mercoledì 31 agosto 2011

la decisione del subentro contrattuale non può essere influenzata da aspetti meramente economici

Il Consiglio di Stato afferma che sono in casi eccezionali può essere preso come riferimento il risparmio economico per decidere sull’inefficacia di un contratto

Viene quindi confermata la sentenza di primo grado che, nello stabilire l’inefficacia del contratto, ha decretato il subentro contrattuale al secondo classificato, dopo la verifica, da parte della Stazione appaltante, del possesso, da parte del nuovo e legittimo aggiudicatario,  dei requisiti prescritti

Aggiudicazione illegittima, subentro contrattuale ma solo dopo che la Stazione appaltante abbia verificato, in capo alla nuova aggiudicataria, il reale possesso di tutti i requisiti richiesti dalla lex specialis di gara


Tratto dalla decisione numero 4831  del 29 agosto 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

Con l’atto di appello ci si duole, infine, che il Tribunale abbia accolto la domanda dell’avversaria di vedersi aggiudicato il servizio, previa declaratoria di inefficacia del contratto, con decorrenza dal trentesimo giorno dalla notifica della sentenza.

La decisione, ad avviso dell’appellante, lederebbe quelle “esigenze imperative connesse ad un interesse generale” che, secondo l’art. 121, comma 2, C.P.A., impediscono qualsiasi dichiarazione di inefficacia del contratto.


Le apodittiche deduzioni che in proposito vengono formulate non integrano, però, nemmeno un principio di dimostrazione dell’esistenza del relativo vizio.

A tale scopo non vale certo allegare la mera ipotesi di un’interinale interruzione di un servizio come quello in controversia, che riguarda il trasporto alunni; e tantomeno giova addurre la maggiore convenienza economica dell’offerta di essa appellante, poiché lo stesso comma da ultimo citato precisa che “gli interessi economici possono essere presi in considerazione come esigenze imperative solo in circostanze eccezionali”, estremo la cui sussistenza non è stata fatta constare


Ecco il commento alla sentenza di primo grado
 sentenza numero 25334 del 18 novembre 2010 pronunciata dal Tar Campania, Napoli

Aggiudicazione illegittima, subentro contrattuale ma solo dopo che la Stazione appaltante abbia verificato, in capo alla nuova aggiudicataria, il reale possesso di tutti i requisiti richiesti dalla lex specialis di gara


risulta pertanto conclamato il mancato possesso, in capo all’aggiudicataria, di requisiti essenziali di partecipazione previsti dal capitolato speciale, che imponeva l’esclusione della medesima dalla gara;
- ne consegue l’illegittimità degli atti impugnati, che devono essere annullati con assorbimento delle ulteriori censure quivi non esaminate;


- ciò comporta che, in ragione dei contrapposti interessi delle parti, della posizione di seconda classificata della ricorrente e della sua possibilità di subentrare in un appalto in non avanzato stato di esecuzione, deve essere dichiarato inefficace l’eventuale contratto stipulato tra la stazione appaltante e la Società Cooperativa Sociale Onlus Controinteressata per l’espletamento del servizio, con decorrenza dal trentesimo giorno successivo alla notificazione, od alla comunicazione laddove anteriore, della presente sentenza all’amministrazione comunale;


- quanto alla connessa pretesa risarcitoria, essa allo stato non può essere accolta potendo essere vagliata solo all’esito della nuova aggiudicazione disposta in favore della ricorrente, sulla quale la stazione appaltante dovrà pronunciarsi una volta verificata la sussistenza, in capo alla stessa, dei requisiti di partecipazione dichiarati in sede di gara;
- in conclusione, il presente ricorso deve essere accolto nei sensi sopra precisati;
- le spese processuali devono essere addebitate all’amministrazione comunale soccombente nella misura liquidata in dispositivo, mentre devono essere compensate per il resto, con riguardo alla posizione della controinteressata;

Legittima e doverosa esclusione per presentazione di certificazione di qualità scaduta:la cauzione provvisoria deve quindi essere presentare per intero

La Provincia si era quindi inequivocabilmente autovincolata a disporre l’esclusione dalla procedura dei concorrenti che avessero presentato una cauzione dimezzata senza allegare prova delle condizioni per poter beneficiare di tale riduzione, ossia la certificazione di qualità in corso di validità.

Per contro, RICORRENTE, oltre ad aver presentato una SOA scaduta, aveva allegato alla propria domanda di partecipazione una certificazione di qualità anch’essa ampiamente scaduta, vale a dire un certificato UNI EN ISO:2000 rilasciato dall’organismo Moody International Certification scaduto in data 18 ottobre 2007. Essa era quindi incorsa in una omissione sanzionata con l’esclusione dalla disciplina di gara, con le logiche conseguenze del caso


Né vale assumere che sarebbe stato onere della Stazione appaltante verificare, eventualmente accedendo ai siti ufficiali degli organismi certificatori, la corrente vigenza della certificazione di qualità dell’appellante.

La legge di gara era infatti univoca, mediante le disposizioni che più volte sono state richiamate, nel porre a carico dei concorrenti l’onere della dimostrazione delle condizioni previste dall’articolo 75, comma 7, del Codice dei contratti per accedere al beneficio del dimezzamento della cauzione provvisoria

l’istituto del c.d. dovere di soccorso codificato dall’art. 46 d.lgs. n. 163/2006 consiste nell’invito a completare il contenuto di documenti (o a chiedere chiarimenti su di esso), non già a produrre un documento valido in sostituzione di uno invalido.



Passaggio tratto dalla decisione numero 4830 del 29 agosto 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

