori.

La domanda introdotta da Ricorrente appare quindi una sorta di mero automatismo riflesso, quasi un’appendice della domanda impugnatoria, mentre pacifica giurisprudenza afferma il principio che la domanda di risarcimento del danno non sostenuta dalle allegazioni necessarie all’accertamento della responsabilità dell’Amministrazione deve essere disattesa: grava infatti sul danneggiato l’onere di provare gli elementi costitutivi della domanda di risarcimento del danno e dunque in materia di appalti, almeno successivamente alle recenti pronunce della Corte di Giustizia UE in materia di elemento soggettivo, l’entità del danno e il nesso causale (Cons. Stato, V, 4 marzo 2011 n. 1408; id., 6 aprile
2009 n. 2143; id., 13 giugno 2008 n. 2967).


Tratto dalla decisione numero 2449 del 27 aprile 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

Se colui che agisce può eventualmente offrire al giudice elementi anche solo indiziari in ordine alla gravità della violazione o all’univocità della normativa di riferimento, il medesimo deve almeno indicare la prova dell’esistenza di un danno, ovverosia di una diminuzione patrimoniale o di perdita di chance, ma la totale assenza di queste ultime indicazioni priva il giudice anche della possibilità di una valutazione equitativa.

la polizza fideiussoria configura già di per sé un contratto autonomo di garanzia?

Tratto da Cassazione civile, sezione terza - 10 Gennaio 2012 - n° 65

9.1. la polizza fideiussoria configura già di per sé un contratto autonomo di garanzia (sul quale v., da ultimo, Cass. Sez. Un., 18/02/2010, n.3947, che ne individua la causa concreta in quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, sia essa dipesa da inadempimento colpevole oppure no, mentre con la fideiussione, nella quale solamente ricorre l'elemento dell'accessorietà, è tutelato l'interesse all'esatto adempimento della medesima prestazione principale);


9.2. la sua peculiarità sta allora in ciò, che, diversamente dal modello tipico della fideiussione, l'obbligazione di garanzia non è accessoria, ma appunto autonoma, rispetto all'obbligazione garantita: sicché LA GARANZIA PRESTATA PERSISTE ANCHE IN CASO DI ESTINZIONE O CADUCAZIONE - a qualsiasi titolo, compreso il caso del cd. condono - DELL'OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA; e venendo la prima meno sostanzialmente quando il pagamento dovuto sia effettuato dal contribuente debitore principale (Cass. Sez. Un., 15/10/1998, n.10188; Cass. 15/03/2004, n.5239; Cass. 7/07/2006, n.15576);


9.3. orbene (tra le ultime, v. Cass. 27/06/2007, n.14853), LA PREVISIONE DEL CARATTERE INCONDIZIONATO DELL'OBBLIGO di corrispondere l'indennizzo pari all'ammontare dell'obbligazione garantita ELIDE L'APPLICABILITÀ DELLA NORMATIVA SULLA FIDEIUSSIONE anche all'assicurazione fideiussoria (o cauzione fideiussoria o assicurazione cauzionale), che va qualificato allora come CONTRATTO AUTONOMO DI GARANZIA sui generis e precisamente di tipo cauzionale, in quanto figura contrattuale intermedia tra il versamento cauzionale e la fideiussione, caratterizzata essendo dall'assunzione dell'impegno, da parte di una banca o di una compagnia di assicurazione, di pagare un determinato importo al beneficiario, onde garantirlo nel caso di inadempimento della prestazione a lui dovuta da un terzo;


9.4. in un contratto del menzionato tipo, la clausola di pagamento a semplice richiesta del creditore-beneficiario - che preclude al fideiussore, derogando alla regola dell'art.1945 cc, l'opponibilità delle eccezioni che potrebbero essere sollevate dal debitore principale - assicura, per tale via, al creditore garantito una disponibilità di denaro immediata, con effetti analoghi a quelli del deposito cauzionale, dato che in entrambi i casi il creditore ha la possibilità di realizzare il suo credito sui beni oggetto della garanzia mediante un atto unilaterale costituito, nel primo caso, nella richiesta della somma assicurata e, nel secondo, dall'incameramento della cauzione (Cass. 4/04/1995, n.3940;Cass. 1/06/2004, n.10486; Cass. n.14853 del 2007, cit.; per ipotesi analoghe, v. Cass. 24/04/2008, n.10658).


