martedì 29 novembre 2011

Precedente risoluzione contrattuale per gravi errori diventa causa di escussione della cauzione provvisoria

Sussistenza di gravi errori professionali:annullamento di aggiudicazione ed escussione della cauzione provvisoria




legittimamente il Comune di Taranto considerava accertata, in conformità ai parametri fissati già dall’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 163 del 2006 (oltre che dalla lex specialis della gara), la sussistenza di errori gravi commessi dalla ricorrente nell’esercizio dell’attività professionale prestata presso il Comune di Oria, errori gravi emergenti, in punto di fatto, dalla delibera di Giunta n. 165 del 1° ottobre 2010 e, soprattutto, dall’atto di transazione intercorso in pari data fra le parti (atto nel quale, a fronte delle contestazioni del Comune di Oria, la Ricorrente, che ben avrebbe potuto agire in sede giudiziaria avverso l’atto comunale di risoluzione del contratto, preferiva invece ristorare la p.a. con la somma di euro 112.496,17 per il mancato gettito derivato al Comune dai propri inadempimenti contrattuali).

Errori gravi i quali obiettivamente rilevavano, indipendentemente da ogni giudizio sulle dichiarazioni rese dalla società (la intervenuta revoca della risoluzione unilaterale depone in ogni caso per la buona fede della società, fermo restando che allo stato non risulta concretamente disposta alcuna sanzione ex art. 48 d.lgs. n. 163 del 2006, pur essendo le stesse genericamente prefigurate nel provvedimento impugnato), ai fini della esclusione della ricorrente, così legittimando la determinazione n. 178 del 14 settembre 2011.


 la verificata correttezza dell’esclusione della Ricorrente fa venir meno la legittimazione della medesima alla formulazione delle censure pure avanzate rispetto alla successiva aggiudicazione della gara alla Controinteressata, le quali vanno dunque dichiarate inammissibili (cfr. Ad. Plen. 7 aprile 2011, n. 4: la definitiva esclusione o l’accertamento della illegittimità della partecipazione alla gara impedisce di assegnare al concorrente la titolarità di una situazione sostanziale che lo abiliti ad impugnare gli esiti della procedura selettiva. Tale esito rimane fermo in tutti i casi in cui l’illegittimità della partecipazione alla gara è definitivamente accertata, sia per inoppugnabilità dell’atto di esclusione, sia per annullamento dell’atto di ammissione).


la manifesta infondatezza del ricorso principale rende infine improcedibile per carenza di interesse il ricorso incidentale proposto dalla Controinteressata (Ad. Plen. cit: “L’esame prioritario del ricorso principale è ammesso, per ragioni di economia processuale, qualora sia evidente la sua infondatezza, inammissibilità, irricevibilità o improcedibilità”).


sentenza numero 2057 del 25 novembre 2011 pronunciata dal Tar Puglia,  Lecce

Il danno ingiusto da ritardo ha natura extracontrattuale

La fattispecie di responsabilità emersa dalla riforma del 2009 ha natura extracontrattuale, come si evince dalla testuale previsione della necessaria presenza dell’elemento soggettivo, doloso o colposo, per la configurazione positiva dello stessa.

Ne discende che il privato dovrà provare il danno con riferimento sia al danno emergente sia al lucro cessante, così come dovrà provare l’imputabilità del danno alla p.a. a titolo di dolo o colpa, non desumibili, secondo la più seguita giurisprudenza, dal mero dato obiettivo dell’illegittimità dell’azione amministrativa e dunque sulla base del mero superamento dei termini procedimentali, ma da accertarsi in concreto.

Il privato dovrà allora dimostrare che il superamento del termine è avvenuto in violazione delle regole proprie dell’azione amministrativa, e puntualmente dei principi costituzionali d’imparzialità e di buon andamento, delle norme di legge ordinarie imponenti celerità, efficienza, efficacia e trasparenza, dei principi generali di ragionevolezza, proporzionalità ed adeguatezza.


La cronologia che precede impone di ritenere del tutto ingiustificato il ritardo oggettivamente evidenziato; sono del tutto evidenti i “vuoti” procedimentali che costituiscono la ragione principale del ritardo


Passaggio tratto dalla sentenza numero 548 del 21 novembre 2011 pronunciata dal Tar Abruzzo, L’Aquila

Non sembra inopportuno a questo punto richiamare la fattispecie, per molti versi e certamente sul punto analoga, dell’obbligo del rispetto dei tempi del processo, conclamato nel principio apicale di ragionevole durata, la cui violazione, a prescindere dalla fondatezza della pretesa giudiziariamente azionata, è causa di responsabilità risarcitoria per lo Stato sul rilievo, comune alla fattispecie all’esame, che il mancato o ritardato esito del procedimento intrapreso costituisce, di per sé, una negativa incidenza sul patrimonio (inteso come fascio di relazioni) facenti capo al soggetto di diritti, la cui inviolabilità, in assenza di cause legali di giustificazioni, va in ogni caso garantita.

Nel caso di specie, il tempo previsto per la conclusione del procedimento costituisce lo spazio di possibile franchigia per l’Amministrazione per restare indenne rispetto all’obbligo di non violazione, mentre il suo superamento colpevole (ossia non altrimenti giustificato secondo l’ordinamento) la espone alle conseguenze risarcitorie derivanti dalla lesione di una situazione soggettiva giuridicamente tutelata.

Il mancato rispetto dei tempi del procedimento in caso di mero ritardo qualifica il danno cagionato come ingiusto e legittima ad agire per il risarcimento, nel caso di specie qualificato, anche nel quantum (secondo i principi indicati nell’Adunanza plenaria n.3/2011), dalla tempestiva impugnazione del silenzio.

(…)

Produzione del danno e nesso causale.

Altrettanto evidente è la rilevanza causale della mancata emanazione dell’atto in questione sul danno lamentato dai ricorrenti, che attendono da anni la riqualificazione urbanistica dei suoli di proprietà.

Orbene, pacifico essendo, come sopra detto, che i ricorrenti non hanno sinora ottenuto il bene della vita cui aspirano (la definizione del procedimento di riclassificazione dei suoli di proprietà), ed essendo per altro verso altrettanto pacifico che i ricorrenti aspirano legittimamente (e fondatamente, anche sulla base anche di quanto attestato dalla stessa Provincia) ad una qualche utilizzazione economica della proprietà finora preclusa dalla mancata riclassificazione, è ben possibile imputare, allo stato, proprio all’Amministrazione provinciale la persistente mancata definizione della complessiva vicenda amministrativa.

L’atto emanato (oggetto del separato ricorso n.140/2011 R.G. e di cui alla sentenza n. 499/2011), infatti, pur imponendo prescrizioni di tipo formale e procedimentale (necessità di rimettere la concreta disciplina a successivi atti attuativi e rilievi sulla scelta dello strumento di variante in concreto prescelto), oltre che sostanziale (quanto alla prescritta inedificabilità di alcune parti e relativamente alla diversa zonizzazione individuata), non ha tuttavia affatto né escluso il diritto alla diversa conformazione dei fondi, nel senso dell’attribuzione agli stessi di una qualche capacità edificatoria, né affermato la necessità di imporre ulteriori vincoli comportanti la persistente complessiva non utilizzabilità dei fondi stessi e da alcun atto del procedimento emergono tali eventualità; d’altra parte, giova aggiungere, ove pure l’avesse imposto, ovvero tale esito dovesse essere in ipotesi dovuto, in sede di definizione del procedimento, i ricorrenti ben avrebbero potuto ottenere un utile economicamente valutabile per effetto della necessaria indennizzabilità dei vincoli eventualmente reiterati.

Il che dimostra, ancora una volta, che è proprio la mancata definizione del procedimento di riconformazione la causa del danno lamentato dai ricorrenti.

Senonché, l’atto di accertamento di non contrasto emanato conferma che i ricorrenti hanno fondata aspettativa di riqualificare i suoli in senso maggiormente satisfattivo, ai fini della loro possibile utilizzazione in proprio (con iniziative economiche conformi, ben vero, alle nuove destinazioni imposte) ovvero ai fini della maggiore remuneratività degli stessi ove posti sul mercato immobiliare.