I motivi del ricorso

La lex specialis ha previsto, in conformità all’art. 75, comma 1, del D.Lgs. n. 163 del 2006, l’obbligo di presentazione, da parte dei concorrenti, di una cauzione provvisoria di importo pari al 2% dell’importo posto a base di gara.
La stessa legge di gara ha precisato, inoltre, che “per i candidati in possesso dei requisiti di cui all’art. 75, comma 7, l’importo indicato dal bando è ridotto del 50 % ”. In sostanza, perciò, qualora i concorrenti fossero stati in possesso di certificazione di qualità conforme alle norme UNI EN ISO 9000, rilasciata da organismi accreditati ai sensi delle norme UNI CEI 45000, l’importo della cauzione avrebbe potuto essere ridotto del 50 % .
Il disciplinare, sempre al punto 7.2, ha peraltro previsto anche che, al fine di beneficiare di tale riduzione, i soggetti interessati dovevano produrre in allegato alla domanda di ammissione, in originale o in copia, il documento comprovante le condizioni anzidette.
In coerenza con tale indicazione, poi, il disciplinare ha specificato, al punto 10 (“cause di esclusione”), che costituiva motivo di esclusione dalla gara la costituzione della cauzione provvisoria in misura inferiore a quanto indicato nel bando di gara e/o la mancata dimostrazione delle condizioni di cui all’articolo 75, comma 7, del codice dei contratti.
La Provincia si era quindi inequivocabilmente autovincolata a disporre l’esclusione dalla procedura dei concorrenti che avessero presentato una cauzione dimezzata senza allegare prova delle condizioni per poter beneficiare di tale riduzione, ossia la certificazione di qualità in corso di validità.
Ciò premesso, dall’esame della documentazione presentata da RICORRENTE emergeva che la medesima, oltre ad aver presentato una SOA scaduta, aveva allegato alla propria domanda di partecipazione una certificazione di qualità anch’essa scaduta. Nel certificato UNI EN ISO:2000 rilasciato dall’organismo Moody International Certification ed inserito nella documentazione da essa presentata ai fini della partecipazione alla gara era difatti riportata quale data di emissione quella del 19 ottobre 2004: sicché, avendo dette certificazioni validità triennale, il certificato era già scaduto in data 18 ottobre 2007 e, quindi, invalido.
3. Violazione della lex specialis; violazione dei punti 7.5 e 10 lett. L) e lett. Q) del disciplinare di gara; eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità manifesta, travisamento dei fatti e contraddittorietà.
I motivi di censura esposti nei precedenti punti I e II venivano estesi dalla CONTROINTERESSATA anche al precedente provvedimento con cui la Provincia, in data 8 maggio 2008, aveva originariamente escluso RICORRENTE dalla gara.
La commissione, infatti, a giustificazione della misura espulsiva aveva allora richiamato esclusivamente il disposto di cui al punto 10 lett. G) del disciplinare, secondo il quale “Costituiscono motivo di esclusione dalla procedura di gara la mancanza di uno o più dei requisiti generali di ammissione e dei requisiti di qualificazione”: laddove, come esposto in precedenza, l’estromissione della stessa società dalla procedura avrebbe dovuto essere disposta, più pertinentemente, in base a quanto prescritto dai punti 7 e 10 lett. L), Q) e O) del medesimo disciplinare.
La ricorrente, sulla scorta di tali censure, concludeva chiedendo l’annullamento dei provvedimenti impugnati, con conseguente condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno in forma specifica ovvero, ove ciò non fosse stato possibile, per equivalente.
Resistevano all’impugnativa la Provincia di Genova e la controinteressata.
Il Tribunale adìto definiva il giudizio con la sentenza n. 2067 del 2008 in epigrafe, con la quale, disattesa l’eccezione di inammissibilità del gravame opposta sul rilievo che la ricorrente avrebbe dovuto impugnare la sentenza n. 1294/2008, piuttosto che chiedere con un nuovo ricorso di primo grado l’annullamento degli atti assunti in sua esecuzione, accoglieva l’impugnativa della CONTROINTERESSATA, ritenendone fondati ed assorbenti i primi due mezzi, e dichiarava (allo stato) inammissibile la sua domanda risarcitoria.
A seguito della sentenza, la Provincia di Genova con determinazione del 19/12/2008 disponeva l’aggiudicazione definitiva a favore del R.T.I. CONTROINTERESSATA.
Avverso la stessa pronuncia, tuttavia, RICORRENTE proponeva il presente appello, articolando a suo sostegno tre mezzi d’impugnativa con i quali deduceva, in sintesi:
- la violazione del giudicato formatosi sulla precedente sentenza dello stesso T.A.R. n. 1294 del 2008, con la quale la decisione appellata si sarebbe posta in radicale conflitto, negando anche il risultato pratico riconosciuto dalla prima: l’attestazione SOA aggiornata era stata acquisita alla procedura in legittima e doverosa applicazione della sentenza n. 1294\2008, contro la quale CONTROINTERESSATA avrebbe avuto l’onere di proporre nei termini opposizione di terzo o appello; e la nuova attestazione di RICORRENTE aveva definitivamente comprovato sia la verifica triennale della stessa SOA, sia l’aggiornamento della certificazione di qualità rilevante ai fini del dimidiamento dell’importo della cauzione provvisoria dovuta;
- la circostanza che il TAR avrebbe dovuto applicare anche in questa occasione il principio -espresso nella propria precedente pronuncia- per cui l’Amministrazione non avrebbe potuto escludere la RICORRENTE, bensì avrebbe dovuto permettere la (rectius, ormai, riconoscere la legittimità dell’intervenuta) regolarizzazione formale dei documenti, in ossequio al c.d. dovere di soccorso di cui all’art. 46 del d.lgs. n. 163/2006;
- la natura di irregolarità non viziante della mancanza di verifica triennale delle attestazioni SOA.
Resistevano all’appello la CONTROINTERESSATA e la Provincia di Genova, che con le rispettive memorie ne deducevano l’infondatezza e concludevano per la sua reiezione.
Le resistenti adducevano soprattutto, per un verso, la diversità di oggetto del precedente contenzioso rispetto al nuovo; per altro verso, la cogenza della lex specialis nel correlare l’esclusione alla mancata produzione della documentazione oggetto dell’omissione di RICORRENTE.
La domanda cautelare annessa all’appello veniva respinta.
L’Amministrazione stipulava quindi il contratto di appalto con la CONTROINTERESSATA.
Le posizioni delle parti venivano ulteriormente illustrate ed approfondite con successive memorie.
Alla pubblica udienza del 21 giugno 2011 l’appello è stato trattenuto in decisione.


Il parere del supremo giudice amministrativo

La lex specialis prevedeva, in conformità all’art. 75, comma 1, del d. lgs. n. 163 del 2006, l’obbligo di presentazione, da parte dei concorrenti, di una cauzione provvisoria di entità pari al 2% dell’importo a base di gara. La disciplina di gara soggiungeva che “per i candidati in possesso dei requisiti di cui all’art. 75, comma 7, l’importo indicato dal bando è ridotto del 50 % ”. All’uopo i concorrenti dovevano, però, essere in possesso di certificazione di qualità conforme alle norme UNI EN ISO 9000, rilasciata da organismi accreditati, e produrre in allegato alla domanda di ammissione il documento comprovante le suddette condizioni, pena l’esclusione dalla gara (prevista, appunto, dal disciplinare, alla lett. O) del punto 10, per il caso della costituzione della cauzione provvisoria in misura inferiore a quanto indicato nel bando di gara senza la dimostrazione delle condizioni di cui all’articolo 75, comma 7, del codice dei contratti).
Dall’esame della documentazione presentata da RICORRENTE era emerso, invece, che la medesima aveva allegato alla propria domanda di partecipazione una certificazione di qualità emessa il 19 ottobre 2004, e scaduta perciò già in data 18 ottobre 2007.
Non risulta quindi alcuna corrispondenza tra le censure oggetto di esame nel giudizio di T.A.R. sfociato nella sentenza n. 1294/2008 e quella, ora in esame, che il successivo ricorso della CONTROINTERESSATA ha sottoposto, poco dopo, all’attenzione dello stesso Giudice.
Poiché, pertanto, la materia della causa di esclusione appena indicata era estranea all’ambito oggettivo del precedente giudicato, quest’ultimo non può dirsi violato sotto alcun profilo, e si manifesta ineccepibile il promovimento da parte di CONTROINTERESSATA di un nuovo ricorso giurisdizionale di primo grado per fare valere il relativo motivo di estromissione.
Per quanto esposto, il primo motivo d’appello risulta, almeno per questa parte, infondato.
2 Altrettanto agevole è poi avvedersi dell’effettiva esistenza della specifica causa di esclusione appena detta, e perciò dell’infondatezza delle ulteriori doglianze d’appello che la pongono in discussione.
Assume l’appellante che la Stazione appaltante, in legittima e doverosa applicazione della sentenza n. 1294\2008, aveva acquisito alla procedura la sua attestazione SOA aggiornata, e tale nuovo documento aveva definitivamente comprovato non solo l’avvenuta verifica triennale della stessa SOA, ma anche, stante la previsione del punto 7.5 delle Norme di partecipazione, l’intervenuto aggiornamento della certificazione di qualità occorrente ai fini del dimidiamento dell’importo della cauzione provvisoria.
Deduce infine lo stesso appellante, con il suo secondo mezzo, che il TAR, in ogni caso, avrebbe dovuto applicare anche in questa occasione il principio -espresso nella pronuncia già passata in giudicato- per cui l’Amministrazione non avrebbe potuto escludere la RICORRENTE, bensì avrebbe dovuto permettere la regolarizzazione formale dei suoi documenti in ossequio all’art. 46 del d.lgs. n. 163/2006.
In contrario è tuttavia immediato constatare che il giudicato ha ammesso nel caso concreto, sì, il ricorso alla regolarizzazione documentale ex art. 46 cit., ma al solo scopo di accordare la possibilità di ovviare alla carenza formale che aveva formato oggetto di quella causa, con riferimento, dunque, al requisito di qualificazione intorno al quale si controverteva.
Per ciò che attiene ad ogni altro requisito di partecipazione, pertanto, il giudicato non soccorre, e quindi esso non potrebbe imporre di dare per garantite, né tantomeno per già avvenute, regolarizzazioni di sorta.
La regolarità della posizione di RICORRENTE con riguardo agli altri requisiti, non essendo influenzata dall’accertamento contenuto nella sentenza coperta da giudicato, dipende allora unicamente dalle previsioni della lex specialis e dalla loro avvenuta osservanza (o meno), da parte del concorrente, a tempo debito.
Nel caso concreto, come si è già visto, la disciplina di gara recava, però, una tassativa previsione di esclusione, in tema di cauzione provvisoria, per il caso della omessa giustificazione documentale nel termine dato per la presentazione della domanda di ammissione : il punto 10, lett. O), del disciplinare annoverava tra i motivi di esclusione “la costituzione della cauzione provvisoria in misura inferiore a quanto indicato nel bando di gara e/o la mancata dimostrazione delle condizioni di cui all’articolo 75, comma 7, del codice dei contratti” (in coerenza, del resto, con la previsione della precedente lett. L), che includeva nello stesso elenco, in termini generali, l’ipotesi della “domanda di ammissione non corredata dalla documentazione prescritta”).
Per contro, RICORRENTE, oltre ad aver presentato una SOA scaduta, aveva allegato alla propria domanda di partecipazione una certificazione di qualità anch’essa ampiamente scaduta, vale a dire un certificato UNI EN ISO:2000 rilasciato dall’organismo Moody International Certification scaduto in data 18 ottobre 2007. Essa era quindi incorsa in una omissione sanzionata con l’esclusione dalla disciplina di gara, con le logiche conseguenze del caso.
Benché in astratto, perciò, la lex specialis ammettesse la possibilità di documentare la certificazione di qualità anche attraverso l’attestazione SOA, nello specifico RICORRENTE, che aveva mancato di comprovare il primo requisito nel termine prescritto, non aveva alcun titolo per beneficiare di una rimessione in termini che potesse sanare gli effetti della propria autonoma e specifica omissione.
Né vale assumere che sarebbe stato onere della Stazione appaltante verificare, eventualmente accedendo ai siti ufficiali degli organismi certificatori, la corrente vigenza della certificazione di qualità dell’appellante. La legge di gara era infatti univoca, mediante le disposizioni che più volte sono state richiamate, nel porre a carico dei concorrenti l’onere della dimostrazione delle condizioni previste dall’articolo 75, comma 7, del Codice dei contratti per accedere al beneficio del dimezzamento della cauzione provvisoria.
Infine, l’istituto del c.d. dovere di soccorso codificato dall’art. 46 d.lgs. n. 163/2006 consiste nell’invito a completare il contenuto di documenti (o a chiedere chiarimenti su di esso), non già a produrre un documento valido in sostituzione di uno invalido.
La difesa dell’appellata ha fatto opportunamente notare, del resto, che il T.A.R., con la sentenza n. 1294/2008, ha ritenuto applicabile l’istituto a fronte di un thema decidendum ben diverso da quello attuale, in cui si controverteva della legittimità di un’esclusione disposta per la mancanza –e non per la omessa documentazione- dei requisiti di qualificazione.
3 Le considerazioni che precedono conducono a confermare la sentenza oggetto di scrutinio nella parte in cui ha stigmatizzato la mancata esclusione dalla gara della RICORRENTE ai sensi del punto 10, lett. O), del disciplinare, a causa dell’omessa giustificazione da parte sua del titolo a presentare una cauzione provvisoria di importo dimezzato.
L’esclusione dell’appellante per la causale indicata costituiva, infatti, un atto dovuto.