10. Dall'intero regime della polizza - ricostruito sopra al paragrafo 7 - emerge allora in modo inequivoco la centralità della garanzia fideiussoria, quale perno del meccanismo di erogazione dei rimborsi per il tramite dello strumento del conto fiscale:


10.1. mediante la previsione dell'obbligo di prestazione di una garanzia, strutturata dalla legge in modo da garantire massimamente il beneficiario, il legislatore ha inteso immunizzare l'Amministrazione dai rischi connessi all'erogazione dei rimborsi fiscali in base a procedure snelle, volte a dare sollecito riscontro alle istanze creditorie dei contribuenti che, a vario titolo, abbiano sostenuto un carico tributario eccedente il dovuto (in tali sensi, v.Corte conti, sez. giurisd. Sicilia, 17/12/2008, n.3315);


10.2. in certa misura, a compensazione o contrappeso della sostanziale carenza di controlli sostanziali, è prevista la prestazione della garanzia da parte di chi insta per il rimborso e sostiene la tesi che questo gli sia dovuto: ne è riprova il fatto che la garanzia non è dovuta proprio per il caso in cui il rimborso è disposto dall'ufficio finanziario (v. sopra al punto 7.1.), evidentemente all'esito non già dell'autodichiarazione, ma di quella positiva attività di verifica e di accertamento della sussistenza dei requisiti necessari, invece istituzionalmente compressa od omessa nel rimborso a semplice richiesta;


10.4. la funzione della polizza non è allora quella di sostituire e garantire il versamento dell'imposta, ma di rimettere le parti nella posizione anteriore al rimborso: in altri termini, col rimborso accelerato di cui all'art. 38 bis, si determina uno spostamento patrimoniale in favore del contribuente, che ha però carattere di provvisorietà e precarietà, per cui, se i successivi riscontri dimostrano che il rimborso non era dovuto, s'impone anzitutto il ristabilimento dello status quo ante e a tale finalità di "ripristino" è, per l'appunto, collegata la garanzia (Cass. Sez. Un., 1/10/1996, n 8592; Cass. 12/10/1994, n.8333; Cass. Sez. Un., 15/04/1994, n.3519; Cass. Sez. Un. 15/10/1998, n.10188);


10.5. pertanto, per la natura autonoma dell'obbligazione di garanzia (sulla cui legittimità, in quanto espressione del principio dell'autonomia negoziale, v. tra le molte: Cass. n. 7341/87; n.6496/91; n. 12341/92; n. 3519/94; 5129/97), nella figura in esame restano del tutto distinti (per tutte, v. Cass. Sez. Un. 10188 del 1988, cit.) due diversi rapporti:


- un PRIMO, tra contribuente e fisco, concernente l'obbligazione tributaria, i cui presupposti e la cui disciplina seguono le regole proprie del diritto tributario;


- un SECONDO, tra fisco e fideiussore, che trova il suo fondamento nella polizia fideiussoria e nella garanzia con essa prestata, e preclude al garante di sottrarsi all'adempimento richiestogli dall'Amministrazione finanziaria eccependo vicende inerenti al rapporto tributario, consentendogli soltanto di dedurre che al ristabilimento dello status quo ante abbia già provveduto il garantito, poiché solo in tal caso si sarebbe già verificato l'evento per cui dovrebbe operare la garanzia.

giovedì 26 aprile 2012

fattispecie di esistenza di tutti gli elementi di cui all'art 2043 cc_errore inescusabile

Questo Collegio ritiene opportuno trasmettere, a cura della Segreteria, copia del fascicolo d’ufficio e della presente sentenza alla Procura Regionale della Corte dei Conti per la Puglia in Bari per eventuali iniziative di propria competenza relativa alla condanna del Comune al risarcimento del danno per 26.392,39 euro.