Il protrarsi indebito del procedimento (che, giova aggiungere, è tuttora bloccato per effetto della disposta riedizione del procedimento di pertinenza della Provincia per effetto di quanto statuito dalla sentenza TAR Abruzzo – L’Aquila, n.499/2011), che comporta la mancata definizione dello stesso danneggia dunque per ciò stesso i ricorrenti, essendo per quanto sopra detto acclarato che le potenzialità di sfruttamento dei suoli sono allo stato sacrificate dal ritardo nell’adozione degli atti di pertinenza dell’Amministrazione provinciale.

In tale prospettiva, solo in un certo senso, come detto, il danno è conseguente al mero ritardo, posto che non è esclusa una componente di effettivo ritardato conseguimento del bene delle vita allo stato del procedimento riconosciuto sicuramente spettante almeno per una certa parte.

III.4) Colpa dell’Amministrazione.

Del pari accertata deve ritenersi la colpa dell’Amministrazione, evidente non solo nella sopra esaminata cronologia degli atti ma anche, senza neppure entrare nel merito delle questioni sollevate dalla Provincia (e di cui alla sentenza n.499/2011 resa sul ricorso R.G. n.140/2011), dalla ulteriore circostanza, rilevante nella fattispecie, che l’Amministrazione provinciale e i suoi apparati tecnici erano perfettamente avvertiti della inerenza della vicenda procedimentale in esame ad un procedimento giurisdizionale in atto (già declaratorio dell’illegittimità del silenzio dell’Amministrazione comunale e perciò comportante la nomina di un Commissario ad acta), il che evidentemente connota il ritardo e la complessiva gestione della procedura di un grado di maggior gravità della responsabilità soggettiva dell’Ente provincia.

Giova aggiungere che la natura sostanzialmente vincolata (di accertamento costitutivo) dell’atto rimesso alla Provincia (il rilascio dell’attestato di non contrasto, ovvero la verifica, non discrezionale, ma basata sul solo parametro costituito dal vigente P.T.C.P.; cfr. ex pluris Cons. di Stato, Sez.IV. n.1493/2000 e TAR Abruzzo – L’AQUILA, n.499/2011) avrebbe imposto, ove dalla documentazione inviata fosse emerso il contrasto ovvero, per converso, non fosse evidente il non contrasto, l’emanazione di un atto espresso (e non meramente interlocutorio) negativo, che avrebbe se del caso innescato un sindacato giurisdizionale ovvero, se condiviso, una riedizione procedimentale intesa a superare l’indicazione contraria.

Il prolungamento procedimentale ha, dunque, solo ritardato l’emanazione dell’atto senza eliminare peraltro i contrasti (cfr. ricorso n.140/2011 e sentenza n.499/2011).

Non sembra superfluo evidenziare che la Provincia è individuata dalla L.R. n.11/1999, art. 44, comma 1, lett.b), come Autorità attributaria del potere sostituivo in caso di mancata definizione del procedimento da parte del Comune, nello stesso termine di un anno già imposto al Comune.

Il che rende vieppiù evidente la incongruità dei tempi che l’Amministrazione provinciale si è invece data per la definizione del procedimento di rilascio dell’attestazione di non contrasto ex art. 10 L.R. n.18/1983.

sentenza numero 548 del 21 novembre 2011 pronunciata dal Tar Abruzzo, L’Aquila

Sulla valenza generale del principio del divieto di rinnovo dei contratti scaduti

il principio del divieto di rinnovo dei contratti (di appalto) scaduti, stabilito dall’art. 23 l. 18 aprile 2005, n.62, ha valenza generale e preclusiva sulle altre e contrarie disposizioni dell’ordinamento (Cons. Stato, IV, 31 ottobre 2006, n. 6462).

E’ vero che la giurisprudenza ha distinto l’ipotesi in cui la possibilità di proroga non è stata espressamente indicata nella lex specialis, da quella in cui il bando contempla detta eventualità, facendone discendere, in tale seconda ipotesi, la possibilità che le amministrazioni motivatamente dispongano la proroga dei rapporti in corso. Ed è altresì vero che, nel caso di specie,l’art. 6 del bando di gara espressamente contemplava detta eventualità prevedendo “la facoltà, prevista dall’art. 7 secondo comma lettera f) del d.lgs. 17 marzo 1995. n. 157, di affidare l’appalto al medesimo contraente per il successivo triennio”.

Sennonché, costituisce principio consolidato che anche laddove una tal previsione sia contenuta nella lex specialis, essa potrebbe, al limite ed, consentire una limitata deroga al principio del divieto di rinnovo, purché con puntuale motivazione l’amministrazione dia conto degli elementi che conducono a disattendere il principio generale.

Tale rapporto tra regola ed eccezione si riflette sul contenuto della motivazione. Se l’amministrazione opta per l’indizione della gara, nessuna particolare motivazione è necessaria. Non così, invece, se si avvale della possibilità di proroga prevista dal bando. Detta ultima opzione dovrà essere analiticamente motivata, dovendo essere chiarite le ragioni per le quali si sia stabilito di discostarsi dal principio generale. Del resto, il divieto di rinnovo tacito dei contratti della p.a., anche se posto dalla legge con espresso riferimento agli appalti di servizi, opere e forniture, esprime un principio generale, attuativo di un vincolo comunitario discendente dal Trattato CE che, in quanto tale, opera per la generalità dei contratti pubblici ed è estensibile anche alle concessioni di beni pubblici (Cons. Stato, V, 7 aprile 2011, n. 2151).

Ne consegue che l’operato dell’Amministrazione è esente da censure, perché essa ha applicato la regola ordinaria, che prevede l’esperimento del procedimento pubblico alcessare del contratto in corso, e che tale determinazione non è censurabile per violazione di legge né per eccesso di potere.


 decisione numero 6194 del 24 novembre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

Tassatività cause di esclusione_mancata specificazione dell’inesistenza del direttore tecnico

se il primo comma dell'art. 38 del D. Lgs n. 163/2006 ricollega l'esclusione dalla gara al dato sostanziale del mancato possesso dei requisiti indicati, il secondo comma non prevede analoga sanzione per l'ipotesi della mancata o non perspicua dichiarazione

Tale orientamento è oggi confermato dal comma 1-bis dell’articolo 46 del Codice, introdotto dall’articolo 4, comma 2, n. 2, lettera d), del d.l. n. 70/2011, convertito in legge n. 106/2011

In base a tale norma, in definitiva, è oggi possibile comminare l’esclusione da una gara solo ove vi sia incertezza in ordine alla provenienza della domanda, al suo contenuto o alla sigillazione dei plichi e che ogni altra ragione di non partecipazione agli incanti non può essere prevista, a pena di nullità della disposizione del bando o della lettera d’invito (cfr. in tal senso e da ultimo T.A.R. Liguria, sez. II, 22 settembre 2011, n. 1396, e T.A.R. Veneto, sez. I, 13 settembre 2011, n. 1376);

Ora, poiché tra le predette cause di esclusione dei concorrenti dalle procedure concorsuali, non sembra rientrare anche la mancata specificazione dell’inesistenza della figura del direttore tecnico, sembra evidente che la Stazione appaltante non avrebbe potuto escludere la ricorrente dalla gara, ma, avrebbe dovuto – come in effetti ha fatto - invitarla ad integrare la documentazione mancante.