martedì 30 agosto 2011

legittima esclusione per mancato impegno ad emettere una definitiva anche per la manutenzione

E’ corretto richiedere, in sede di offerta, l’impegno ad emettere una definitiva anche per la manutenzione e gestione ventennali dell’impianto fotovoltaico oltre che per l’esecuzione dell’appalto di fornitura/installazione dell’impianto stesso


La prescrizione censurata dall’odierna appellante, lungi dal costituire un inutile aggravio procedimentale, risponde dunque a una precisa previsione normativa ed è sorretta da un’adeguata ratio giustificatrice

Deve pertanto affermarsi la legittimità della prescrizione della lex specialis di presentare a pena di esclusione in allegato all’offerta un’espressa dichiarazione d’impegno ex art. 75, comma 8, d.lgs. 14 aprile 2006, n. 163, anche in relazione ai (futuri ed eventuali) contratti d’appalto aventi ad oggetto l’esecuzione delle prestazioni di manutenzione e gestione dell’impianto, subordinati all’esercizio della correlativa facoltà d’opzione riservata alla stazione appaltante.


Altrettanto correttamente è stata esclusa la possibilità di un’integrazione postuma della dichiarazione di garanzia, dopo lo spirare del termine di presentazione della domanda, trattandosi di incompletezza della documentazione richiesta a pena di esclusione, e risolvendosi dunque la sua presentazione tardiva in un’inammissibile lesione del principio della par condicio dei partecipanti alla gara, con conseguente infondatezza della lamentata violazione dell’art. 46 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163.

 a cura di Sonia Lazzini

risulta che la lex specialis di gara prescriveva in modo chiaro e univoco la presentazione, in allegato all’offerta economica, oltre alla dichiarazione d’impegno a prestare garanzia fideiussoria per l’esecuzione del contratto di fornitura e installazione dell’impianto nella misura del 10% dell’importo contrattuale (offerto dall’odierna appellante in misura pari a euro 2.666.027,42, comprensivi degli oneri di sicurezza), della dichiarazione d’impegno a rilasciare garanzia fideiussoria anche per l’esecuzione degli incarichi (futuri ed eventuali) di manutenzione e gestione ventennale dell’impianto – incarichi, il cui conferimento era rimesso alla facoltà opzionale della stazione appaltante –, pure nella misura del 10% dei rispettivi importi contrattuali (offerti dall’odierna appellante in misura pari a euro 385.000,00 e rispettivamente a euro 160.000,00).

Il fondamento normativo della prescrizione della dichiarazione di garanzia in esame è rinvenibile nell’art. 75, comma 8, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, secondo cui “l’offerta è altresì corredata, a pena di esclusione, dall’impegno di un fideiussore a rilasciare la garanzia fideiussoria per l’esecuzione del contratto, di cui all’art. 113, qualora l’offerente risultasse affidatario”.

La previsione della presentazione di espresse dichiarazioni d’impegno al rilascio di garanzia fideiussoria, riferite distintamente all’esecuzione dei contratti aventi a oggetto (i) la fornitura/installazione dell’impianto d’un lato e (ii) la manutenzione e gestione ventennali dell’impianto d’altro lato, trova la sua ragione giustificatrice nella circostanza che si tratta di contratti distinti sul piano civilistico, e risponde all’esigenza di garantire, per quanto possibile, la futura esatta esecuzione dei rispettivi distinti rapporti contrattuali già in una fase che precede la costituzione del vincolo contrattuale, in piena aderenza alla ratio che permea l’istituto di cui al citato art. 75, comma 8.


Né è ravvisabile la lamentata violazione del d.m. n. 124/2004, in quanto per un verso l’odierna appellante non è stata esclusa dalla gara per aver presentato una dichiarazione difforme dallo schema di polizza tipo previsto dal citato decreto ministeriale, ma per aver omesso di estendere le dichiarazioni di garanzia agli eventuali contratti aggiuntivi, e dovendo per altro verso il contenuto concreto della dichiarazione di garanzia comunque essere adeguato agli elementi oggettivi della singola gara d’appalto (prestazioni, corrispettivo), nella specie parzialmente pretermessi nella dichiarazione presentata dall’odierna appellante

Passaggio tratto dalla decisione numero 4853  del 30 agosto 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato

lunedì 15 agosto 2011

Il funzionario pubblico non è legittimato passivo davanti al Tar

Solo la lesione di diritti comporta una responsabilità diretta del funzionario pubblico


Di Sonia Lazzini

Ecco le norme alle q uali dobbiamo riferirci
Diritti e doveri dei cittadini

Art. 28 della Costituzione
I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti.