Nel caso di specie, sicuramente sono integrati gli estremi della lesione (i.e. ingiustizia del danno ex art. 2043 cod. civ.) della situazione soggettiva di interesse tutelata dall’ordinamento facente capo alla società ricorrente (i.e. aggiudicazione dei lavori per cui è causa in proprio favore laddove fosse stata esclusa la Cosver),

della sussistenza dell’elemento oggettivo (adozione degli atti di gara che questo Collegio ha accertato essere illegittimi nei termini esposti in precedenza),

dell’elemento soggettivo dell’Amministrazione resistente (che ha adottato provvedimenti illegittimi, così violando regole di buona amministrazione e prudente apprezzamento)

e del nesso causale tra l’illecito e il danno subito (è evidente che l’azione amministrativa illegittima è causativa, secondo l’id quod plerumque accidit, di un pregiudizio alla sfera della odierna ricorrente che sarebbe dovuta essere aggiudicataria dell’appalto).

Peraltro, sul punto della prova dell’elemento psicologico dell’illecito aquiliano della P.A. Cons. Stato, Sez. VI, 13 febbraio 2009, n. 775 ha evidenziato che:

«…, in presenza di un’attività illegittima posta in essere dall’Amministrazione e foriera di danno per il privato, quest’ultimo non sarà onerato di un particolare sforzo probatorio in ordine alla sussistenza di una condotta colposa da parte dell’Amministrazione, ben potendosi limitare ad allegare la sola illegittimità del provvedimento quale elemento idoneo a fondare una presunzione (semplice) circa la colpa della P.A.

In tali ipotesi, spetterà quindi all’Amministrazione fornire la prova liberatoria a contrario, dimostrando in concreto che si sia trattato di un errore scusabile, configurabile - ad es. - in caso di contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione della norma, di formulazioni polisense di disposizioni di recente emanazione, ovvero di rilevante complessità del fatto sotteso alla determinazione amministrativa.».

Nella fattispecie oggetto del presente giudizio l’Amministrazione evocata in giudizio non ha fornito la prova liberatoria dell’assenza di colpa, né ha dimostrato la sussistenza in concreto di un errore scusabile.

Va, altresì, rimarcato che l’accertamento in sede giurisdizionale del carattere “non iure” dell’attività amministrativa posta in essere dalla stazione appaltante con consequenziale lesione dell’interesse legittimo dell’odierna ricorrente implica la consolidazione di un danno ingiusto ex art. 2043 cod. civ. nella sfera giuridica della stessa. In altri termini, la riscontrata illegittimità dell’azione amministrativa rappresenta l’indice della colpa dell’Amministrazione convenuta.

In tale eventualità spettava, pertanto, alla parte resistente fornire elementi istruttori o anche meramente assertori volti a dimostrare l’assenza di colpa, parte resistente che all’opposto è rimasta inerte sul punto.


Passaggio tratto dalla sentenza numero 741 del 18 aprile 2012 pronunciata dal tar Puglia, Bari


Peraltro, deve essere evidenziato che, da ultimo, Corte Giust. CE, Sez. III, 30 settembre 2010, n. 314 ha ritenuto superfluo l’accertamento, ai fini della responsabilità della Amministrazione da provvedimento illegittimo, dell’elemento soggettivo della colpa: “La direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989 n. 89/665/Cee, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992 n. 92/50/Cee, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, la quale subordini il diritto a ottenere un risarcimento a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’Amministrazione aggiudicatrice al carattere colpevole di tale violazione, anche nel caso in cui l’applicazione della normativa in questione sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all’Amministrazione suddetta, nonché sull’impossibilità per quest’ultima di far valere la mancanza di proprie capacità individuali e, dunque, un difetto di imputabilità soggettiva della violazione lamentata.”.

Relativamente al profilo del quantum del danno da lucro cessante invocato da parte ricorrente, va evidenziato che secondo Cons. Stato, Sez. IV, 7 settembre 2010, n. 6485 “Agli effetti della quantificazione del danno per lucro cessante, che l’impresa partecipante a gara pubblica assume di aver ingiustamente sofferto per effetto dell’illegittima mancata aggiudicazione dell’appalto, occorre che essa fornisca la prova rigorosa della percentuale d’utile che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria, prova desumibile dall’esibizione dell’offerta economica da essa presentata al seggio di gara, non costituendo il criterio del 10% del prezzo a base d’asta un criterio automatico, ma solo presuntivo.”.