In tal caso, infatti, da un lato, l’esclusione sarebbe stata in contrasto con gli obblighi di non aggravamento procedimentale sanciti dall’art. 18 della l. n. 241 del 1990 e, dall’altro, la carenza della espressa specificazione dell’inesistenza della figura del direttore tecnico non integra una delle cause legali tassative che legittimano l’esclusione da gare di appalto, ex art. 46, comma 1-bis, del codice dei contratti pubblici

Passaggio tratto dalla sentenza numero 2059 del 25 novembre 2011 pronunciata dal Tar Puglia, Lecce

In particolare la ricorrente rileva che la Scarl Centro Studi ALFA doveva essere esclusa per non aver fornito – in violazione delle clausole del bando che ne prevedevano espressamente l’esclusione - alcuna indicazione in ordine all’esistenza o meno della figura del Direttore tecnico

In merito al motivo di cui al punto A) il Collegio ritiene di aderire all'orientamento giurisprudenziale che postula l’effettuazione di una doverosa valutazione sostanzialistica della sussistenza delle cause ostative, atteso che se il primo comma dell'art. 38 del D. Lgs n. 163/2006 ricollega l'esclusione dalla gara al dato sostanziale del mancato possesso dei requisiti indicati, il secondo comma non prevede analoga sanzione per l'ipotesi della mancata o non perspicua dichiarazione.

Tale orientamento è oggi confermato dal comma 1-bis dell’articolo 46 del Codice, introdotto dall’articolo 4, comma 2, n. 2, lettera d), del d.l. n. 70/2011, convertito in legge n. 106/2011, in base al quale: "La stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell'offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente l'offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte; i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. Dette prescrizioni sono comunque nulle".

In base a tale norma, in definitiva, è oggi possibile comminare l’esclusione da una gara solo ove vi sia incertezza in ordine alla provenienza della domanda, al suo contenuto o alla sigillazione dei plichi e che ogni altra ragione di non partecipazione agli incanti non può essere prevista, a pena di nullità della disposizione del bando o della lettera d’invito (cfr. in tal senso e da ultimo T.A.R. Liguria, sez. II, 22 settembre 2011, n. 1396, e T.A.R. Veneto, sez. I, 13 settembre 2011, n. 1376);

Ora, poiché tra le predette cause di esclusione dei concorrenti dalle procedure concorsuali, non sembra rientrare anche la mancata specificazione dell’inesistenza della figura del direttore tecnico, sembra evidente che la Stazione appaltante non avrebbe potuto escludere la ricorrente dalla gara, ma, avrebbe dovuto – come in effetti ha fatto - invitarla ad integrare la documentazione mancante.

In tal caso, infatti, da un lato, l’esclusione sarebbe stata in contrasto con gli obblighi di non aggravamento procedimentale sanciti dall’art. 18 della l. n. 241 del 1990 e, dall’altro, la carenza della espressa specificazione dell’inesistenza della figura del direttore tecnico non integra una delle cause legali tassative che legittimano l’esclusione da gare di appalto, ex art. 46, comma 1-bis, del codice dei contratti pubblici.

Nella specie, infatti, la Cooperativa ALFA è risultata in possesso di tutti i requisiti richiesti e la "lex specialis" e la contestata omissione non produce alcun pregiudizio agli interessi presidiati dalla norma, né comporta per il concorrente alcun vantaggio in termini competitivi (cfr. Consiglio di Stato, VI, 22 febbraio 2010, n. 1017).

4.1 – Alla stregua delle suesposte considerazioni il motivo in esame deve, pertanto, essere respinto


SI LEGGA ANCHE



Dopo il Tar Veneto, anche in Liguria i giudici amministrativi fanno riammettere un’impresa esclusa dalla Stazione appaltante per “colpa” della cauzione provvisoria

Mentre non vi è alcun dubbio che la mancata presentazione della cauzione provvisoria sia, legittima, causa di esclusione, sembra che i nostri giudici, in applicazione del neo nato comma 1 bis dell’articolo 46 del codice dei contratti, siano di diverso avviso per quanto concerne le “mancanze” della garanzia stessa

Prima il Tar Veneto _ sentenza numero 1376 del 13 settembre 2011_ e ora il Tar Liguria_ sentenza numero 1396 del 22 settembre 2011 si trovano d’accordo nell’affermare che, tra le tassative cause di esclusione, non vi è spazio per errate presentazioni della cauzione provvisoria.

Di conseguenza, nelle due fattispecie sottoposte ai giudici amministrativi, le Stazioni appaltanti dovranno riammettere le imprese illegittimamente escluse

In entrambe le situazioni si è trattato di un problema di importo della cauzione provvisoria(e non di clausole mancanti o di altre diversità rispetto alle prescrizioni di legge)

La sinteticità della sentenza veneta non ci permette di saperne di più, mentre sul caso genovese, qualche osservazione ci sembra opportuna

La ricorrente ha allegato una polizza fideiussoria che teneva la p.a. indenne solo per il cinquanta per cento dell’importo fissato nel bando, senza che fosse stata provata compiutamente la sussistenza della condizione richiesta.

Fino a 14 maggio era palese la legittimità dell’esclusione

Ora non più

Infatti, ci insegnano i giudici genovesi << La formulazione della novella_ comma 1 bis dell’articolo 46 _ non è chiarissima, ma sembra sottendere la volontà del legislatore di restringere l’area della discrezionalità delle stazioni appaltanti, allorché redigono la legge di gara e predeterminano le cause di esclusione. La lettura della norma condotta secondo criteri sistematici induce a ritenere che la legge ha inteso prevedere la possibilità di comminare l’esclusione dagli esperimenti di gara solo per l’incertezza nella provenienza della domanda, nel suo contenuto o nella sigillazione dei plichi.


Ne deriva che il motivo per cui la società in questione è stata esclusa dall’esperimento non sembra rientrare nell’elenco introdotto dal legislatore, sì che la domanda va accolta, dovendosi annullare l’esclusione e tutti gli atti ad essa conseguenti.

La domanda è la seguente

Che ne sarà della par condicio?

Nel senso che, specialmente per appalti di una certa importanza e da aggiudicarsi al prezzo più basso, è ovvio che risulta avvantaggiata la partecipante che ha speso meno per la cauzione provvisoria

Questo minor costo ha sicuramente influito sulla determinazione dell’offerta economica

Permettere di integrare l’importo in garanzia, significa inosservanza del principio di concorrenza e di par condicio; e tale situazione, invece di alleggerire il carico dei nostri Tar, sarà sicuramente fonte di ulteriori controversie

Per buona pace della semplificazione amministrativa

Per non tacer dell’eventualità che l’errore nella presentazione della cauzione provvisoria provenga da mancata indicazione di alcune obbligatorie clausole…..

Ancora una volta il legislatore ha perso l’occasione per dimostrare la propria lungimiranza nel scrivere alcuni divieti negli appalti pubblici

Ora non ci resta che attendere il Consiglio di Stato!

Di Sonia Lazzini

Ecco la norma

Art. 46. Documenti e informazioni complementari - Tassatività delle cause di esclusione

(rubrica così modificata dall'art. 4, comma 2, lettera d), decreto-legge n. 70 del 2011)
(art. 43, dir. 2004/18; art. 16, d.lgs. n. 157/1995; art. 15, d.lgs. n. 358/1992)
1. Nei limiti previsti dagli articoli da 38 a 45, le stazioni appaltanti invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati.
1-bis. La stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente l'offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte; i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. Dette prescrizioni sono comunnque nulle.
(comma aggiunto dall'art. 4, comma 2, lettera d), decreto-legge n. 70 del 2011)


Passaggio tratto dalla sentenza numero 1396 del 22 settembre 2011 pronunciata dal Tar Liguria, Genova