In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici


Decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato

(…)
22. Responsabilità verso i terzi
L'impiegato che, nell'esercizio delle attribuzioni ad esso conferite dalle leggi o dai regolamenti, cagioni ad altri un danno ingiusto ai sensi dell'art. 23 è personalmente obbligato a risarcirlo. L'azione di risarcimento nei suoi confronti può essere esercitata congiuntamente con l'azione diretta nei confronti dell'Amministrazione qualora, in base alle norme ed ai principi vigenti dell'ordinamento giuridico, sussista anche la responsabilità dello Stato. L'amministrazione che abbia risarcito il terzo del danno cagionato dal dipendente si rivale agendo contro quest'ultimo a norma degli articoli 18 e 19. Contro l'impiegato addetto alla conduzione di autoveicoli o di altri mezzi meccanici l'azione dell'Amministrazione è ammessa solo nel caso di danni arrecati per dolo o colpa grave.
23. Danno ingiusto
E' danno ingiusto, agli effetti previsti dall'art. 22, quello derivante da ogni violazione dei diritti dei terzi che l'impiegato abbia commesso per dolo o per colpa grave; restano salve le responsabilità più gravi previste dalle leggi vigenti. La responsabilità personale dell'impiegato sussiste tanto se la violazione del diritto del terzo sia cagionata dal compimento di atti od operazioni, quanto se la detta violazione consista nell'omissione o nel ritardo ingiustificato di atti od operazioni al cui compimento l'impiegato sia obbligato per legge o per regolamento.

Tratto dalla decisone numero 4135 del 5 agosto 2005  pronunciata dal Consiglio di Stato

Per quanto riguarda la dedotta assenza del requisito del danno ingiusto, il Collegio – premesso che ai sensi dell’art. 28 Cost. i dipendenti dello Stato sono direttamente e personalmente responsabili soltanto per gli atti compiuti in violazione di diritti e che, a norma dell’art. 23 del T.U.n.3/1957, per danno ingiusto di cui il pubblico dipendente può essere responsabile deve intendersi quello che determina la violazione di diritti – deve osservare che nel caso in esame il menzionato provvedimento sottoscritto in data 17.12.1996 dalla dott.ssa DP_, ha leso soltanto interessi legittimi della s.p.a. ALFA Trasporti e non costituisce, quindi, causa di danno risarcibile a norma degli artt. 22 e 23 citati (in quanto riferito, appunto, ad una condotta dell’impiegato che abbia provocato la lesione di un interesse legittimo, vantato dal terzo nei confronti della P.A.).
Pertanto, manca nel caso di cui trattasi il presupposto costituito dall’atto “commesso in violazione di diritti”, perché possa ritenersi sussistente la responsabilità della dirigente in questione ai sensi delle norme citate del T.U. n. 3/1957.   
In proposito non può condividersi l’assunto del TAR, secondo cui l’atto del Ministero 17.12.1996, n.7390 avrebbe illegittimamente modificato, in senso sfavorevole all’originaria ricorrente, la posizione di concessionaria pubblica, con la conseguenza che sarebbero stati lesi i relativi specifici diritti soggettivi.
Tale assunto non tiene in adeguata considerazione, invero, l’interesse pubblico al quale l’attività dell’Amministrazione deve ispirarsi e, soprattutto, il fatto che la posizione del concessionario non può ritenersi connessa ad un diritto soggettivo, bensì  ad un interesse legittimo, essendo l’impresa titolare soltanto di una concessione provvisoria, prorogabile ogni anno, e, come tale, revocabile ove la l’Amministrazione stessa lo reputi necessario, ai fini di un migliore soddisfacimento dell’interesse pubblico.
Né tiene conto la pronuncia appellata che la suddetta S.p.a. non vantava un diritto di esclusiva, secondo quanto emerge dalla sentenza in epigrafe, giacchè soltanto i concessionari dei servizi pubblici sussidiati hanno diritto di esclusiva per la linea loro concessa sulla base dell’art. 10, comma 1, della legge n.1822/1939 (richiamata dall’appellante), mentre nella specie la società anzidetta non sarebbe concessionaria di servizi sussidiati.
Pertanto, sulla base di quanto precede, deve ritenersi che il provvedimento sottoscritto il 17.12.1996 dalla dirigente dott.ssa DP_ abbia leso esclusivamente interessi legittimi e non diritti soggettivi.
B) Per quanto riguarda la inesistenza della colpa a carico dell’appellante, collegata a alla sussistenza di un pubblico interesse all’accoglimento della richiesta di modifica di orario della BETA Internazionale s.r.l., deve osservare il Collegio che nella specie il provvedimento ministeriale reso a firma della dott.ssa DP_, e poi annullato con la suddetta sentenza n.2862/1998, è stato adottato soltanto dopo che erano stati acquisiti, nel corso del relativo articolato procedimento, tutti i necessari pareri nello stesso provvedimento richiamati.
Non può ritenersi sussistente nella specie, quindi, l’asserita colpa grave, come riconosciuto, al contrario, nella sentenza impugnata.
Tale colpa grave - caratterizzata per la mancanza del rispetto della diligenza minima -  non può ravvisarsi, più specificamente, nell’operato della dirigente in questione perchè il provvedimento del dicembre 1996, più volte menzionato, è stato emesso sulla base di precedenti pareri ed a seguito di apposite riunioni ministeriali, nell’ambito, quindi, di un articolato procedimento in cui sono emersi i necessari elementi volti a dimostrare nella specie la esistenza di un interesse pubblico alla modifica di orario richiesta dalla s.r.l. BETA Internazionale (in particolare: la riunione istruttoria a Verona citata nel provvedimento del 17.12.1996; il parere favorevole dell’Ufficio provinciale della Motorizzazione Civile di Roma, anch’esso citato nel provvedimento medesimo; il parere favorevole del competente Assessorato della Regione Sicilia; la circostanza, infine, anch’essa richiamata nelle premesse del contestato provvedimento del 1996, che l’autolinea Trapani-Roma, della BETA Internazionale s.r.l. e l’autolinea Agrigento-Roma, della soc. ALFA Trasporti, servivano bacini differenti e che da Trapani per Roma non vi era alcun collegamento ferroviario).
Stante la presenza di detti favorevoli presupposti all’accoglimento dell’istanza della soc. BETA relativamente alla modifica dell’orario da essa richiesta, perde rilevanza l’assunto, riguardante la clausola esistente nella concessione a favore della  società ALFA Trasporti, secondo cui detta Società avrebbe avuto la facoltà di carico dei passeggeri sulla tratta Messina-Roma e il Ministero avrebbe male interpretato il significato della clausola medesima.
Peraltro, come evidenziato nella memoria della parte appellante, all’epoca dell’adozione del provvedimento in data 17.12.1996 (con il quale fu accolta la richiesta della BETA di spostare alla sera la corsa diurna Trapani- Palermo- Messina - Roma) sembrava certo il divieto di carico in capo alla società ALFA Trasporti, secondo quanto emergeva da un atto di diffida trasmesso al Ministero da detta società a seguito di una relazione effettuata da un funzionario ministeriale, sicchè alla suddetta data per il Ministero non era individuabile una sovrapposizione di linea.
Né tale colpa può derivare dal fatto che l’Amministrazione, tramite la dirigente in questione, avrebbe omesso di dare esecuzione a pronunce di organi giurisdizionali     (sentenza n.2862/1998, di annullamento del provvedimento ministeriale datato 17.12.1996, passata in giudicato) nonché dal fatto che il Ministero dei trasporti avrebbe attribuito nuovamente alla stessa società il medesimo servizio notturno, non potendosi ritenere tale operato caratterizzato da negligenza o scorrettezza.
Sulla base delle considerazioni che precedono, non si è tenuto, quindi, adeguato conto nella sentenza in esame dei rilievi concernenti la insussistenza dei presupposti, siccome indicati nella sentenza delle SS.UU. della Corte di Cassazione n.500/1999, specialmente con riguardo all’elemento psicologico, non potendosi invocare il principio secondo cui la colpa della struttura pubblica sarebbe “in re ipsa” nel caso di esecuzione di un atto amministrativo illegittimo in quanto non conciliabile tale principio con quanto stabilito dall’art. 2043 c.c..
D’altra parte, anche la giurisprudenza ha ritenuto che l’imputazione della responsabilità non può avvenire sulla base del mero dato obiettivo della illegittimità del provvedimento, in relazione alla normativa ad esso applicabile, dovendosi estendere anche alla valutazione della colpa grave, non del funzionario agente (da riferire ai parametri della negligenza ed imperizia), ma alla P.A. intesa come apparato, configurabile nel caso in cui l’adozione e l’esecuzione dell’atto illegittimo siano avvenute in violazione delle regole di buona amministrazione, di imparzialità e di correttezza.
Tale rilievo non può essere, peraltro, superato da quanto sostenuto nella sentenza in epigrafe, con una valutazione volta a ricondurre la fattispecie nell’ambito di una lesione di diritto soggettivo, atteso che nessun diritto soggettivo può ritenersi certamente leso a seguito della concessione della modifica di orari inerenti ad un servizio di linea in concessione che si presume concorrenziale.
Il TAR Lazio, del resto, nel valutare l’elemento psicologico della colpa non sembra abbia tenuto in adeguato conto la circostanza che la vicenda in questione si riferiva in concreto ad un problema di interpretazione di alcune non chiare espressioni contenute nel disciplinare di concessione e che ben potevano interpretarsi nel senso di una mancanza del diritto di carico nella tratta Messina –Roma da parte della ricorrente originaria.
Va osservato, comunque, che avendo sospeso il Consiglio di Stato la sentenza di primo grado n.2862/1998, che riconosceva la pretesa della ricorrente società, l’Amministrazione, in mancanza di un giudicato e in presenza di una sospensione dell’efficacia della sentenza di primo grado, non poteva che lasciare, nelle more del giudizio, la situazione inalterata e non eseguire immediatamente quanto statuito dal TAR.
Pertanto, la inesistenza di un diritto soggettivo in capo alla società ALFA Trasporti e l’inesistenza di una colpa grave in capo alla odierna appellante devono indurre alla conclusione che nella specie non sussistevano i presupposti per condannare al risarcimento la dott.ssa DP_ in conseguenza del danno preteso dalla società anzidetta, come sostenuto, appunto, nel presente appello.
4. Alla stregua delle considerazioni che precedono la Sezione, respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione, ritiene che il caso in esame non rientra, in assenza dei presupposti sopra specificati, nell’ambito di quelli che consentono un risarcimento dei danni a carico dell’odierna appellante, in solido con l’Amministrazione di appartenenza, e che quindi la sentenza impugnata debba essere riformata nella statuizione che riconosce la responsabilità della dott.ssa DP_, con condanna al risarcimento del danno in solido con l’Amministrazione di appartenenza, non essendosi verificata nella specie l’asserita lesione di diritti soggettivi attraverso un operato caratterizzato da colpa grave.
L’appello principale va, dunque, accolto sulla base delle motivazioni che precedono.

giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti:in nessun caso l'amministrazione può cedere, in quanto indisponibile, l'azione di rivalsa all'assicuratore di rct

Con la previsione della cessione all’Assicurazione dell’azione di rivalsa nei confronti del proprio dipendente, le sfera della responsabilità tout court civile si incrocia con l’ambito della responsabilità amministrativa (o civile-amministrativa, se si preferisce la terminologia adoperata da parte della dottrina).

 Di guisa tale che, siccome riconosciuta la prevalente natura amministrativa all’azione di rivalsa in parola, la stessa risulta sottratta alla disponibilità della singola P.A., appartenendo alla giurisdizione della Corte dei Conti, per come sopra precisato.




Non esiste la possibilità  per l’Azienda Ospedaliera di poter cedere all’Assicurazione l’azione di rivalsa nei confronti dei propri dipendenti per il quanto elargito a titolo di risarcimento del danno imputabile anche a titolo di colpa grave e dolo.

E’ legittimo l’annullamento in autotutela della procedura per l’affidamento del servizio assicurativo RCO/RCT in considerazione della illegittima estensione dell’assicurazione di che trattasi anche alle ipotesi di dolo o colpa grave; nonché per l’ulteriore illegittima previsione della cessione dell’azione di rivalsa in favore dell’assicurazione


A questo punto la P.A., una volta risarcito il terzo, potrà a sua volta agire nei confronti del dipendente non già a titolo di regresso tra condebitori solidali, bensì sulla base della violazione dei doveri d’ufficio da questi compiuta; e non già innanzi al giudice ordinario, bensì davanti alla Corte dei Conti, in ragione anche della normativa che richiede, ai fini della nascita della responsabilità del dipendente, il requisito del dolo o delle colpa grave.

In altri termini, malgrado sia riconducibile al medesimo “evento”, l’azione che la P.A. esercita nei confronti del proprio dipendente, una volta risarcito innanzi al G.O. il terzo danneggiato, muta il titolo della responsabilità sottostante (con le connesse implicazioni sulla individuazione del diverso Giudice chiamato a conoscerla): si è in presenza infatti, in questi casi, della c.d. responsabilità amministrativa.

Quanto precede spiega altresì perché certa dottrina preferisca parlare in tali evenienza di “responsabilità civile-amministrativa”, sottolineando così il genus comune, insieme con le differenze, non irrilevanti, specifiche.

Di Sonia Lazzini

Tratto dalla sentenza numero 205 del 24 gennaio  2007 pronunciata dal Tar Sicilia, Palermo

Le argomentazioni appena svolte consentono al Collegio di ritenere parimenti infondata la censura n.8 del medesimo ricorso R.G.3214/05, considerata l’evidente omogeneità con quella di cui al precedente punto n.7.
    9. Per quanto attiene al profilo iii), richiamato al precedente punto 6.1, viene in primo luogo in rilievo – per quanto di ragione – la doglianza articolata al n.9 par.B2 del ricorso in esame, con cui il ricorrente censura la violazione di legge ed eccesso di potere in ordine agli asseriti spunti problematici evidenziati dall’azienda sugli artt.20, 23A, 23B e 26 del disciplinare.
    9.1 L’Azienda infatti motiva l’annullamento in autotutela della procedura per l’affidamento del servizio assicurativo RCO/RCT in considerazione della illegittima estensione dell’assicurazione di che trattasi anche alle ipotesi di dolo o colpa grave; nonché per l’ulteriore illegittima previsione della cessione dell’azione di rivalsa in favore dell’assicurazione.
    9.2 Si premettere che, per il personale dell’area della Dirigenza Medica e Veterinaria, la disciplina già prevista dall’art.28 co.2 D.P.R.761/79 è stata espressamente disapplicata dall’art..65 co.1 lett.I) del C.C.N.L. 6 giugno 2000 (stessa disposizione è prevista all’art.67 co,1 lett.I del C.C.N.L. 08/06/2000 per il personale della Dirigenza Sanitaria Professionale Tecnica ed Amministrativa). Ai sensi della disposizione pattizia, di cui all’art.24 del C.C.N.L., si prevede che “Le aziende assumono tutte le iniziative necessarie per garantire la copertura assicurativa della responsabilità civile dei Dirigenti, (…) per le eventuali conseguenze derivanti da azioni giudiziarie dei terzi, relativamente alla loro attività, ivi compresa la libera professione intramuraria, senza diritto di rivalsa, salvo le ipotesi di dolo e colpa grave”.
    9.3 Il nodo centrale della questione attiene, a ben vedere, alla possibilità o meno per l’Azienda Ospedaliera di poter cedere all’Assicurazione l’azione di rivalsa nei confronti dei propri dipendenti per il quanto elargito a titolo di risarcimento del danno imputabile anche a titolo di colpa grave e dolo.