La deducente RICORRENTE ha prodotto in allegato al ricorso introduttivo la propria offerta economica con un ribasso del 24,691% così assolvendo il proprio onere probatorio sul punto.

Tuttavia, come rilevato da Cons. Stato, Sez. VI, 9 giugno 2008, n. 2751, “Il lucro cessante da mancata aggiudicazione può essere risarcito per intero se e in quanto l’impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare mezzi e maestranze, lasciati disponibili, per l’espletamento di altri servizi, mentre quando tale dimostrazione non sia stata offerta è da ritenere che l’impresa possa avere ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri, analoghi servizi, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità, con conseguente riduzione in via equitativa del danno risarcibile. Si tratta di una applicazione del principio dell’aliunde perceptum, in base al quale, onde evitare che a seguito del risarcimento il danneggiato possa trovarsi in una situazione addirittura migliore rispetto a quella in cui si sarebbe trovata in assenza dell’illecito, va detratto dall’importo dovuto a titolo risarcitorio, quanto da lui percepito grazie allo svolgimento di diverse attività lucrative, nel periodo in cui avrebbe dovuto eseguire l’appalto in contestazione. Tuttavia, l’onere di provare (l’assenza del)l’aliunde perceptum grava non sull’Amministrazione, ma sull’impresa, e tale ripartizione muove dalla presunzione, a sua volta fondata sull’id quod plerumque accidit, secondo cui l’imprenditore (specie se in forma societaria), in quanto soggetto che esercita professionalmente una attività economica organizzata finalizzata alla produzione di utili, normalmente non rimane inerte in caso di mancata aggiudicazione di un appalto, ma si procura prestazioni contrattuali alternative dalla cui esecuzione trae utili.”.

Poiché, nel caso di specie la dimostrazione dell’assenza dell’aliunde perceptum non è stata offerta dalla società ricorrente su cui gravava il relativo onere probatorio, è da opinare nel senso che l’impresa possa avere ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri, analoghi lavori, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità.

Ritiene, pertanto, il Collegio, alla stregua delle considerazioni sopra esposte, di determinare l’ammontare della somma spettante alla società RICORRENTE, a titolo di lucro cessante, nel 10% dell’importo dell’offerta economica da quest’ultima presentata.

Tale somma, secondo quanto indicato in precedenza, va ridotta in via prudenziale al 5% dell’offerta economica, tenendo conto dell’aliunde perceptum dell’impresa.

Invero, secondo Cons. Stato, Sez. VI, 19 aprile 2011, n. 2427, “Non costituisce, normalmente e salvi casi particolari, condotta ragionevole immobilizzare tutti i mezzi di impresa nelle more del giudizio, nell’attesa dell’aggiudicazione in proprio favore, essendo invece ragionevole che l’impresa si attivi per svolgere altre attività. Di qui la piena ragionevolezza della detrazione dal risarcimento del mancato utile, nella misura del 50%, sia dell’aliunde perceptum sia dell’aliunde percipiendum con l’originaria diligenza.”.

Considerato che l’offerta economica presentata dalla ricorrente risulta pari ad €. 527.847,74 (a fronte del formulato ribasso del 24,691% sull’importo a base d’asta, a sua volta pari ad €. 700.909,24), la somma da liquidarsi a titolo di lucro cessante è pari ad €. 26.392,39 (5% di €. 527.847,74).

Ciò premesso, la complessiva somma di €. 26.392,39 riconosciuta alla RICORRENTE a titolo di risarcimento del danno da illecito aquiliano della P.A. (lucro cessante), trattandosi di debito di valore, va rivalutata anno per anno secondo gli indici ISTAT con decorrenza dalla data dell’illecito (i.e. momento storico [27 aprile 2009] dell’aggiudicazione definitiva), oltre interessi legali sulla somma non rivalutata, oltre gli interessi legali sugli importi annui della svalutazione, dalla relativa maturazione (cioè dalla scadenza di ogni anno successivo alla consumazione dell’illecito secondo il cosiddetto criterio “a scalare” individuato dalla Suprema Corte con la sentenza a Sezioni Unite n. 1712/1995).