Il collegio può pronunciare sentenza brevemente motivata, vista la completezza del contraddittorio, la richiesta di adozione di una misura cautelare e la sufficienza degli elementi di prova, resa nota alle parti la presente determinazione.
Sono impugnati gli atti con cui la provincia di Genova ha escluso l’interessata dalla gara indetta per la fornitura di software antivirus, ed ha poi dichiarato la controinteressata aggiudicataria.
La ragione dell’atto concretamente lesivo è individuato nella presentazione da parte della concorrente di una cauzione che la p.a. ha ritenuto insufficiente: la legge di gara prevedeva che per (punto 7.2 delle norme di partecipazione) “… i candidati in possesso della certificazione al sistema di qualità conforme alle norme UNI EN ISO 9000 l’importo della cauzione provvisoria … è ridotto del 50 per cento…”. La ricorrente ha allegato una polizza fideiussoria che teneva la p.a. indenne solo per il cinquanta per cento dell’importo fissato nel bando, senza che fosse stata provata compiutamente la sussistenza della condizione richiesta.
Il collegio osserva che l’atto impugnato è stato adottato alla fine del decorso mese di luglio, allorché era già entrato in vigore l’art. 46 1 bis del d.lvo 12.4.2006, n. 163, che prevede la tassatività delle cause di esclusione dei soggetti partecipanti agli esperimenti indetti dalla p.a..
La formulazione della novella non è chiarissima, ma sembra sottendere la volontà del legislatore di restringere l’area della discrezionalità delle stazioni appaltanti, allorché redigono la legge di gara e predeterminano le cause di esclusione. La lettura della norma condotta secondo criteri sistematici induce a ritenere che la legge ha inteso prevedere la possibilità di comminare l’esclusione dagli esperimenti di gara solo per l’incertezza nella provenienza della domanda, nel suo contenuto o nella sigillazione dei plichi.
Ogni altra ragione di non partecipazione agli incanti non può essere prevista, a pena di nullità della disposizione del bando o della lettera d’invito (in tal senso, tar Veneto, 13.9.2011, n. 1376) .
Ne deriva che il motivo per cui la società in questione è stata esclusa dall’esperimento non sembra rientrare nell’elenco introdotto dal legislatore, sì che la domanda va accolta, dovendosi annullare l’esclusione e tutti gli atti ad essa conseguenti.
Sulla possibilità di applicazione di tale norma è stata attirata l’attenzione delle parti, come dal verbale d’udienza.

Si legga anche

Rivoluzione nella presentazione della provvisoria_può essere integrata una cauzione di importo inferiore



Ecco la prima sentenza in materia di cauzioni dopo l’introduzione della tassatività delle clausole di esclusione



A  cura di Sonia Lazzini

Considerato

che l’art. 46, comma 1-bis del DLgs n. 163/2006, aggiunto dall’art. 4, II comma, n. 2, lett. “d” del DL n. 70/2011, ha introdotto il principio di tassatività delle cause di esclusione dei concorrenti dalle procedure concorsuali, tra le quali non rientra la prestazione di una cauzione provvisoria di importo deficitario;

che nel caso di specie - ove peraltro la cauzione era incompleta, non già assente - l’odierna ricorrente non poteva essere automaticamente estromessa dalla gara, ma doveva essere previamente invitata ad integrare la cauzione, emendando così l’errore compiuto;

che, ciò stante, va accolto il ricorso (per motivi aggiunti) dd. 21 luglio 2011 e, conseguentemente, annullato l’impugnato provvedimento 19.7.2011 n. 344409 di esclusione della ricorrente dal “prosieguo della gara d’appalto”;

passaggio tratto dalla sentenza numero 1376 del 13 settembre 2011 pronunciata dal Tar Veneto Venezia






§§§§§§§§

E’ fondato il ricorso avverso un’esclusione per carenza delle referenze bancarie

E’ illegittima l’esclusione della Società ricorrente dalla gara per la fornitura di materiali di ricambio, in ragione della circostanza che la documentazione inviata era carente delle due referenze bancarie, richieste dal punto f) del disciplinare di gara.

Così si esprime il Tar Pescara con la sentenza numero 632 del 9 novembre  2011


Ma…


E’ MOLTO DISCUTIBILE LA TESI SECONDO LA QUALE ANCHE LA MANCATA  PRESENTAZIONE DI UN REQUISITO DI CAPACITA’ ECONOMICO FINANZIARIA NON DEBBA ESSERE FONTE DI LEGITIMA ESCLUSIONE!

COME MAI DUE ADEGUATE REFERENZE BANCARIE NON POSSONO ESSERE CONSIDERATE QUALI ELEMENTI ESSENZIALI DELL’OFFERTA?

SE LA TESI PER LA QUALE SOLO GLI INADEMPIMENTI A SPECIFICHE CLAUSOLE DI ESCLUSIONE DEBBANO ESSERE SANCITI CON LA LEGITTIMA ESCLUSIONE, IL PERICOLO E’ QUELLO DI ALLUNGARE I TEMPI DI AGGIUDICAZIONE DEGLI APPALTI IN QUANTO, PER QUALSIASI MANCANZA, COMPRESA QUELLA DEI REQUISITI PARTECIPATIVI, LA PARTECIPANTE PUO’ ESSERE AMMESSA CON RISERVA

CERTAMENTE VIENE FAVORITO IL PRINCIPIO DELLA MASSIMA PARTECIPAZIONE MA NON QUELLO DELLA PAR CONDICIO!

IN PRATICA, COME VOLEVASI DIMOSTRARE, L’INTRODUZIONE DEL COMMA 1 BIS DELL’ARTICOLO 46 NEL CODICE DEI CONTRATTI, STA CREANDO PIU’ CONFUSIONE CHE CERTEZZA DEL DIRITTO!

PER BUONA PACE DELLA SEMPLIFICAZIONE LEGISLATIVA!


Di Sonia Lazzini


Viene spontanea una prima osservazione in merito alla specifica fattispecie sottoposta ai giudici abruzzesi:

Partiamo dalla norma

Ricordiamo la norma nella sua interezza

1-bis. La stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente l'offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte; i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. Dette prescrizioni sono comunque nulle.
(comma aggiunto dall'art. 4, comma 2, lettera d), legge n. 106 del 2011)

Osserviamo inoltre che è nell’articolo 41 del codice dei contratti_quindi nella norma primaria_che si trova l’indicazione della richiesta delle due referenze bancarie quale requisito di ordine speciale :


Art. 41. Capacità economica e finanziaria dei fornitori e dei prestatori di servizi
(art. 47, dir. 2004/18; art. 1,3 d.lgs. n. 157/1995; art. 13, d.lgs. n. 358/1995)

1. Negli appalti di forniture o servizi, la dimostrazione della capacità finanziaria ed economica delle imprese concorrenti può essere fornita mediante uno o più dei seguenti documenti:
(comma così sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. l), d.lgs. n. 152 del 2008)

a) dichiarazione di almeno due istituti bancari o intermediari autorizzati ai sensi del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385;
b) bilanci o estratti dei bilanci dell'impresa, ovvero dichiarazione sottoscritta in conformità alle disposizioni del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445;
c) dichiarazione, sottoscritta in conformità alle disposizioni del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, concernente il fatturato globale d'impresa e l'importo relativo ai servizi o forniture nel settore oggetto della gara, realizzati negli ultimi tre esercizi.

2. Le amministrazioni precisano nel bando di gara i requisiti che devono essere posseduti dal concorrente, nonché gli altri eventuali che ritengono di richiedere. I documenti di cui al comma 1, lettera b), non possono essere richiesti a prestatori di servizi o di forniture stabiliti in Stati membri che non prevedono la pubblicazione del bilancio.

3. Se il concorrente non è in grado, per giustificati motivi, ivi compreso quello concernente la costituzione o l'inizio dell'attività da meno di tre anni, di presentare le referenze richieste, può provare la propria capacità economica e finanziaria mediante qualsiasi altro documento considerato idoneo dalla stazione appaltante.

4. La dichiarazione di cui al comma 1, lettera a), è presentata già in sede di offerta. Il concorrente aggiudicatario è tenuto ad esibire la documentazione probatoria a conferma delle dichiarazioni di cui al comma 1, lettere b) e c).
(comma così sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. l), d.lgs. n. 152 del 2008)

La domanda quindi è



POSSIBILE CHE LA MANCATA PRESENTAZIONE DELLE DUE REFENZE BANCARIE NON POSSA ESSERE CONSIDERATA UN INADEMPIMENTO ALLA LEGGE PRIMARIA E COME TALE FONTE DI LEGITTIMA ESCLUSIONE?