    9.4 In altri termini, viene in rilievo la tematica della natura della responsabilità amministrativa, di cui la dottrina si è da tempo occupata, siccome ammessa anche  nei confronti dei cittadini per l’attività di diritto pubblico posta in essere dalla P.A.. In tale materia occorre infatti conciliare le opposte esigenze di tutela dei cittadini, di fronte agli illeciti dei pubblici poteri, con l’altrettanta ineluttabile esigenza di salvaguardare le finanza pubbliche da risarcimenti insostenibili, nella ulteriore considerazione che, comunque, gli illeciti (ove commessi) sono di fatto riconducibili all’attività di persone fisiche inserite a vario titolo nella compagine organizzativa dell’Amministrazione. In relazione a tali soggetti, risulta inoltre imponderabile la ricerca di un giusto equilibrio tra le preoccupazioni dei pubblici dipendenti (verso cui il timore di essere chiamati a rispondere eventuali danni potrebbe indurre ad un rallentamento dell’attività pubblica) ed lo scongiurare la creazione di qualsiasi forma di privilegio o di vantaggio non giustificabile.

    9.5 Occorre previamente, seppur brevemente, ripercorrere lo sviluppo della tematica che ci occupa.
    Nell’ordinamento antecedente alla Costituzione repubblicana, la giurisprudenza (nel silenzio del legislatore) aveva ritenuto di poter applicare alle questioni connesse alla responsabilità della P.A. (ivi compresa la tematica della responsabilità civile verso terzi dei propri dipendenti) le norme civilistiche della c.d. responsabilità indiretta (o per fatto altrui) nella considerazione che la persona giuridica non può che operare ed agire a mezzo delle persone fisiche. Una sua responsabilità può quindi risiedere solo in ragione del rapporto di servizio considerato, che colui che beneficia dell’opera altrui ne deve sopportare anche le conseguenze sfavorevoli (cuius comoda, eius incomoda). Solo in seguito si è fatta strada la c.d. teoria organica: l’originaria incapacità di agire della P.A. viene risolta attraverso il principio organizzatorio secondo cui l’Ente utilizza direttamente come propria l’attività e la volontà dei soggetti preposti, con la conseguenza che l’eventuale illecito è alla P.A. direttamente imputabile come fatto proprio (responsabilità diretta). Essendo quindi l’ente, in tale prospettiva, autore dell’illecito, l’agente fisico viene a perdere importanza di fronte al terzo danneggiato: questi ha la possibilità di agire più facilmente (sia in termini probatori che di riscontro di solvibilità) contro la P.A..

     Il quadro muta con l’art.28 della Costituzione a norma del quale si stabilisce che “i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali civili ed amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità si estende allo Stato e agli enti pubblici”. Il dato letterale della norma costituzionale sembrerebbe infatti avallare, come sostenuto in dottrina, il ritorno alla c.d. responsabilità indiretta della P.A. (assumendo valore determinante il sottostante rapporto di servizio); anche se non mancano altri orientamenti di segno contrario che continuano a sostenere la tesi della responsabilità diretta. A ciò si aggiunga che con l’emanazione del T.U degli impiegati civili dello Stato (D.P.R.3/57, non modificato in punto di responsabilità dal T.U.165/01) il legislatore è intervenuto in materia di responsabilità dei pubblici dipendenti, alleggerendo i criteri previsti - in generale - dall’art.2043 in tema di danno ingiusto, sostituendo il requisito della colpa con quello della colpa grave (di ben più difficile prova da parte del terzo danneggiato). Si è quindi rafforzata, per certi versi, la teoria della responsabilità diretta della P.A., da ricondursi ad una fattispecie di illecito diversa da quella prevista dall’art.28 Cost. (in combinato disposto con il D.P.R.3/57 cit.). L’elemento soggettivo è qui dato dalla colpa ex 2043 dell’uomo medio e, in primo momento, solo in relazione all’attività materiale della P.A., escludendo il danno derivante da un atto amministrativo (o dalla sua esecuzione). Invero, sotto tale ultimo aspetto, per effetto della sentenza della SS.UU. Cassazione n. 500/99 è stata estesa e riconosciuta la possibilità di accertare e valutare anche la colpa (non del funzionario agente ma) della P.A. come apparato.

    9.6 Resta immutato, comunque, il requisito previsto per la diretta responsabilità del dipendente per il quale è richiesta la colpa grave: sotto tale aspetto, l’intento del costituente di mettere innanzi al danneggiato direttamente il fautore dell’illecito è stato sostanzialmente vanificato. Il terzo, infatti, troverà certamente più agevole agire in via “diretta” ex art.2043 verso la P.A..
    9.7 A questo punto la P.A., una volta risarcito il terzo, potrà a sua volta agire nei confronti del dipendente non già a titolo di regresso tra condebitori solidali, bensì sulla base della violazione dei doveri d’ufficio da questi compiuta; e non già innanzi al giudice ordinario, bensì davanti alla Corte dei Conti, in ragione anche della normativa che richiede, ai fini della nascita della responsabilità del dipendente, il requisito del dolo o delle colpa grave.
    9.8 In altri termini, malgrado sia riconducibile al medesimo “evento”, l’azione che la P.A. esercita nei confronti del proprio dipendente, una volta risarcito innanzi al G.O. il terzo danneggiato, muta il titolo della responsabilità sottostante (con le connesse implicazioni sulla individuazione del diverso Giudice chiamato a conoscerla): si è in presenza infatti, in questi casi, della c.d. responsabilità amministrativa. Quanto precede spiega altresì perché certa dottrina preferisca parlare in tali evenienza di “responsabilità civile-amministrativa”, sottolineando così il genus comune, insieme con le differenze, non irrilevanti, specifiche.
    Tale tipo di responsabilità trae le sue fonti normative negli artt.82 e 83 r.d.2440/1923, nell’art.52 del T.U. sulla Corte dei Conti (r.d.1214/34) e negli artt.18, 19 e 20 D.P.R.3/57. La disciplina è stata in ultimo ulteriormente estesa dalle L.20/94 e L.639/96 (nonché, per quanto di ragione, dall’art.33 D.lgs76/2000 per i dipendenti della Regione e art.93 D.Lgs267/2000 per i dipendenti degli enti locali).
    9.9 Ciò posto, in tema di ammissibilità dei contratti di assicurazione stipulati dalle PP.AA., se certa parte della dottrina e giurisprudenza pare incline ad ammettere la legittimità dei contratti di assicurazione contro i rischi dei dipendenti connessi all’espletamento della loro attività, sono unanimi i dubbi circa l’ammissibilità di contratti di assicurazione della responsabilità amministrativa per danno erariale dei propri dipendenti. In tali evenienza, a ben vedere, l’ente si configura come creditore del proprio dipendente: con la stipula di un contratto assicurativo di tal fatta la P.A., lungi dal coprire un’alea a se riferibile, sopporterebbe il pagamento di quanto dovuto dal proprio lavoratore (finendo quindi per vantare un credito nei confronti di se stessa).

    10. Il quadro normativo e dottrinario appena evidenziato, induce il Collegio alle seguenti conclusioni. Con la previsione della cessione all’Assicurazione dell’azione di rivalsa nei confronti del proprio dipendente, le sfera della responsabilità tout court civile si incrocia con l’ambito della responsabilità amministrativa (o civile-amministrativa, se si preferisce la terminologia adoperata da parte della dottrina). Di guisa tale che, siccome riconosciuta la prevalente natura amministrativa all’azione di rivalsa in parola, la stessa risulta sottratta alla disponibilità della singola P.A., appartenendo alla giurisdizione della Corte dei Conti, per come sopra precisato.