Sul punto recentemente Cass. civ., Sez. I, 4 febbraio 2010, n. 2602 ha riaffermato la permanente validità del principio del riconoscimento d’ufficio della rivalutazione monetaria nonché degli interessi legali sulla somma rivalutata e dei criteri enunciati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 1712 del 1995 in tema di computo di rivalutazione ed interessi nelle obbligazioni di valore quali quelle derivanti - come nel caso di specie - da fatto illecito: “Il credito da occupazione appropriativa, trovando origine in un fatto illecito della p.a. ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., costituisce una obbligazione di valore su cui devono riconoscersi d’ufficio la rivalutazione monetaria nonché gli interessi legali sulla somma rivalutata, da calcolarsi secondo i criteri enunciati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 1712 del 1995.”.

In conclusione, il Comune di Minervino Murge è condannato a risarcire il danno da lucro cessante patito dalla società ricorrente nella misura di €. 26.392,39, oltre rivalutazione ed interessi legali come sopra determinati.

il risarcimento in forma specifica è il rinnovo della procedura

Non può invece essere accolta la domanda risarcitoria formulata dalla ricorrente, atteso che solo all'esito del rinnovo parziale della procedura, conseguente all'annullamento degli atti impugnati, potrà definirsi la spettanza in capo alla ricorrente della pretesa allo svolgimento del servizio ovvero al riconoscimento del danno per equivalente.

Si richiama al riguardo il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale il risarcimento del danno va escluso qualora l'accoglimento del ricorso avverso l'aggiudicazione intervenga in tempo utile a restituire in forma specifica all'impresa interessata la "chance" di partecipare alla gara da rinnovare, consentendo quindi il soddisfacimento diretto e pieno dell'interesse fatto valere (Cons.giust.amm. Sicilia sez. giurisd., 21 aprile 2010, n. 549; Cons. Stato, V, 12 ottobre 2004, n. 6579; Cons. Giust. Amm. Sic., 2 marzo 2007, n. 81; T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 05 giugno 2008, n. 5491; T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 12 giugno 2008, n. 1294).

In tali ipotesi la ripetizione, parziale o totale della gara, derivante dall'annullamento dell'atto, ben si atteggia quale risarcimento in forma specifica e l'onere per l'amministrazione di rinnovare la gara è di per sé sufficiente a dare piena e diretta soddisfazione all'interesse fatto valere

sentenza numero 452 del 18 aprile 2012 pronunciata dal Tar Piemonte, Torino

risarcimento del danno_la parte privata opera in parità con la pa e deve quindi dimostrare gli elementi probatori

In primo luogo va esclusa la risarcibilità delle spese sostenute per la partecipazione alla gara.

Come ormai più volte statuito da questo Consiglio, al di fuori delle ipotesi di responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione - ad esempio in presenza di una revoca della gara o di illegittima esclusione dalla stessa - nelle quali viene risarcito l’interesse c.d. negativo, la voce di costo in questione sarebbe comunque stata sostenuta dall’impresa anche in caso di aggiudicazione del servizio, per cui la stessa deve ritenersi incorporata nella differenza tra ricavi e costi all’esito del quale si ottiene utile ritraibile dal servizio medesimo (ex plurimis: sez. VI, 18/3/2011, n. 1681).

Il quale utile, in mancanza di ulteriori allegazioni da parte dell’odierna appellante, costituisce l’unica posta risarcitoria astrattamente configurabile nella presente fattispecie, venendo in essa in rilievo un danno da mancata aggiudicazione, rapportabile al c.d. interesse positivo, ovvero al risultato economico che l’impresa avrebbe realizzato grazie allo svolgimento del servizio, non conseguito a causa dell’illegittimità consumatasi in suo danno nella procedura di affidamento.

Nondimeno, non può fondatamente essere invocato a questo riguardo il criterio del 10% dell’offerta previsto dall’art. 345 l. 2248/1865, all. F.