Passaggio tratto dalla sentenza numero 632 del 9 novembre 2011 pronunciata dal Tar Abruzzo, Pescara


l’art. 46, comma 1-bis, del D.L.vo 12 aprile 2006, n. 163, aggiunto dall’art. 4, 2 comma, n. 2, lett. d) del D.L. n. 70 del 2011, convertito con modificazioni nella L. 12 luglio 2011, n. 106, ha introdotto il principio della tassatività delle cause di esclusione dei soggetti partecipanti agli esperimenti indetti dalla P.A, prevedendo la possibilità di comminare l’esclusione solo “nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente l'offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte” e che “i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione” e “dette prescrizioni sono comunque nulle”.

In base a tale norma, in definitiva, è oggi possibile comminare l’esclusione da una gara solo ove vi sia incertezza in ordine alla provenienza della domanda, al suo contenuto o alla sigillazione dei plichi e che ogni altra ragione di non partecipazione agli incanti non può essere prevista, a pena di nullità della disposizione del bando o della lettera d’invito (cfr. in tal senso e da ultimo T.A.R. Liguria, sez. II, 22 settembre 2011, n. 1396, e T.A.R. Veneto, sez. I, 13 settembre 2011, n. 1376);

Ora, poiché tra le predette cause di esclusione dei concorrenti dalle procedure concorsuali, non sembra rientrare anche la mancata presentazione delle referenze bancarie, sembra evidente che la Stazione appaltante non avrebbe potuto escludere la ricorrente dalla gara, ma, in ipotesi, avrebbe dovuto invitarla ad integrare la documentazione mancante.

Il ricorso in esame deve, pertanto, essere accolto per essere fondata la predetta doglianza dedotta nei confronti dell’atto impugnato e, per l’effetto, deve essere annullato l’impugnato atto di esclusione della ricorrente dalla gara.

Sussistono, tuttavia, in relazione alla novità della normativa applicabile alla fattispecie e delle questioni interpretative che tale normativa pone, giuste ragioni per disporre la totale compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di giudizio, con esclusione del solo contributo unificato che l’Amministrazione intimata dovrà rimborsare alla ricorrente.
§§§§§§§§

sentenza 1560 del 10 novembre 2011 pronunciata dal Tar Liguria, Genova

Pacifica applicazione della tassatività delle cause di esclusione

Illegittima esclusione per contestate dichiarazioni in ordine all’avvalimento

il ricorso appare prima facie fondato in ordine alla natura meramente formale delle omissioni contestate ed alla prevalenza del principio di cui all’art. 46 comma 1 bis d.lgs. 163\2006;

atteso che, se per un verso gli elementi richiesti risultavano in sostanza già prodotti in sede di dichiarazione sui requisiti, per un altro verso l’oggetto delle dichiarazioni contestate (relative all’avvalimento) comporta la pacifica applicazione del principio della tassatività delle cause di esclusione;

- considerato che, a quest’ultimo proposito, mentre le dichiarazioni in questione non risultano imposte dalla normativa vigente, la relative richiesta di cui alla lex specialis non rientra nelle ipotesi di cui al predetto principio (incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell'offerta, difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrita' del plico contenente l'offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarita' relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte);

- considerato che all’accoglimento del gravame consegue l’annullamento degli atti impugnati;



Riportiamo qui di seguito il testo della sentenza numero 2059 del 25 novembre 2011 pronunciata dal Tar Puglia, Lecce

Solo i requisiti di ordine morale non possono essere oggetto di avvalimento

Il Consiglio di Stato ammette l’avvalimento per il fatturato, l’esperienza pregressa ed il numero dei dipendenti a tempo indeterminato


il ricorso all’avvalimento, avente ad oggetto il fatturato, l’esperienza pregressa ed il numero dei dipendenti a tempo indeterminato, sia stato legittimo, atteso che la disciplina dell’art. 49 del Codice dei contratti, che si applica alla gara in questione in forza dell’espresso rinvio contenuto all’art. 5 del relativo capitolato speciale di appalto, non pone alcuna limitazione, se non per i requisiti strettamente personali di carattere generale, di cui agli artt. 38 e 39, il cui possesso da parte dell’odierno appellante è nella fattispecie in esame incontestato


E’ sufficiente richiamare, sul tema generale, il precedente ampiamente motivato di questa Sezione di cui alla sentenza n. 2344/2011, precisando come il requisito dell’esperienza pregressa sia, in linea di principio, suscettibile di avvalimento al pari del fatturato, rappresentando entrambi, nell’ambito dei servizi e delle forniture, quello che l’attestazione SOA è per gli appalti di lavori, ovvero il principale elemento di qualificazione dell’impresa.

Con la duplice precisazione che dal contratto di avvalimento prodotto in atti risultavano indicate, in modo sufficiente sebbene perfettibile, le risorse in concreto messe a disposizione dall’impresa ausiliaria; e che il divieto per l’impresa ausiliare e per quella ausiliata di partecipare alla medesima gara non vale evidentemente nel caso di specie, nel quale l’avvalimento ha avuto luogo tra imprese componenti la medesima associazione temporanea, che non sono in concorrenza l’una con l’altra, come peraltro già ammesso in giurisprudenza (v. Cons. St., VI, n. 9577/2010; Tar Lazio, I, n. 4820/2008; nonché il parere dell’Autorità di Vigilanza n. 34 dell’11.3.2009).

Le stesse considerazioni di carattere generale valgono anche per il requisito concernente il numero annuo dei dipendenti a tempo indeterminato, richiesti in misura non inferiore a cinque, con l’avvertenza che, nel caso di specie, il timore paventato dal Giudice di primo grado, di una “fittizia duplicazione di dipendenti tra le due società associate”, è escluso dal fatto che l’impresa ausiliaria (nonché mandante) ha dimostrato di possedere un numero pari a ben seicentosei dipendenti, tale da consentirle agevolmente il “prestito” di una parte, assai piccola, se paragonata al tutto.


 decisione numero 6040 del 15  novembre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

lunedì 28 novembre 2011

L’escussione della cauzione provvisoria è un atto dovuto

Non vale la dimostrazione della buona fede ad evitare l’escussione della cauzione provvisoria a fronte di un inadempimento dell’articolo 48 del codice dei contratti a seguito della  mancata dimostrazione dei requisiti speciali

Infine non sussiste neanche l’omessa pronuncia sulla censura, dedotta (in subordine) nel secondo motivo di ricorso limitatamente alla sanzione ulteriore della escussione della cauzione provvisoria e della segnalazione all’Autorità di Vigilanza: con tale censura la ricorrente, premessa la propria buona fede in ordine alla dimostrazione del possesso del fatturato specifico, ne deduceva che, pur se l’esclusione dalla gara fosse stata ritenuta legittima, tuttavia, in mancanza di dolo, non ricorrevano i presupposti richiesti per adottare nei suoi confronti gli ulteriori suddetti provvedimenti.

In realtà la sentenza appellata si è pronunciata anche su tale censura nel punto della motivazione (pag. 8) in cui rappresenta che, in sede di verifica del possesso dei requisiti ai sensi dell’art. 48 D.lgs. n. 163/2006, la valutazione della P.A. è vincolata, essendo prevista espressamente dal Legislatore sia l’escussione della cauzione provvisoria sia la degnazione all’Autorità di Vigilanza; non residua, pertanto, margine per differenziare le determinazioni della stazione appaltante in relazione alla valutazione di profili ulteriori, introducendo di fatto un’esimente non contemplata dall’art. 48 Codice Contratti Pubblici.