   Considerata altresì la norma interpretativa ex co.274 art.1 L.266/05 (ai sensi della quale Al fine di realizzare una più efficace tutela dei crediti erariali, l'articolo 26 del regolamento di procedura di cui al regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038, si interpreta nel senso che il procuratore regionale della Corte dei conti dispone di tutte le azioni a tutela delle ragioni del creditore previste dalla procedura civile, ivi compresi i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale di cui al libro VI, titolo III, capo V, del codice civile), ciò che rileva ai fini della risoluzione della controversia è comunque il valore indisponibile dell’azione di rivalsa, in cui si sostanzia – per quanto già esposto e per dottrina unanime - la tipica espressione della responsabilità amministrativa dei pubblici dipendenti innanzi la propria amministrazione (per fatti imputabili a titolo di dolo e colpa grave).

Ciò comporta, per quanto di ragione, la legittimità dell’operato della P.A. che ha agito in via di autotutela anche in considerazione di tale aspetto, in quanto la disposizione del capitolato che ne prevedeva la possibilità configge con norma imperativa, incidendo altresì sulla giurisdizione.

In tal senso, infatti, le stesse SS.UU.  della Cassazione hanno riconosciuto che “qualora un ente ospedaliero venga condannato al risarcimento del danno subito da un assistito per fatto colposo del proprio dipendente e poi agisca <<in rivalsa>> nei confronti del dipendente medesimo, la relativa controversia spetta alla cognizione della Corte dei Conti, atteso che la giurisdizione di tale Corte (…) non si riferisce ai soli fatti inerenti al maneggio di denaro ma si estende ad ogni ipotesi di responsabilità per pregiudizi economici arrecati allo Stato o ad enti pubblici da persone legate da vincoli di impiego o di servizio ed in conseguenza di violazione degli obblighi inerenti a detti rapporti (cfr. SS.UU. Cass. 4 dicembre 2001 n.15228 e 15 luglio 1988 n.4634).

domenica 14 agosto 2011

ATTENZIONE:IN VIGORE DAL 13 AGOSTO ALCUNE NOVITA' IN MATERIA DI AFFIDAMENTO DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI


Art. 4
(Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dell’unione europea)
1. Gli enti locali, nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi, verificano la realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, di seguito “servizi pubblici locali”, liberalizzando tutte le attività economiche compatibilmente con le caratteristiche di universalità e accessibilità del servizio e limitando, negli altri casi, l’attribuzione di diritti di esclusiva alle ipotesi in cui, in base ad una analisi di mercato, la libera iniziativa economica privata non risulti idonea a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità.
2. All’esito della verifica l’ente adotta una delibera quadro che illustra l’istruttoria compiuta ed evidenzia, per i settori sottratti alla liberalizzazione, i fallimenti del sistema concorrenziale e, viceversa, i benefici per la stabilizzazione, lo sviluppo e l’equità all’interno della comunità locale derivanti dal mantenimento di un regime di esclusiva del servizio.
3. Alla delibera di cui al comma precedente è data adeguata pubblicità; essa è inviata all’Autorità garante della concorrenza e del mercato ai fini della relazione al Parlamento di cui alla legge 10 ottobre 1990, n. 287.
4. La verifica di cui al comma 1 è effettuata entro dodici mesi dall’entrata in vigore del presente decreto e poi periodicamente secondo i rispettivi ordinamenti degli enti locali; essa è comunque effettuata prima di procedere al conferimento e al rinnovo della gestione dei servizi.
5. Gli enti locali, per assicurare agli utenti l’erogazione di servizi pubblici che abbiano ad oggetto la produzione di beni e attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali, definiscono preliminarmente, ove necessario, gli obblighi di servizio pubblico, prevedendo le eventuali compensazioni economiche alle aziende esercenti i servizi stessi, tenendo conto dei proventi derivanti dalle tariffe e nei limiti della disponibilità di bilancio destinata allo scopo.
6. All’attribuzione di diritti di esclusiva ad un’impresa incaricata della gestione di servizi pubblici locali consegue l’applicazione di quanto disposto dall’articolo 9 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e successive modificazioni.
7. I soggetti gestori di servizi pubblici locali, qualora intendano svolgere attività in mercati diversi da quelli in cui sono titolari di diritti di esclusiva, sono soggetti alla disciplina prevista dall’articolo 8, commi 2-bis e 2-quater, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e successive modificazioni.
8. Nel caso in cui l’ente locale, a seguito della verifica di cui al comma 1, intende procedere all’attribuzione di diritti di esclusiva, il conferimento della gestione di servizi pubblici locali avviene in favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicità, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità. Le medesime procedure sono indette nel rispetto degli standard qualitativi, quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul territorio e di sicurezza definiti dalla legge, ove esistente, dalla competente autorità di settore o, in mancanza di essa, dagli enti affidanti.
9. Le società a capitale interamente pubblico possono partecipare alle procedure competitive ad evidenza pubblica, sempre che non vi siano specifici divieti previsti dalla legge.
10. Le imprese estere, non appartenenti a Stati membri dell’Unione europea, possono essere ammesse alle procedure competitive ad evidenza pubblica per l’affidamento di servizi pubblici locali a condizione che documentino la possibilità per le imprese italiane di partecipare alle gare indette negli Stati di provenienza per l’affidamento di omologhi servizi.
11. Al fine di promuovere e proteggere l’assetto concorrenziale dei mercati interessati, il bando di gara o la lettera di invito relative alle procedure di cui ai commi 8, 9, 10:
a) esclude che la disponibilità a qualunque titolo delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali non duplicabili a costi socialmente sostenibili ed essenziali per l’effettuazione del servizio possa costituire elemento discriminante per la valutazione delle offerte dei concorrenti;
b) assicura che i requisiti tecnici ed economici di partecipazione alla gara siano proporzionati alle caratteristiche e al valore del servizio e che la definizione dell’oggetto della gara garantisca la più ampia partecipazione e il conseguimento di eventuali economie di scala e di gamma;
c) indica, ferme restando le discipline di settore, la durata dell’affidamento commisurata alla consistenza degli investimenti in immobilizzazioni materiali previsti nei capitolati di gara a carico del soggetto gestore. In ogni caso la durata dell’affidamento non può essere superiore al periodo di ammortamento dei suddetti investimenti;
d) può prevedere l’esclusione di forme di aggregazione o di collaborazione tra soggetti che possiedono singolarmente i requisiti tecnici ed economici di partecipazione alla gara, qualora, in relazione alla prestazione oggetto del servizio, l’aggregazione o la collaborazione sia idonea a produrre effetti restrittivi della concorrenza sulla base di un’oggettiva e motivata analisi che tenga conto di struttura, dimensione e numero degli operatori del mercato di riferimento;
e) prevede che la valutazione delle offerte sia effettuata da una commissione nominata dall’ente affidante e composta da soggetti esperti nella specifica materia;
f) indica i criteri e le modalità per l’individuazione dei beni di cui al commi 29, e per la determinazione dell’eventuale importo spettante al gestore al momento della scadenza o della cessazione anticipata della gestione ai sensi del comma 30;
g) prevede l’adozione di carte dei servizi al fine di garantire trasparenza informativa e qualità del servizio.
12. Fermo restando quanto previsto ai commi 8, 9, 10 e 11, nel caso di procedure aventi ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio, al quale deve essere conferita una partecipazione non inferiore al 40 per cento, e l'attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio, il bando di gara o la lettera di invito assicura che:
a) i criteri di valutazione delle offerte basati su qualità e corrispettivo del servizio prevalgano di norma su quelli riferiti al prezzo delle quote societarie;
b) il socio privato selezionato svolga gli specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio per l’intera durata del servizio stesso e che, ove ciò non si verifica, si proceda a un nuovo affidamento;
c) siano previsti criteri e modalità di liquidazione del socio privato alla cessazione della gestione.
13. In deroga a quanto previsto dai commi 8, 9, 10, 11 e 12 se il valore economico del servizio oggetto dell’affidamento è pari o inferiore alla somma complessiva di 900.000 euro annui, l’affidamento può avvenire a favore di società a capitale interamente pubblico che abbia i requisiti richiesti dall’ordinamento europeo per la gestione cosiddetta “in house”.
14. Le società cosiddette “in house” affidatarie dirette della gestione di servizi pubblici locali sono assoggettate al patto di stabilità interno secondo le modalità definite, con il concerto del Ministro per le riforme per il federalismo, in sede di attuazione dell’articolo 18, comma 2-bis. del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni. Gli enti locali vigilano sull'osservanza, da parte dei soggetti indicati al periodo precedente al cui capitale partecipano, dei vincoli derivanti dal patto di stabilità interno.
15. Le società cosiddette “in house” e le società a partecipazione mista pubblica e privata, affidatarie di servizi pubblici locali, applicano, per l’acquisto di beni e servizi, le disposizioni di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni.
16. L’articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, limitatamente alla gestione del servizio per il quale le società di cui al comma 1, lettera c), del medesimo articolo sono state specificamente costituite, si applica se la scelta del socio privato è avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l’attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio. Restano ferme le altre condizioni stabilite dall’articolo 32, comma 3, numeri 2) e 3), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni.
17. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 18, comma 2-bis, primo e secondo periodo, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, le società a partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici locali adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Fino all’adozione dei predetti provvedimenti, è fatto divieto di procedere al reclutamento di personale ovvero di conferire incarichi. Il presente comma non si applica alle società quotate in mercati regolamentati.
18. In caso di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali a società cosiddette “in house” e in tutti i casi in cui il capitale sociale del soggetto gestore è partecipato dall’ente locale affidante, la verifica del rispetto del contratto di servizio nonché ogni eventuale aggiornamento e modifica dello stesso sono sottoposti, secondo modalità definite dallo statuto dell’ente locale, alla vigilanza dell’organo di revisione di cui agli articoli 234 e seguenti del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni. Restano ferme le disposizioni contenute nelle discipline di settore vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto.
19. Gli amministratori, i dirigenti e i responsabili degli uffici o dei servizi dell’ente locale,nonché degli altri organismi che espletano funzioni di stazione appaltante, di regolazione, di indirizzo e di controllo di servizi pubblici locali, non possono svolgere incarichi inerenti la gestione dei servizi affidati da parte dei medesimi soggetti. Il divieto si applica anche nel caso in cui le dette funzioni sono state svolte nei tre anni precedenti il conferimento dell’incarico inerente la gestione dei servizi pubblici locali. Alle società quotate nei mercati regolamentati si applica la disciplina definita dagli organismi di controllo competenti.
20. Il divieto di cui al comma 19 opera anche nei confronti del coniuge, dei parenti e degli affini entro il quarto grado dei soggetti indicati allo stesso comma, nonché nei confronti di coloro che prestano, o hanno prestato nel triennio precedente, a qualsiasi titolo attività di consulenza o collaborazione in favore degli enti locali o dei soggetti che hanno affidato la gestione del servizio pubblico locale.
21. Non possono essere nominati amministratori di società partecipate da enti locali coloro che nei tre anni precedenti alla nomina hanno ricoperto la carica di amministratore, di cui all’articolo 77 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, negli enti locali che detengono quote di partecipazione al capitale della stessa società.
22. I componenti della commissione di gara per l’affidamento della gestione di servizi pubblici locali non devono aver svolto né svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente alla gestione del servizio di cui si tratta.
23. Coloro che hanno rivestito, nel biennio precedente, la carica di amministratore locale, di cui al comma 21, non possono essere nominati componenti della commissione di gara relativamente a servizi pubblici locali da affidare da parte del medesimo ente locale.
24. Sono esclusi da successivi incarichi di commissario coloro che, in qualità di componenti di commissioni di gara, abbiano concorso, con dolo o colpa grave accertati in sede giurisdizionale con sentenza non sospesa, all’approvazione di atti dichiarati illegittimi.
25. Si applicano ai componenti delle commissioni di gara le cause di astensione previste dall’articolo 51 del codice di procedura civile.
26. Nell’ipotesi in cui alla gara concorre una società partecipata dall’ente locale che la indice, i componenti della commissione di gara non possono essere né dipendenti né amministratori dell’ente locale stesso.
27. Le incompatibilità e i divieti di cui al presente articolo si applicano alle nomine e agli incarichi da conferire successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
28. Ferma restando la proprietà pubblica delle reti, la loro gestione può essere affidata a soggetti privati.
29. Alla scadenza della gestione del servizio pubblico locale o in caso di sua cessazione anticipata, il precedente gestore cede al gestore subentrante i beni strumentali e le loro pertinenze necessari, in quanto non duplicabili a costi socialmente sostenibili, per la prosecuzione del servizio, come individuati, ai sensi del comma 11, lettera f), dall’ente affidante, a titolo gratuito e liberi da pesi e gravami.
30. Se, al momento della cessazione della gestione, i beni di cui al comma 1 non sono stati interamente ammortizzati, il gestore subentrante corrisponde al precedente gestore un importo pari al valore contabile originario non ancora ammortizzato, al netto di eventuali contributi pubblici direttamente riferibili ai beni stessi. Restano ferme le disposizioni contenute nelle discipline di settore, anche regionali, vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché restano salvi eventuali diversi accordi tra le parti stipulati prima dell’entrata in vigore del presente decreto.
31. L’importo di cui al comma 30 è indicato nel bando o nella lettera di invito relativi alla gara indetta per il successivo affidamento del servizio pubblico locale a seguito della scadenza o della cessazione anticipata della gestione.
32. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 14, comma 32, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, come modificato dall’articolo 1, comma 117, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, e successive modificazioni, il regime transitorio degli affidamenti non conformi a quanto stabilito dal presente decreto è il seguente:
a) gli affidamenti diretti relativi a servizi il cui valore economico sia superiore alla somma di cui al comma 13, nonché gli affidamenti diretti che non rientrano nei casi di cui alle successive lettere da b) a d) cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante, alla data del 31 marzo 2012;
b) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e privata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui al comma 8, le quali non abbiano avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, alla data del 30 giugno 2012;
c) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e privata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui al comma 8, , le quali abbiano avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio;
d) gli affidamenti diretti assentiti alla data del 1° ottobre 2003 a società a partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data e a quelle da esse controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio, a condizione che la partecipazione pubblica si riduca anche progressivamente, attraverso procedure ad evidenza pubblica ovvero forme di collocamento privato presso investitori qualificati e operatori industriali, ad una quota non superiore al 40 per cento entro il 30 giugno 2013 e non superiore al 30 per cento entro il 31 dicembre 2015; ove siffatte condizioni non si verifichino, gli affidamenti cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, rispettivamente, alla data del 30 giugno 2013 o del 31 dicembre 2015.
33. Le società, le loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, anche non appartenenti a Stati membri dell'Unione europea, che, in Italia o all'estero, gestiscono di fatto o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica ovvero ai sensi del comma 12, nonché i soggetti cui è affidata la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali degli enti locali, qualora separata dall'attività di erogazione dei servizi, non possono acquisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, né svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o privati, né direttamente, né tramite loro controllanti o altre società che siano da essi controllate o partecipate, né partecipando a gare. Il divieto di cui al primo periodo opera per tutta la durata della gestione e non si applica alle società quotate in mercati regolamentati e alle società da queste direttamente o indirettamente controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, nonché al socio selezionato ai sensi del comma 12. I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, svolta mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, avente ad oggetto i servizi da essi forniti.
34. Sono esclusi dall'applicazione del presente capo il servizio idrico integrato, ad eccezione di quanto previsto dai commi 19 a 26, il servizio di distribuzione di gas naturale, di cui al decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, il servizio di distribuzione di energia elettrica, di cui al decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 e alla legge 23 agosto 2004, n. 239, il servizio di trasporto ferroviario regionale, di cui al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, nonché la gestione delle farmacie comunali, di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 475.
35. Restano salve le procedure di affidamento già avviate all’entrata in vigore del presente decreto.