Anche a questo riguardo il più recente indirizzo della giurisprudenza amministrativa, ormai consolidatosi, ha chiarito che il suddetto criterio di commisurazione, previsto per il diverso caso del recesso dal contratto da parte dell’amministrazione, stante il suo carattere forfettario e meramente presuntivo, risulta in generale sovrastimato rispetto alla realtà del mercato dei servizi aggiudicati dalle pubbliche amministrazioni, nei quali si attua un confronto competitivo tra più offerenti il quale inevitabilmente conduce ad una tendenziale riduzione dei margini di profitto. Secondo questo orientamento, quindi, dall’automatismo insito nell’applicazione del ridetto criterio deriverebbe uno sviamento della funzione “compensativa” del risarcimento per equivalente, cioè la reintegrazione della sfera giuridica del danneggiato, consentendo a questo una indebita locupletazione dal fatto illecito altrui (cfr. Sez. V, 4/3/2011, n. 1385).

Considerazioni analoghe possono essere svolte a proposito del criterio di quantificazione del 5%, proposto dall’appellante in via gradata.

Anche in questo caso si tratta di un parametro presuntivo medio che astrae completamente dalla specifica realtà aziendale e che risulta del tutto sfornito di prova.

Sul punto giova osservare che il suddetto criterio avrebbe potuto essere corroborato attraverso l’offerta di elementi di prova (essenzialmente ritraibili dall’argomentata ostensione dei bilanci riferiti agli anni corrispondenti alla durata del servizio oggetto di gara) dai quali ricavare la redditività media dell’attività oggetto di appalto o di attività analoghe per tipo di prestazioni, processi di produzione e andamento dei costi.

Ciò non è stato in alcun modo fatto, per cui, chiarita la valenza meramente presuntiva degli anzidetti criteri forfetari, e precisata l’assenza nel caso di specie di elementi di gravità e precisione ai sensi dell’art. 2729 c.c., appare palese il mancato assolvimento dell’onere probatorio imposto al deducente dal disposto dell’art. 2697 c.c., che secondo la pacifica giurisprudenza amministrativa è integralmente applicabile alla domanda risarcitoria azionata nel processo amministrativo, nell’ambito della quale la parte privata opera su un piano di perfetta parità con l’amministrazione (trattandosi, in tale fase, di fatti ed elementi, anche indiziari, ordinariamente nella disponibilità della parte che agisce), sicché non è giustificato l’impiego, da parte del giudice, dei poteri di supplenza alle attività probatorie della parte, tipici del modello acquisitivo del giudizio impugnatorio.

In ragione della reciproca soccombenza le spese del doppio grado di giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti costituite in questo giudizio d’appello, mentre, per quanto concerne le appellate non costituite, la medesima statuizione va supportata avuto riguardo alla incolpevole posizione delle parti rispetto alle determinazioni assunte dalla stazione appaltante in sede di gara.


 decisione numero 2258 del 18 aprile 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato

il comportamento della pa è colpevole per aver confermato un provvedimento già censurato dai giudici

Contrariamente a quanto sostenuto dall’Amministrazione resistente, infatti, nel caso in esame sussistono tutti gli elementi costitutivi del danno, compreso l’elemento soggettivo.


A tale proposito, si osserva che pur volendo prescindere dalla considerazione che, a seguito alla sentenza della Corte di Giustizia CE, sez. III, 30 settembre 2010, nella causa C-314/2009, in relazione ad una controversia avente ad oggetto l'affidamento di un appalto pubblico, non pare più possibile subordinare la concessione del risarcimento per equivalente all'accertamento del carattere colpevole della violazione delle norme sugli appalti pubblici commessa dalla stazione appaltante (TAR Lazio, Latina, sez. I, 14 gennaio 2011, n.21; TAR Sicilia, Catania, sez. IV, 7 dicembre 2010, n. 4624; TAR Lombardia, Brescia, sez. II, 4 novembre 2010, n. 4552; per una completa panoramica dell’evoluzione giurisprudenziale sul punto v. Consiglio di Stato n. 428/2012), si rileva che la condotta tenuta da SACAL è già qualificabile come “colpevole” per aver ritenuto di confermare e ribadire la motivazione di un provvedimento che era stata esplicitamente e chiaramente censurata dal Consiglio di Stato con la più volte citata sentenza n. 2390/2005.