Passaggio tratto dalla decisione numero 6272 del 28 novembre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

Ecco il commento alla confermata sentenza di primo grado

sentenza numero 33 del 12 gennaio 2011 pronunciata dal Tar Lombardia, Milano

il provvedimento di esclusione si è profilato come inevitabile e dovuto anche per quanto riguarda l’escussione della cauzione provvisoria e la segnalazione all’Autorità.


poiché la fase di verifica disciplinata dall'art. 48 del D.Lgs. n. 163 del 2006 reca in se un automatismo per cui, se non è comprovato il possesso dei requisiti mediante produzione della documentazione prevista dalla lex specialis, va disposta l’esclusione dalla gara e l’escussione della cauzione provvisoria



legittima esclusione ed escussione della cauzione provvisoria se, in caso di in sede di verifica ai sensi dell’art. 48 del codice dei contratti, il possesso dello specifico requisito di capacità economica e finanziaria richiesto dall’art. 6 del disciplinare di gara, consistente nell’aver realizzato un fatturato non inferiore a € 1.500.000,00 in servizi analoghi a quelli oggetto dell’appalto nel triennio 2007-2009, non viene dimostrato.


Dall’esame degli atti di causa emergono i seguenti dati:

- l’art. 6 del disciplinare di gara richiede la dimostrazione di un fatturato specifico complessivo in servizi analoghi a quelli oggetto della gara relativo alle attività svolte in ambito ospedaliero nel triennio 2007-2009 non inferiore a € 1.500.000,00;

- il successivo art. 12 stabilisce che i concorrenti sorteggiati debbano dimostrare il requisito specifico di capacità economico-finanziaria mediante produzione di copia autentica dei bilanci consuntivi, relativi agli anni 2007-2009 e certificati di pregressa esperienza indicanti almeno (tra l’altro) estremi del contratto da cui desumere l’intestatario, la data, la descrizione del servizio, l’importo;

- la ricorrente, sorteggiata ai sensi dell’art. 48 del D.Lgs. 163/2006, ha prodotto le dichiarazioni IVA e redditi (Mod. Unico), non essendo obbligata al deposito di bilanci consuntivi, e due certificati di servizio indicanti, rispettivamente, quello dell’Azienda ospedaliera Bianchi – Melacrino - Morelli di Reggio Calabria, un servizio di durata triennale al canone mensile di € 5.000,00 oltre IVA, quello dell’Azienda sanitaria di Messina, un servizio espletato presso il P.O. S. Vincenzo di Taormina a far data dal 1 settembre 2009 con un corrispettivo da versarsi all’Azienda pari al 36,52% sugli incassi complessivi;

- non essendo chiaro l’ammontare complessivo del fatturato realizzato con le due aziende né il periodo di riferimento, la stazione appaltante ha richiesto chiarimenti con nota del 5 ottobre 2010 alla quale la ricorrente ha dato riscontro il successivo 9 ottobre, integrando i documenti e chiarendo che mentre per il servizio in corso presso l’Azienda ospedaliera di Reggio Calabria il fatturato può quantificarsi in € 66.000,00 annui, oltre IVA per tre anni, quanto a quello presso il Presidio ospedaliero di Taormina l’importo contrattuale può essere desunto solo in percentuale, trattandosi di contratto attivo; ha precisato, tuttavia, che il fatturato specifico può desumersi dai Modelli “Unico” relativi ai tre esercizi finanziari;

- con nota del 21 ottobre 2010 la stazione appaltante, non avendo ricevuto dimostrazione del fatturato specifico in servizi analoghi, nel triennio 2007 – 2009, non inferiore ad € 1.500,00, ha disposto l’esclusione della ricorrente dalla gara, nonché l’escussione della cauzione provvisoria e la segnalazione all’Autorità per la Vigilanza sui Contratti pubblici per i provvedimenti di cui all’art. 6, comma 1, D. Lgs. 163/2006.
Qual è il parere dell’adito giudice amministrativo?

I fatti così riassunti non sono contestati, appuntandosi le doglianze della ricorrente sul fatto che l’Amministrazione, a fronte della non quantificabilità del fatturato su un contratto attivo ove la fatturazione avviene a percentuale sugli incassi, non abbia voluto ritenere soddisfatta la dimostrazione del fatturato mercé i modelli “Unico”.

Tale censura, tuttavia, non può trovare accoglimento.

Invero, come osservato dalla difesa dell’Azienda ospedaliera nel corso della discussione orale, la stazione appaltante ha dato alla ricorrente ogni possibile chance per dimostrare il requisito di capacità economico – finanziaria in discorso, sia derogando alla perentorietà del termine di dieci giorni previsto dall’art. 48, comma 1 del codice dei contratti e consentendo l’integrazione documentale e i chiarimenti, sia mostrandosi disponibile ad accettare qualunque certificazione idonea a provare il fatturato specifico.

Viceversa la ricorrente si è limitata a circoscrivere la propria documentazione ai certificati di servizio resi dalle Aziende ospedaliere che, per sua stessa ammissione, non erano idonei a quantificare l’importo del fatturato contrattuale nel triennio.
In definitiva, poiché la fase di verifica disciplinata dall'art. 48 del D.Lgs. n. 163 del 2006 reca in se un automatismo per cui, se non è comprovato il possesso dei requisiti mediante produzione della documentazione prevista dalla lex specialis, va disposta l’esclusione dalla gara e l’irrogazione delle sanzioni ivi previste, il provvedimento che ne consegue assume natura di atto vincolato specie ove, come nel caso in esame, l’Amministrazione abbia consumato l’unico margine di discrezionalità a sua disposizione, consentendo l’integrazione documentale e i chiarimenti.

Va, infatti, affermato il principio per cui se il provvedimento di esclusione da una gara d'appalto costituisce atto vincolato rispetto alla clausola del disciplinare di gara che indica le modalità di presentazione dei documenti a pena di esclusione (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 1 luglio 2010, n. 22062) vieppiù esso assume natura vincolata quando tale previsione, come nel caso di specie, discenda direttamente dalla legge

Rapporti fra impegno ad emettere la definitiva, segretezza dell’offerta e certificazione di qualità

L’obbligo assunto dell’istituto bancario, allegato all’offerta presentata dalla aggiudicataria non contrasta in alcun modo né con le prescrizioni del bando né con la lex specialis di gara.

Infatti, si prevede, con assoluta chiarezza, “l’impegno dl fideiussore a rilasciare, in caso di aggiudicazione dell’appalto, una polizza relativa alla cauzione definitiva, in favore della stazione appaltante pari al 10% dell’importo di aggiudicazione al netto di Iva”. Allo stesso tempo, però, si chiarisce che l’obbligo è assunto “ai sensi del D.lgs. 163/2006”

L’impegno assunto dalla banca nell’interesse del concorrente risultato poi aggiudicatario è pienamente conforme al dettato legislativo. Anzi, l’obbligo risulta addirittura “sovrabbondante”, in considerazione del beneficio del dimezzamento della cauzione, derivante dalla circostanza che l’aggiudicataria è in possesso di adeguata certificazione di qualità

tenendo conto del beneficio del dimezzamento della cauzione, il limite del 10% dell’importo del prezzo di appalto è astrattamente idoneo a comprendere ribassi che variano dallo 0 al 20%: un arco troppo ampio per potere seriamente influenzare il giudizio della commissione.

Passaggio tratto dalla decisione numero 6268  del 28 novembre 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato


Il ricorso di primo grado, oltre ad essere irricevibile, è comunque infondato nel merito.

Anzitutto, l’appellante lamenta che l’aggiudicataria non avrebbe presentato un adeguato impegno al rilascio della cauzione definitiva, in violazione della previsione dell’articolo 113, del codice dei contratti pubblici, secondo cui “1. L'esecutore del contratto è obbligato a costituire una garanzia fideiussoria del 10 per cento dell'importo contrattuale. In caso di aggiudicazione con ribasso d'asta superiore al 10 per cento, la garanzia fideiussoria è aumentata di tanti punti percentuali quanti sono quelli eccedenti il 10 per cento; ove il ribasso sia superiore al 20 per cento, l'aumento è di due punti percentuali per ogni punto di ribasso superiore al 20 per cento. Si applica l'articolo 75, comma 7”.

A sostegno del motivo, l’appellante espone che l’impegno assunto dall’Istituto bancario risulta limitato alla misura del 10% dell’importo dell’appalto, senza considerare le eventualità di dover prestare la cauzione in una percentuale più elevata.

6. Il motivo è privo di pregio.

L’obbligo assunto dell’istituto bancario, allegato all’offerta presentata dalla aggiudicataria non contrasta in alcun modo né con le prescrizioni del bando né con la lex specialis di gara. Infatti, si prevede, con assoluta chiarezza, “l’impegno dl fideiussore a rilasciare, in caso di aggiudicazione dell’appalto, una polizza relativa alla cauzione definitiva, in favore della stazione appaltante pari al 10% dell’importo di aggiudicazione al netto di Iva”. Allo stesso tempo, però, si chiarisce che l’obbligo è assunto “ai sensi del D.lgs. 163/2006”.

7. Non vi è dubbio, quindi, che, in forza di una interpretazione complessiva dell’atto, questo deve essere inteso nel senso che l’impegno alla prestazione della cauzione, limitato al 10% dell’importo dell’appalto vale solo nel caso in cui il prezzo dell’appalto corrisponda effettivamente ad un ribasso compreso (come in concreto è poi avvenuto) nel limite del 10% dell’importo posto a base di asta (nella specie: 4,89%).

L’impegno assunto dalla banca nell’interesse del concorrente risultato poi aggiudicatario è pienamente conforme al dettato legislativo. Anzi, l’obbligo risulta addirittura “sovrabbondante”, in considerazione del beneficio del dimezzamento della cauzione, derivante dalla circostanza che l’aggiudicataria è in possesso di adeguata certificazione di qualità.

8. Sotto altro profilo, l’appellante sostiene che, in tal modo, tuttavia, sarebbe stato violato il principio di segretezza dell’offerta economica, perché sarebbe stato agevole desumere che la concorrente aveva offerto un ribasso inferiore al 10%.

Neanche tale argomento merita condivisione. Come si è detto, l’impegno assunto dalla banca non comporta affatto questa univoca limitazione. Inoltre, tenendo conto del beneficio del dimezzamento della cauzione, il limite del 10% dell’importo del prezzo di appalto è astrattamente idoneo a comprendere ribassi che variano dallo 0 al 20%: un arco troppo ampio per potere seriamente influenzare il giudizio della commissione.

Da ultimo, si deve osservare che, alla luce delle disposizioni previste dalla lex specialis di gara, l’eventuale incompletezza o limitazione dell’impegno alla costituzione della garanzia fideiussoria, non risulta tale da determinare l’esclusione dell’offerta della concorrente, poiché, a tale fine, occorre l’assenza radicale del previsto impegno.

venerdì 25 novembre 2011

Tassatività delle cause di esclusione e richiesta dell’autentica notarile della firma del fideiussore

Dal 14 maggio 2011 nulla sarà come prima_sebbene anche il Tar Campania, Napoli con la sentenza 5552 del 24 novembre 2011 ritenga legittima la richiesta autenticazione della cauzione provvisoria, tuttavia, non essendo questa richiesta legittimata da alcuna norma del codice dei contratti ( o del regolamento di attuazione), l’esclusione dell’impresa che non allega la relativa autenticazione (sia essa della sola firma del fideiussore e/o dei suoi poteri di firma)  non sarà più legittima

Discutibile inoltre è la tesi per la quale una cauzione provvisoria di durata inferiore a quanto richiesto, sia anch’essa causa di esclusione

È doveroso infatti ricordare che la fideiussione provvisoria si svincola solo con un atto positivo da parte della Stazione appaltante, beneficiaria della garanzia (vedi, sebbene dopo il recepimento della direttiva ricorsi, la norma andrebbe modificata_articolo 75 comma 9 del codice dei contratti)

Ed inoltre non può essere dimenticato che, se la fideiussione è una polizza, il mancato o ritardato pagamento del premio, non può essere opposto alla pa e di conseguenza la polizza è comunque operante fino ad uno specifico svincolo oppure alla restituzione dell’originale di polizza

Quindi, come da giurisprudenza consolidata, il periodo di validità ha effetti unicamente per la determinazione del premio (quindi per i rapporti fra ditta partecipante_ditta obbligata_ e suo fideiussore) ma non anche nei rapporti fra Stazione appaltante_ente beneficiario e fideiussore del partecipante_ditta obbligata

Di Sonia Lazzini


Certo che nella particolare fattispecie è ovvio che:

la norma_dell’art. 46, comma 1 bis D.Lgs. 163/2006 (introdotto dall’art. 4, D.L. 13 maggio 2011 n. 70, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011 n. 106_non si applica al caso in esame, trattandosi di procedura indetta con bando pubblicato sulla G.U.C.E. in data 10 giugno 2010 e sulla G.U.R.I. il 14 giugno 2010 quindi, governata dalla disciplina antecedente alla novella del 2011 ed ispirata al principio della tassatività ed inderogabilità delle cause di esclusione espressamente statuite nella lex specialis dell'appalto

passaggio tratto dalla sentenza 5552 del 24 novembre 2011 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

colgono nel segno le censure con le quali parte ricorrente contesta la esibizione in sede di gara, da parte del consorzio aggiudicatario, di una cauzione provvisoria non autenticata (in violazione della previsione contenuta nel bando di gara al punto III.1.1, pag. 5) e con validità di 180 giorni, quindi con durata inferiore al termine di validità dell’offerta previsto dalla lex specialis (360 giorni, lettera di invito, Sez. XI, punto XI.1, pag. 21

quanto alla autenticazione della cauzione provvisoria, giova rammentare l’indirizzo già espresso dalla Sezione (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 14 gennaio 2011 n. 139 e 2 aprile 2007 n. 3041) e da questo Tribunale (Sez. II, 26 febbraio 2002 n. 1087) secondo cui la succitata disposizione di gara è conforme alla previsione contenuta nell’art. 57 R.D. 23 maggio 1924 n. 827 ( “Regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato”), secondo cui “la validità delle cauzioni personali e del fideiussore deve essere riconosciuta e dichiarata dal pubblico ufficiale che l'accetta per conto dell'amministrazione” che impone un adempimento, da un lato, di natura essenziale, per diretta derivazione dalla legge a tutela dell'interesse specifico della stazione appaltante, per altro verso, obbligato per garantire la correttezza dell'intero procedimento di aggiudicazione, sotto forma del rispetto della par condicio delle partecipanti:

si è inoltre osservato che non possono trarsi argomentazioni di segno contrario dalla previsione contenuta nell’art. 75 D.Lgs. 163/2006 (che, in tema di cauzione provvisoria, non prescrive l’autentica di firma del soggetto che emette la fideiussione) né dal principio del favor partecipationis o dal divieto di aggravamento del procedimento, considerato che la clausola di cui si discute risulta legittimamente finalizzata alla tutela dell'interesse pubblico alla certezza sulla provenienza della garanzia e non può ritenersi un mero aggravamento procedimentale, rispondendo comunque a logiche ordinamentali, trasfuse anche in norme di legge (Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 dicembre 2006 n. 8265);

- quanto viceversa al termine di validità, si osserva che la cauzione provvisoria ha la duplice finalità di garantire la stazione appaltante dalla mancata sottoscrizione del contratto da parte dell'aggiudicatario e di assicurare l'affidabilità e la serietà dell'offerta presentata e svolge, di conseguenza, una funzione indennitaria dei danni cagionati dall'eventuale rifiuto di stipulare il contratto e sanzionatoria degli inadempimenti procedimentali relativi alla veridicità delle dichiarazioni fornite in sede concorsuale, con la conseguenza che la sua durata non può prescindere dalla durata di validità dell'offerta, risultandone diversamente pregiudicata la sua stessa ratio legis (Consiglio di Stato, Sez. V, 11 maggio 2009 n. 2885);

- peraltro, dall’esame degli atti emerge che, in seguito alla richiesta di regolarizzazione della stazione appaltante, il consorzio CONTROINTERESSATA ha prodotto una nuova cauzione (con termine di 360 giorni e assistita da autentica notarile) dopo il termine di scadenza previsto a pagina 21 della lettera di invito per il deposito della documentazione di gara (secondo cui il plico contenente la documentazione amministrativa e tecnica nonché l’offerta economica doveva pervenire, a pena di esclusione, entro e non oltre il termine perentorio delle ore 12,00 del 10 dicembre 2010), con ciò incorrendo nella espressa comminatoria di estromissione prevista dalla disciplina di gara;

Vanno annullate sia l’esclusione che l’escussione della cauzione provvisoria

La portata della presente decisione con la quale viene annullato il provvedimento di esclusione,  investe ovviamente anche l’escussione della cauzione provvisoria.



l’art. 48 D.Lgs. n. 163/2006 va interpretato nel senso che, in sede di verifica, non è necessario che il concorrente provi la sussistenza dei requisiti di partecipazione nella stessa misura dichiarata in sede di domanda di ammissione, ma è sufficiente che venga provato il possesso dei requisiti minimi richiesti dal bando.