L’entità del risarcimento, che corrisponde alla perdita definitiva dell’aggiudicazione dell’appalto, investe, innanzi tutto, il lucro cessante e cioè l'utile economico che sarebbe derivato dall'esecuzione dell'appalto in caso di aggiudicazione non avvenuta per illegittimità dell'azione amministrativa e, sotto altro profilo, il danno emergente, inteso come diminuzione patrimoniale dovuta alle spese ed agli esborsi sostenuti per la partecipazione alla gara.

Quanto alla prima voce di danno, è noto che, secondo un orientamento giurisprudenziale cui il Collegio ritiene di aderire, essa è generalmente reputata pari al 10% dell’offerta formulata dall’impresa partecipante, criterio questo cui fa riferimento la giurisprudenza in applicazione analogica dell'art. 345 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, allegato F, sulle opere pubbliche, sostanzialmente riprodotto dall'art. 122 del regolamento emanato con D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554, che quantificava in tale misura il danno risarcibile a favore dell'appaltatore in caso di recesso della P.A. (ciò sia allo scopo di ovviare ad indagini alquanto difficoltose ed aleatorie sia allo scopo di cautelare la P.A. da eventuali richieste di liquidazioni eccessive), disposizioni ora entrambe abrogate e sostanzialmente riprodotte nell’art. 134 del D.Lgs. 163/2006.

E’ però altrettanto noto come la giurisprudenza riconosca la spettanza nella sua interezza dell'utile di impresa nell’indicata misura del 10%, qualora l'impresa partecipante possa documentare di non aver potuto utilizzare le maestranze ed i mezzi, lasciati disponibili, per l'espletamento di altri servizi.

Nel caso in cui, invece, tale dimostrazione non sia stata offerta è da ritenere che l'impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri analoghi lavori, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità; in tale ipotesi il risarcimento può essere ridotto in via equitativa, in misura pari al 5% dell'offerta dell'impresa (in tal senso, tra le molte, Consiglio di Stato, sez. IV, 27 ottobre 2003, n. 6666; TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 10 maggio 2010, n.3505). Nel caso in esame, la ricorrente Ricorrente Technologies Inc. non ha allegato alcun elemento in tale senso, essendo, del resto, ragionevole presumere che parte ricorrente abbia potuto reimpiegare la propria organizzazione imprenditoriale in altre attività.

L’offerta cui si dovrà fare riferimento per l’applicazione della percentuale indicata, è quella riportata nel verbale di gara del 24.7.2003, dato dalla somma del costo degli apparati con la cifra complessiva (cinque anni) del costo di manutenzione.

La somma così determinata deve considerarsi compensativa anche del “danno emergente “, pure richiesto dalla ricorrente, identificato nel costo affrontato dal medesimo per la presentazione dell'offerta; non risultando, infatti, che tale costo fosse rimborsabile al concorrente, in caso di aggiudicazione dell'appalto, deve ritenersi che la predetta somma costituisse un investimento ma anche un rischio dell'impresa, funzionale alla previsione di guadagno già sopra quantificata e ritenuta liquidabile (Consiglio di Stato, sez. VI, 2 marzo 2009, n. 1180).

Quanto, infine, al riconoscimento delle spese sostenute dalla ricorrente per i procedimenti in primo grado avanti al TAR (n. R.G. 1277/03) e in secondo grado avanti al Consiglio di Stato (n. R.G. 4920/04), pure richieste, si rileva che il Consiglio di Stato, con la più volte citata sentenza n.2390/2005, ha già provveduto in ordine alle spese di causa di entrambi i gradi di giudizio.

In definitiva, la domanda risarcitoria è accolta, nei limiti e nell’importo sopra indicato (5% dell’offerta presentata da Ricorrente Technologies Inc. come sopra determinata), con conseguente condanna dell’Amministrazione resistente al pagamento del dovuto.


sentenza numero 409 del 17 aprile 2012 pronunciata dal Tar Calabria, Catanzaro