Ogni altra interpretazione sarebbe contraria ad elementari principi di buon senso e non arrecherebbe alcun tangibile vantaggio agli interessi della stazione appaltante. Infatti, poiché per un principio generale vigente in subiecta materia (ex plurimis, Cons. Stato, V, n. 5194/2005) i requisiti di partecipazione non possono concorrere a determinare i punteggi da attribuire alle offerte, è del tutto irrilevante che un concorrente, nella domanda di partecipazione, indichi un fatturato globale e/o specifico superiore a quello minimo richiesto dal bando (non derivandogli da ciò alcun vantaggio).

Ne consegue la non sanzionabilità della mancata dimostrazione del possesso dei requisiti “sovrabbondanti”, essendo sufficiente provare il possesso dei requisiti minimi di ammissione.

Da questo deriva altresì l’irrilevanza della questione relativa al fatto che Ricorrente ha erroneamente riportato l’importo di € 1.037.000,00 sia quale fatturato specifico per il triennio 2008-2010 sia quale importo annuale del contratto avente ad oggetto un servizio analogo svolto nel medesimo triennio;


Passaggio tratto dalla sentenza numero 884  del 23 novembre 2011 pronunciata dal Tar Marche, Ancona

Ciò premesso, il Tribunale ritiene che l’a.t.i. Ricorrente abbia provato il possesso dei requisiti di partecipazione, atteso che:

- in primo luogo, non c’è alcuna questione relativamente alle dichiarazioni rese in sede di domanda di partecipazione (altrimenti l’a.t.i. sarebbe stata esclusa direttamente e non a seguito di verifica ex art. 48). Inoltre, era lo stesso bando di gara (pagina 7) a prevedere che, in caso di servizi svolti in favore di soggetti privati, la prova del possesso del requisito di cui al punto 2 (ossia lo svolgimento pregresso di servizi analoghi) andava fornita mediante autodichiarazione del concorrente, in cui fosse specificato il numero di postazioni manutenute (elemento che risulta dalla dichiarazione presentata da Ricorrente, sia in sede di gara che in sede di verifica dei requisiti di partecipazione);

- in secondo luogo, l’art. 48 D.Lgs. n. 163/2006 va interpretato nel senso che, in sede di verifica, non è necessario che il concorrente provi la sussistenza dei requisiti di partecipazione nella stessa misura dichiarata in sede di domanda di ammissione, ma è sufficiente che venga provato il possesso dei requisiti minimi richiesti dal bando. Ogni altra interpretazione sarebbe contraria ad elementari principi di buon senso e non arrecherebbe alcun tangibile vantaggio agli interessi della stazione appaltante. Infatti, poiché per un principio generale vigente in subiecta materia (ex plurimis, Cons. Stato, V, n. 5194/2005) i requisiti di partecipazione non possono concorrere a determinare i punteggi da attribuire alle offerte, è del tutto irrilevante che un concorrente, nella domanda di partecipazione, indichi un fatturato globale e/o specifico superiore a quello minimo richiesto dal bando (non derivandogli da ciò alcun vantaggio). Ne consegue la non sanzionabilità della mancata dimostrazione del possesso dei requisiti “sovrabbondanti”, essendo sufficiente provare il possesso dei requisiti minimi di ammissione. Da questo deriva altresì l’irrilevanza della questione relativa al fatto che Ricorrente ha erroneamente riportato l’importo di € 1.037.000,00 sia quale fatturato specifico per il triennio 2008-2010 sia quale importo annuale del contratto avente ad oggetto un servizio analogo svolto nel medesimo triennio;

- in terzo luogo, va ricordato che nei rapporti fra soggetti privati (ed in particolare fra imprese) la conclusione dei contratti non richiede necessariamente la forma scritta e, in ogni caso, il contratto si perfeziona molto spesso attraverso lo scambio di corrispondenza commerciale (salvi ovviamente i negozi che richiedono ad substantiam la forma scritta). Nella specie, dalle fatture allegate da Ricorrente risultano il nominativo del committente privato, la tipologia dell’appalto (aspetto sul quale peraltro il Comune non ha eccepito alcunché) e gli “estremi del contratto” (ossia gli estremi della corrispondenza commerciale intercorsa con il committente). Sia pure in maniera un po’ contorta Ricorrente ha altresì dimostrato che il contratto in questione ha avuto durata almeno annuale. In effetti, sommando i periodi risultanti dalle fatture depositate inizialmente con quelle inviate a seguito della comunicazione del provvedimento di esclusione, si ottiene che l’appalto in questione ha avuto esecuzione almeno per l’anno antecedente la data di pubblicazione del bando (ma in realtà Ricorrente ha provato che il contratto de quo ha avuto esecuzione dal 1° giugno 2009). Premesso che sarebbe stato opportuno da parte di Ricorrente un maggiore riguardo per le esigenze di chiarezza della commissione di gara e, in ultima analisi, della stazione appaltante (trattandosi di materia delicata, presidiata anche da norme penali), nella sostanza l’a.t.i. Ricorrente – RICORRENTE 2. Tech ha dimostrato il possesso dei requisiti di capacità tecnico-economica richiesti dal bando ai fini della partecipazione. Per quanto riguarda la prova che i servizi analoghi sono stati svolti “senza reclami”, attesa l’indisponibilità del committente privato a rilasciare dichiarazione in tale senso, non si vede in quale altro modo Ricorrente avrebbe potuto fornire tale prova, se non ripetendo la dichiarazione già contenuta nella domanda di partecipazione.

Per quanto concerne la questione della mancata sottoscrizione dei curricula dei tecnici che RICORRENTE 2. Tech intende impiegare nell’esecuzione dell’appalto, si tratta di vizio che, ove sussistente, ha natura meramente formale. In effetti, tenuto conto del fatto che nessuno ha posto in dubbio il fatto che la firma apposta sulla prima pagina di ciascun documento appartiene al soggetto al quale il curriculum si riferisce, ci si deve chiedere per quale motivo è stata volutamente presentata una documentazione che avrebbe potuto invalidare l’intera offerta. Poiché non è rinvenibile una risposta plausibile, si deve ritenere che i tecnici di RICORRENTE 2. Tech hanno volutamente apposto la sottoscrizione solo sulla prima pagina, ritenendola sufficiente a garantire la provenienza delle dichiarazioni. Questa conclusione è rafforzata sia dal fatto che il preteso vizio di forma riguarda tutti i curricula in questione, sia dal fatto che – stando almeno alla documentazione depositata in giudizio dal Comune – i documenti in questione erano contenuti in unico foglio (stampato “fronte-retro”), per cui vi era congiunzione anche fisica fra le due pagine di cui si componeva ciascun curriculum. RICORRENTE 2. Tech ha altresì allegato a ciascun documento il cedolino stipendiale del tecnico, a dimostrazione della sussistenza del rapporto di lavoro.

In conclusione, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento del provvedimento di esclusione dell’a.t.i. Ricorrente Italia – RICORRENTE 2. Tech e della successiva eventuale segnalazione all’A.V.C.P. La portata della presente decisione investe ovviamente anche l’escussione della cauzione provvisoria.